mercoledì 25 maggio 2005

pedofilia e astuzia dei preti

Corsera 25.5.05
Inchiesta della Procura di Siracusa su segnalazione di Telefono Arcobaleno.
Una pagina web estrema, con 35 mila contatti al giorno
Pedofilia online, preti e un sindaco sotto accusa In tutta Italia 186 indagati.

Il sito era protetto, per entrare si dovevano inserire immagini inedite di violenza
Felice Cavallaro

SIRACUSA - A scaricare migliaia di foto e filmati con bimbi di quattro anni offesi nella loro innocenza, bimbe seviziate e creature torturate erano anche tre sacerdoti di Palermo, Bolzano e Verbania, un infermiere veneto, un assistente sociale, un vigile urbano, un sindaco e una marea di insospettabili, tutti con occhi sgranati sulle frontiere più degradate di Internet.
E’ il dato allarmante dell’inchiesta denominata di «Video Privé», culminata ieri in una raffica di perquisizioni disposte in 16 regioni per 186 indagati coinvolti nella nuova pagina sugli orrori della pedofilia e della pedopornografia.
Epicentro delle indagini, ancora una volta, Siracusa, la città dove gli esperti di Telefono Arcobaleno sono riusciti a intercettare undici mesi fa sulla Rete un sito estremo, un sito italiano aperto per appena 9 giorni, ma con una media di 20.000 contatti al giorno e con picchi fino a 35.000. Identità e indirizzi sono quindi stati trasferiti al Nucleo investigativo telematico coordinato dal procuratore aggiunto di Siracusa, Giuseppe Toscano, e dai sostituti Antonio Nicastro e Manuela Cavallo.
Accedere al sito era veramente difficile. Bisognava conoscere l’indirizzo elettronico passando da altri labirinti orientali del web. Per aprire e scaricare i video erano necessarie password di 15 caratteri con alternanza fra numeri e lettere minuscole e maiuscole. Come dire che bisognava stare nel giro. Pagando per l’ingresso un prezzo altrettanto orrendo: l’inserimento di immagini inedite.
Come viene contestato anche ai tre preti che si difendono in modo diverso. Il parroco scoperto a Palermo ha chiesto il patteggiamento, con la speranza di evitare un vero processo e conservare l’anonimato con tanto di fedina pulita. Stesso obiettivo del sacerdote beccato in provincia di Bolzano, un intellettuale, in passato docente universitario. Invoca l’errore giudiziario invece il prelato di Verbania che, nominato un avvocato, si è affrettato ad accusare un altro prete spesso vicino al suo computer.
Mille storie si intrecciano. Anche quella di un triestino più insospettabile degli altri perché apparterrebbe a un movimento di estrema destra. E in Puglia il titolare di un’avviata palestra con i cassetti pieni di foto a bambini indifesi e videocassette registrate di nascosto mentre le sue clienti facevano la doccia. Clienti che potranno diventare parte civile, se si faranno veri processi. A differenza di bimbi che, forse, nessuno riuscirà nemmeno a identificare.

Corsera 25.5
Il sacerdote: patteggio, così nessuno sa La «non menzione» consente a molti di tenere nascosta la condanna
Felice Cavallaro

SIRACUSA - «E ora c’è il rischio di ritrovarli presto in canonica o nei campetti di calcio», borbotta turbato il giovane presidente di Telefono Arcobaleno, Giovanni Arena, «Nanni» per marescialli e magistrati che lo considerano ormai un segugio del web, lanciato fra le pieghe telematiche di siti popolati da «orchi» a volte in tonaca o in tuta.
Perché campeggia anche l’ombra equivoca di preti e allenatori fra i 186 «boylovers» individuati dai collaboratori di Arena, indagati dalla procura di Siracusa e pronti, come sempre più spesso capita, a patteggiare in fretta col Gip per ridurre al minimo la pena, pagare una multa, ottenere la non iscrizione sulla fedina penale e tornare al lavoro come se nulla fosse accaduto. Come se il loro «vizietto» non potesse sconvolgere la vita di tanti bambini a rischio all’oratorio o in palestra.
E’ stato per primo un sacerdote scovato a scaricare orrende foto di sevizie e abusi nella sua parrocchia di Palermo ad anticipare la linea difensiva, a invocare il patteggiamento ancor prima di un incontro con il Gip, il giudice delle indagini preliminari. Un primato nella città che aveva già superato un non invidiato record con il prelato spedito in esilio, a Messina, proprio con l’accusa di pedofilia.
La richiesta del patteggiamento sembra essere diventata regola fissa ogni volta che da Siracusa, dalla procura più attiva in questo campo, scatta un’inchiesta. L’allarme lo lancia Arena, un trentenne cresciuto qui con il popolare don Fortunato di Noto di «Meter onlus» e, da qualche anno, spalla fondamentale per chi indaga da questo pezzo di Magna Grecia: «C’è un vuoto legislativo. Nessuna legge vieta ai pedofili di tornare a svolgere normali attività professionali a contatto con i bambini. Compresi i preti che così, senza arrivare al processo, possono tenere celato il loro segreto...».
Di qui l’appello di Arena ai potenti del mondo politico, a cominciare da Stefania Prestigiacomo, il ministro delle Pari opportunità con radici e affetti proprio a Siracusa: «Possibile che con questo sistema si lascino pulite le fedine penali?». Lo chiede ricordando che un disegno di legge voluto anche dal ministro ha superato la soglia della commissione giustizia: «Ma occorre migliorarlo con adeguamenti immediati».
La prima correzione invocata da Telefono Arcobaleno riguarda la soppressione dell’obbligo imposto dal codice sulla privacy agli operatori delle telecomunicazioni, i providers, di cancellare i dati telematici.
Al contrario di quanto accade per i tabulati telefonici, del traffico Internet non resterebbe infatti traccia.
«Necessario rinunciare a pezzi di privacy», assicurano Arena e i suoi collaboratori invocando un inasprimento delle pene. Siamo al secondo nodo da sciogliere con urgenza in Parlamento per loro che si sono invano costituiti parte civile a Verona contro un pedofilo intercettato via Internet: «Aveva scaricato 84.600 file di siti pedofili, ma ha patteggiato una multa da 3 mila euro e ha ottenuto la "non menzione" sul certificato penale. E questo perché il codice penale indica una pena "fino a 3 anni o la multa". Bisogna cambiare quella "o" in una "e". Sono necessarie la pena "e" la multa. Per prendere coscienza della "pericolosità sociale" di questi soggetti».
Nessuna caccia alle streghe. Ma nessuna comprensione per i «pedofili online» che don Fortunato di Noto, tuttavia, invita a distinguere dagli ancor più insidiosi protagonisti di quella che chiama l’«infantofilia», la nuova frontiera di «quanti si macchiano di abusi sessuali su bimbi piccolissimi, perfino su neonati».
E viene fuori un recente studio: «Su duemila soggetti indagati in due anni solo il 7 per cento, 140, hanno abusato dei piccoli». Non superata dagli altri la soglia dell’orrore più grande, dice don Fortunato, pregando per i suoi fratelli con la coscienza sporca: «Guardano foto, divulgano materiale e qualche volta chiamano il nostro centro d’ascolto. Voci disperate: "Come sono finito nel tunnel?". E dobbiamo dare una mano. Punire, ascoltare, aiutare».
Condivide Arena, certo però che le misure introdotte nel codice penale nel ’98 non bastino più: «Norme pensate quando Internet era niente. Sette anni per il web sono un’era». E lo dice chiedendo aiuto per stanare meglio i pedofili, da punire e aiutare.