giovedì 19 maggio 2005

vivere da clochard non è un reato

Corriere della Sera ed. di Roma 19.5.05
Un pm chiede il proscioglimento di otto stranieri denunciati dai carabinieri: «Non violano interessi giuridici tutelati»
Vita da clochard, dormire sotto i ponti non è reato

Lavinia Di Gianvito

Dormire sotto i ponti non è reato. Ne è convinta la procura, secondo la quale schiacciare un pisolino su un vecchio materasso buttato sull’asfalto non c’entra nulla con il codice penale. E allora?, si chiederanno coloro che sono a digiuno di leggi e tribunali. Ebbene, la questione non è banale come sembra: prima di chiedere al gip l’archiviazione dell’inchiesta, il pm Giuseppe Saieva ha dovuto consultare dottrina e giurisprudenza e alla fine ha scelto la linea «morbida». Se il giudice sarà d’accordo, otto extracomunitari «colpevoli» di aver trascorso la notte all’addiaccio invece che in un comodo letto non rischieranno il carcere. Nell’informativa del 29 novembre 2004, finita al vaglio del magistrato, i carabinieri del Tiburtino III avevano denunciato quattro rumeni, tre iracheni e un iraniano, di età compresa tra i 20 e i 43 anni, per aver occupato «gli spazi sottostanti il ponte della linea B della metropolitana fra le stazioni di Ponte Mammolo e Pietralata». Gli immigrati avevano sistemato lì i materassi e le coperte per la notte e per questo erano stati accusati di «invasione di terreni» (articolo 633 del codice penale), per il quale sono previsti fino a due anni di reclusione.
Per il pm Saieva il reato ipotizzato dai militari «non appare configurabile. A prescindere dalla tolleranza comunemente accordata - si legge nella richiesta di archiviazione - al comportamento di chi, in mancanza di qualsiasi dimora più o meno dignitosa, si riduce a dormire sotto i ponti, il fatto appare inidoneo a violare l'interesse giuridico tutelato». Infatti, spiega il magistrato, «l'estrema precarietà della soluzione adottata appare assolutamente» inadatta a infliggere un danno economico «a chi può vantare la proprietà e il possesso degli spazi in questione». Perciò, conclude il sostituto, «in tale situazione nessuna accusa appare validamente sostenibile in giudizio».