mercoledì 8 giugno 2005

brevi dal web

reuters.it 8 giugno 2005
LONDRA (Reuters) - Le donne che hanno difficoltà a raggiungere l'orgasmo possono dare la colpa ai loro geni.

Esattamente come per le malattie cardiache, l'ansia e la depressione, alcuni scienziati hanno scoperto in uno studio su 1.397 coppie di gemelle che l'orgasmo femminile ha una base genetica.
"Abbiamo scoperto che tra il 34 e il 45% della variazione individuale nell'abilità di raggiungere l'orgasmo nella donna si deve alla variabilità genetica", ha detto Tim Spector, della Twin Research Unit del St Thomas' Hospital di Londra.
"C'è un'influenza biologica che non può essere attribuita solo a retaggi sociali, religiosi e di razza", ha aggiunto.
Il 12-15% delle donne non riesce mai a raggiungere l'acme del piacere, contro solo il 2% degli uomini. Gli uomini sono anche più rapidi, raggiungendo l'orgasmo in media in 2,5 minuti contro i 12 del gentil sesso, afferma Spector.
"Perché questa differenza biologica tra i sessi? Tutto ciò suggerisce che l'evoluzione ha un ruolo", ha spiegato durante una conferenza stampa.
Una donna su tre, o il 32%, dice di non aver mai o quasi mai raggiunto l'orgasmo. Ma il 14% dice di averlo sempre durante ogni rapporto.
"Molte donne dicono di essere in grado di raggiungere l'orgasmo con la masturbazione, con il 34% di queste che lo ottiene sempre", dice lo studio.
Se gli scienziati riusciranno a stabilire quale gene sia responsabile dell'orgasmo e in che modo funziona, questo potrebbe potenzialmente aprire la strada a future terapie per le donne anorgasmiche.
Spector ha detto comunque che l'orgasmo è un evento molto complesso e poco studiato, spesso ancora oggetto di tabù.
Fattori anatomici, biologici e psicologici giocano comunque un ruolo.

ansa.it Mercoledì 8 Giugno 2005, 15:35
PROCREAZIONE: ESPERTI, CON LEGGE DIMEZZATE LE GRAVIDANZE

(ANSA) - ROMA, 8 GIU - L'obbligo di utilizzare solo 3 ovociti imposto dalla legge sulla fecondazione artificiale ha ridotto il successo al 15-18% e risultano quindi ''sospetti'' i risultati pubblicati recentemente sulla rivista Human Reproduction da alcuni ricercatori italiani, dai quali emerge un successo del 24-30%, paragonabile a quello del periodo precedente la legge (circa il 27%). Lo hanno rilevato oggi a Roma il presidente del Forum delle associazioni di diagnostica, genetica e riproduzione, Claudio Giorlandino, e il genetista Antonino Forabosco, dell'università di Modena.
''O i ricercatori mentono, oppure nei loro laboratori inseminano più di tre ovociti'', ha aggiunto Giorlandino domandandosi ''che fine facciano gli eventuali embrioni in eccesso ottenuti''. Secondo l'esperto ''c'è la possibilità concreta che la legge possa produrre all'embrione piu' danni che la sua modifica''.
Presente all'incontro anche l'avvocato Giulia Bongiorno, secondo la quale ''è un grande problema per i credenti andare a votare sì'' al referendum sulla fecondazione del 12 e 13 giugno, ''ma che chi vota sì non è un Frankenstein ne' un mangia-embrioni''. Quella sulla fecondazione artificiale, ha aggiunto, ''è una legge che gronda divieti e obblighi incomprensibili'' e che costringe donne e medici sempre più a rivolgersi all'avvocato per comprenderla.
Commentando i dati sui successi pubblicati su Human Reproduction, Giorlandino ha osservato che non sono coerenti con quelli riportati nel resto della letteratura internazionale: secondo questi ultimi utilizzare 3 ovociti significa ottenere 3 embrioni nel 10-20% dei casi, 2 nel 40-60%, 1 nel 10-30% e zero nel 10-20%. Numeri confermati, per Forabosco, anche alla luce delle conoscenze sulla fecondazione biologica nella specie umana, nella quale ogni 100 concepiti nascono 20 bambini. Un successo quindi del 20% in condizioni naturali, mentre il 65% dei concepiti non riesce a impiantarsi a causa di anomalie cromosomiche e un 15% non riesce a giungere a termine della gravidanza, per un totale dell'80% di insuccessi. Alla luce di questi dati, secondo Forabosco, ''l'utilizzo di 3 ovociti imposto dalla legge comporta che la resa teorica massima non puo' superare il 15%''.(ANSA).

lastampa.it 8.9.05
Autismo, un passo verso la cura
UN BIOLOGO HA SCOPERTO CHE UNA CARENZA DI NEUROLIGINA PUO’ LIMITARE LE CONNESSIONI CEREBRALI, CAUSANDO POI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO

IL cervello è costituito da 100 miliardi di neuroni che comunicano tra loro attraverso complesse strutture che si chiamano sinapsi. La trasmissione sinaptica è fondamentale nello sviluppo e nella funzionalità del cervello. Tra le proteine che giocano un ruolo fondamentale nella formazione delle sinapsi, ci sono le neuroligine, scoperte qualche anno fa dal neurobiologo Peter Scheiffele. Ora, lo stesso Scheiffele, che lavora alla Columbia University, New York, ha pubblicato sulla rivista «Science» un’altra scoperta: la perdita di neuroligina perturberebbe la formazione delle connessioni neuronali portando a uno squilibrio della funzione nervosa. Lo studio di Scheiffele ha dimostrato che nei neuroni di ratto coltivati in vitro e deprivati artificialmente di neuroligine si verifica un'alterazione delle connessioni tra i neuroni. Per spegnere le neuroligine, Scheiffele ha utilizzato una tecnica di laboratorio chiamata interferenza a RNA (RNA interference), un processo che permette ai ricercatori di sopprimere l'espressione di singoli geni. È una metodologia giovane, in cui brevi tratti di RNA bloccano l'RNA cellulare legandolo in modo complementare e inibendone così l'espressione genica. Si tratta di piccoli filamenti di RNA che vanno ad appaiarsi all'RNA che ha copiato il messaggio del gene per tradurlo in proteine: in questo modo la molecola viene distrutta da particolari enzimi e la proteina non viene mai sintetizzata.
Le cellule nervose ricevono normalmente molti input di diverso tipo, alcuni eccitatori che "comandano" al neurone di passare il segnale in arrivo, altri inibitori, che "comandano" al neurone di fermare il segnale. Quando l'espressione di neuroligina viene meno, si verifica una sorprendente perdita delle cosiddette spine dendritiche, le strutture che contengono le sostanze chimiche che fungono da messaggeri degli impulsi elettrici che viaggiano da cellula a cellula. L'equilibrio tra stimoli eccitatori e inibitori viene perturbato, quindi, e le cellule nervose non funzionano regolarmente alterando il circuito nervoso. La scarsità di neuroligina porta a una perdita selettiva della funzione inibitoria danneggiando il sofisticato processo di ottimizzazione della connessione neuronale, in maniera molto simile a ciò che avviene nel cervello dei bimbi autistici. L'autismo è una malattia dello sviluppo che colpisce i bambini prima dei tre anni di vita, causando problemi di linguaggio, comportamento e disturbi nella dimensione sociale. Le cause dietro questa malattia, che resta per tutta la vita, non sono chiare. E' sotto accusa la combinazione di ambiente e fattori genetici, ma finora non esiste un trattamento di successo. Si è detto che nelle cellule di ratto dove si provoca la diminuzione del livello di neuroligina il numero delle sinapsi cala sensibilmente: il punto interessante è che nel cervello dei pazienti autistici il livello di neuroligina, è pure molto basso, come aveva dimostrato lo stesso team di ricercatori della Columbia in uno studio precedente. Il difetto di neuroligina potrebbe contribuire al fallimento della comunicazione tra le cellule del cervello autistico. Lo studi deve ancora essere replicato negli esseri umani. «Noi abbiamo guardato alle cellule e non abbiamo alcuna correlazione comportamentale - dice Scheiffele - ma è una scoperta che offre un meccanismo per capire meglio la malattia, suggerendo alla lunga una possibile terapia».