mercoledì 8 giugno 2005

CIASCUNO SI DIA DA FARE!
Nicola Piepoli: il trend delle intenzioni di voto e le astensioni

La Stampa 8 Giugno 2005
CI SARÀ IL QUORUM SE CHI È CONTRARIO ANDRÀ A VOTARE
Il «no» determinante per la vittoria del «sì»
Nicola Piepoli

Ormai ben il 95% degli Italiani è al corrente del fatto che domenica e lunedì prossimi 12 e 13 giugno si terrà il referendum sulla procreazione assistita. Siamo sostanzialmente ai massimi della notorietà di un evento.
Anche la conoscenza dei contenuti, magari solo a grandi linee, della legge sulla fecondazione artificiale vede questa settimana un picco dell'83%. In ogni caso il dibattito che si è avuto in Italia in queste ultime due settimane è stato dunque di grande portata democratica.
Veniamo ora alla conoscenza specifica dei 4 punti che i promotori del referendum vorrebbero abrogare con altrettanti «sì». Anche qui il crescendo è stato impressionante, fino a raggiungere questa settimana una punta massima del 69%.
Il quesito che ormai è sulla bocca di tutti è però un altro: si raggiungerà il quorum? Analizzando il trend delle intenzioni di voto, possiamo vedere come i propensi a votare «sì», o prevalentemente «sì», tendono ormai da varie settimane a oscillare tra un minimo del 33 e un massimo del 40%. E gli altri? Abbiamo, nelle ultime 5 settimane, una percentuale oscillante tra il 10 e il 12% di intenzionati a votare «no», che paradossalmente fanno un po' da ago della bilancia. Se infatti andassero davvero a votare si potrebbe anche raggiungere il quorum. Ma l’invito diretto della Chiesa al non voto potrebbe spingere molti «no» a non recarsi alle urne.
Non a caso, d'altronde, tra gli eventi che hanno maggiormente colpito l'attenzione nel corso dell'ultima settimana, compare al secondo posto con un buon 21% di citazioni proprio l'invito del Papa e dei Vescovi all'astensione nel prossimo referendum.


La Stampa 8 Giugno 2005
POLITICI, ATTORI, CANTANTI, SCIENZIATI «CONVOCATI» DA SERENA DANDINI AL TEATRO AMBRA JOVINELLI
In diretta Sky «la serata dei quattro sì»
Raffiche di ironia contro i sostenitori dell’astensione
Antonella Rampino

ROMA. Quelli che «ma se sulla legge 40 ha votato uno come Calderoli, perché non posso farlo io?» (Serena Dandini, performer satirica). Quelli che «scusate, ma quale Frankestein, qui si tratta solo di rispettare la libertà: quella degli altri» (Sabrina Ferilli, attrice). Quelli che «noi è per la vita che ci battiamo, per far nascere più bambini e in maggior sicurezza, e per indagare sugli embrioni e curare chi ne ha bisogno» (Piero Fassino, segretario dei diesse). Quelli che «abbiamo perso nostra figlia, io e mio marito siamo portatori di una grave malattia al midollo spinale, ma siamo fertili, e per questo secondo la legge 40 la fecondazione assistita ci è proibita» (Mary Maltese, cittadina italiana). Quelli che «speriamo in una gran bella botta di quorum» (Paolo Hendel, attore e scrittore satirico). Quelli che «questa legge, altro che eterologa, è esterologa, perché spinge ad andare all’estero, e poi garantisce così anche che il bambino nasca in una famiglia ricca» (Cinzia Dato, senatrice della Margherita). Quelli che «dalla ricerca sugli embrioni verranno guarigioni straordinarie, e quando ci saranno in Italia avremo ancora sempre e solo un comunicato di Giovanardi» (Daniele Capezzone, segretario del partito radicale). Quelli che «la Chiesa sta facendo l’ennesimo errore, il dissenso è molto più diffuso di quanto si riesca a immaginare» (Nichi Vendola, omosessuale e papista, presidente della Regione Puglia). Quelli che «questa è una crociata, qui la Chiesa cattolica criminalizza gli altri, è una bugia e sanno di dirla, la solita bugia del potere sacrale temporalizzato che si crede unico vicario del divino sulla terra» (Moni Ovadia, scrittore, poeta e chansonnier ebraico). Quelli che «scusi, ma lei cosa vota, noi stavamo all’estero e da lì si prendeva solo RaiUno, che sono questi referendum?» (Greg e Lillo, comici improvvisatisi giornalisti al mercato di Testaccio). Quelli che il 12 maggio al referendum sulla procreazione assistita voteranno quattro sì, convocati ieri sera in una «serata pazzesca» da Serena Dandini. Nel suo teatro Ambra Jovinelli, suo nel senso che lo dirige, «ma praticamente in diretta in tutt’Italia». No, non è la Rai: è Sky, la rete di Murdoch, il tycoon grande elettore di George Bush. E se Sky dà la diretta (oltre a cento emittenti locali in tutt’Italia) qualcosa vorrà dire: forse, un mercato, un’audience e uno share per il «sì» al referendum c’è. E forse, con lo share, c’è anche un bel pezzo d’Italia, contro «questa legge che è da Stato etico, altro che Giovanardi che dà a noi degli hitleriani», parola di Antonio Del Pennino, repubblicano tendenza Berlusconi, schierato con i quattro sì.
Serata-fiume, platea di un migliaio di cittadini, raffica di personaggi da copertina e scienziati anonimi per i più, ma non serata-spettacolo. Ironia sì, tanta, senza scomodare Bergson basta Palazzeschi per sapere che è il riso «il profumo nella vita di un popolo civile». Basta anche l’arrivo di Bobo Craxi. «Invitare all’astensione non porta bene», dice sorridendo il giovane segretario del Nuovo Psi, figlio di quel Bettino che colse una dirimente sconfitta politica quando nel 1991 invitò gli italiani ad «andare tutti al mare», e invece per il referendum sulla preferenza unica votarono trenta milioni di italiani. E si sa che l’ironia colpisce a destra, ma pure a manca. A un certo punto, per esempio, Dandini si collega via satellite («poco eh, onorevole, perché noi siamo poveri...») con Fausto Bertinotti che sta a Strasburgo: «Che dice, torniamo ai sesterzi?». Bertinotti, euroscettico di sinistra tendenza estrema, regge botta: «No, ma sarebbe meglio un’altra Europa. Comunque in Europa, Italia a parte, c’è tutela per le donne che vogliono avere un figlio». Dandini: «Ma allora l’Europa serve!». Bertinotti coglie la palla all’angolo: «Diciamo che serve di più non avere in Italia il governo Berlusconi. Io sono veramente preoccupato dell’uso che della scienza possono fare le multinazionali globalizzate, ma la legge 40 è terribile...». Poi è il turno di Fassino. Ma hai visto Sabrina, faceva Dandini a Ferilli, che brave le mogli? Veronica Lario vota sì, Barbara Palombelli vota sì, Daniela Fini dice che è lei che ha convinto il marito...A quel punto, mentre in palcoscenico andava la scenetta dei mariti, delle mogli e dei referendum, in platea entrano Fassino e la moglie, Anna Serafini. Lei ride, e batte le mani. Lui timido sorride, si guarda intorno. Finché Dandini non gli spiega, «sa, stavamo appunto dicendo che la prossima volta noi votiamo per le mogli...».

La Stampa 8 Giugno 2005
PRIMA DEL VOTO DI DOMENICA E LUNEDÌ INIZIATIVA POLEMICA NELL’ATRIO DI SANTA CHIARA
I radicali «arruolano» Dolcino
Rose rosse sulla lapide del frate arso sul rogo

VERCELLI. Alla vigilia del referendum sulla fecondazione assistita del 12 e 13 giugno, ci si ricorda anche di frà Dolcino: ieri Roswitha Flaibani e Andrea Deangelis, in rappresentanza dei Radicali vercellesi, hanno deposto un mazzo di rose rosse e un messaggio ai piedi della lapide dedicata all'Apostolico e murata nell'atrio di Santa Chiara. Dice il messaggio dei Radicali: «In occasione del 698° anniversario della morte di frà Dolcino, arso vivo ad opera delle milizie del vescovo di Novara Rainero Avogadro, i Radicali vercellesi hanno inteso ricordare il frate riformatore. A pochi giorni dal voto referendario del 12 giugno 2005, e a 698 anni dal sacrificio di frà Dolcino, ricordano la moderna intuizione del grande frate apostolico: separazione tra fede che libera e religione di potere».
La lapide era stata preparata dai Socialisti vercellesi nel giugno 1907 per ricordare il sesto centenario della morte dell'eresiarca. Questo il testo: «A frà Dolcino, qui in Vercelli dalla tirannide sacerdotale attanagliato ed arso il 1° giugno 1307 per aver predicato la pace e l'amore tra gli uomini». Sopraggiunto il fascismo, la lapide venne salvata in qualche modo e nascosta in un solaio del Palazzo Pasta, da dove fu riesumata solo negli Anni Novanta del secolo scorso: inizialmente doveva essere collocata nell'atrio del Palazzo municipale, ma a scanso di critiche neppure tanto velate l'allora sindaco Gabriele Bagnasco aveva ripiegato per l'ingresso dell'antico monastero di San Graziano.
Dolcino, originario di Trontano in provincia di Novara, dopo aver frequentato lo Studium generale di Vercelli, aderì al movimento degli Apostolici fondato dall'eresiarca Segalello da Parma; dopo aver assistito al rogo del suo maestro divenne il capo della setta, le cui idee andò predicando in tutta l'Italia del Nord insieme con la sua compagna, la «bella Margherita da Trent». Tornato in Piemonte, si attestò in Valsesia con un migliaio di seguaci: ma la sua presenza non poteva più essere tollerata a lungo, tanto che il vescovo Avogadro gli scagliò contro una crociata. Arroccatosi con i suoi seguaci sul monte Rubello, tenne testa per un anno intero alle truppe vescovili fino al Venerdì santo del 1307, quando queste superarono le barricate e passarono a fil di spada i ribelli. Il suo luogotenente Cattaneo Longino venne arso al Bottalino di Biella; Dolcino e Margherita a Vercelli, alla confluenza del Cervo nella Sesia, pressapoco davanti alla Bertagnetta.
Famosa la terzina dantesca: «Or dì a frà Dolcin dunque che s'armi, o tu che rivedrai lo sole in breve, s'egli non vuol qui tosto seguitarmi: sì di vivanda, chè stretta di neve non rechi la vittoria al Noarese, ch'altrimenti a seguir non sarìa lieve».