mercoledì 22 giugno 2005

il prof. Severino a Cosenza

Gazzetta del Sud 22.6.05
Il pensiero medievale nella magistrale dissertazione di Emanuele Severino a Cosenza
Filosofia, la grande eresia dell'uomo
Lo straordinario tentativo di sintesi di Tommaso d'Aquino
Federica Longo

Un viaggio tra “Utopia e conoscenza” nel nome di Federico II, stupor mundi e immutator mirabilis, dove stupore del mondo significava anche elemento destabilizzante per l'ordine costituito. E tale fu l'immutator mirabilis, se si pensa alla profonda incisione culturale che ha lasciato nella storia con la sua curia magna, che fu scuola madre della lingua italiana e avanguardia nell'arte e nella scienza. Ma soprattutto fucina di pensieri e sperimentazioni culturali che rompevano schemi e rigide tradizioni. L'iniziativa promossa dalla Telecom nella sua tappa cosentina, si dipana tra il razionale e il magico. Per le vie della città fermenti di artifici spettacolari colorano l'atmosfera. I teatranti si esercitano nell'arte di spostare indietro le lancette del tempo, a quel trenta gennaio del 1222, quando a Federico imperatore «splendida di sole e festante di popolo dovette apparire Cosenza». Mentre, nella sala convegni della biblioteca Nazionale, un pubblico di appassionati attende una magistrale lezione sulla filosofia medievale. E non appena l'accademico dei Lincei, Emanuele Severino, fa il suo ingresso, un riverente silenzio accompagna il suo arrivo. Il filosofo indugia e, prima di salire in cattedra, si accomoda al di qua del sipario, quasi a cercare un'altra prospettiva, quasi per guardare le cose da una nuova angolazione. Da subito, lo studioso dichiara di volersi sottrarre ad una accentuazione accademica del tema e inizia la sua dissertazione a partire da una riflessione sul sapere filosofico. «La filosofia non è qualcosa di astratto o estraneo rispetto ai problemi reali e pratici – esordisce Severino – ma, al contrario, essa nasce perché l'uomo tenta di costruire un senso del mondo all'interno del quale cerca una risposta al dolore, alla morte, all'angoscia dell'esistenza». La filosofia come possibilità di dare significato e accettabilità alle condizioni estreme della vita. «Essa – continua – stabilisce la scacchiera sulla quale s'intrecciano tutti i giochi che costituiscono la storia dell'occidente». Le categorie filosofiche di spazio, tempo, unicità e molteplicità sono individuate come la struttura fondante dell'occidente, nei suoi aspetti culturali non meno che in quelli pratici. «Con la successiva comparsa del cristianesimo – spiega Severino – fenomeno fondamentale per comprendere l'essenza della filosofia medievale, riaffiora l'atteggiamento del mito. Un atteggiamento connotato da un'incapacità di rispondere alla domanda sul perché il senso del mondo sia quello che ci si rappresenta come tale». Il perché al quale la filosofia, «questa grande eresia dell'uomo», accompagna fin dalla sua nascita la ricerca della verità e che diventerebbe, con l'irrompere del cristianesimo, l'antagonista della fede. Sul terreno del confronto tra fede e ragione, un tema nel quale siamo profondamente immersi, sottolinea il filosofo, si concentra il senso autentico del pensiero medievale. Una diatriba che conduce dritti al laceramento che l'Europa di questi giorni sta vivendo. La Francia del no alla costituzione, l'Italia del post-referendum che sperimenta il riaffacciarsi del cattolicesimo nella vita politica, la Spagna di Zapatero alle prese con i difensori della cristianità. Segni di un ritorno all'integralismo cattolico o di una lotta tra élite culturali che strumentalizzano le masse? Quelle masse inerti e sempre pronte a conformarsi al “si deve”, al “si fa” heideggeriano, o profondamente intrise di uno spirito gregario, incapaci di lasciare che la volontà si affermi. E il dipanarsi della matassa che dal medioevo conduce ai giorni nostri non può non passare attraverso la sintesi proposta da Tommaso d'Aquino. «Uno straordinario tentativo – spiega Severino – di tenere fermi due lati, la fede e la ragione, che si presentano come assolutamente antitetici». La teoria della conciliazione e dell'armonia tra filosofia e cristianesimo, elaborata da quel gigante del pensiero che fu Tommaso, afferma lo studioso, conduce a «un'irrimediabile aporia, drammaticamente attuale». Un'aporia che o fa del cristianesimo una verità di ragione o della ragione una verità di fede. E, affrettandosi a prendere le distanze da possibili accuse di ateismo, il filosofo afferma: «Sia l'ateo che l'amico di Dio intendono tutti noi come il nulla». Il mondo tanto per il credente quanto per colui che nega Dio sarebbe un caos al quale l'uomo viene sottratto solo mediante l'azione creatrice o il caso. «L'uomo viene collocato nel sepolcro del nulla per poter essere salvato». Da questa volontà di salvare l'uomo dopo averlo originariamente annullato, Severino si allontana. E oltre il nichilismo, oltre il drammatico urlo di Nietzsche che annunciava terrorizzato il tramonto degli idoli, il filosofo audacemente conclude: «L'uomo è infinitamente di più di quello che crede di essere e c'è qualcosa di infinitamente più grande di ciò che lungo tutta la storia del pensiero è stato chiamato Dio». Una nuova prospettiva, una rottura con la tradizione del pensiero che annuncia sullo sfondo nuove domande e altri abissali perché.