La Stampa 25 Giugno 2005
HA DETTATO LEGGE
di Riccardo Barenghi
IL Papa non si è presentato ieri al Quirinale «solo» come un Papa, ossia il capo della Chiesa cattolica nonché dello Stato pontificio in visita ufficiale in Italia. Ma ha voluto incarnare – e lo ha dimostrato con decisione nel suo discorso – i panni di un leader politico, anzi del leader di un grande partito che ha appena vinto l’ultima consultazione elettorale. Se Stalin potesse ripetere oggi la sua battuta su «quante armate ha il Papa», lui gli potrebbe rispondere che c’è poco da scherzare, ne ha parecchie. Più di 40 milioni di persone, il 75 per cento degli italiani maggiorenni. Quelli cioè che si sono astenuti nel referendum sulla fecondazione assistita e che lui arruola, militarizza e alla cui testa si mette, sfidando i laici («la laicità sana»).
Ovviamente non è così, non tutti questi (non) elettori sono fedeli o seguaci di Ratzinger e Ruini. Anzi, probabilmente la maggior parte di loro si è astenuta non perché così gli avevano raccomandato di fare in parrocchia, ma per mille altre ragioni. Però non possono parlare, al loro posto parla il risultato che hanno prodotto. Interpretabile, naturalmente, ma inequivocabile se visto con gli occhi, la mente, e le intenzioni dell’attuale Pontefice. Il quale sa benissimo che questi milioni di astenuti non la pensano tutti e in tutto come lui, ma sa altrettanto bene che il segnale va colto al volo. E immediatamente rilanciato, portato all’incasso. Così si comportano i dirigenti della politica, così si è comportato ieri il Papa che dirigente politico non dovrebbe essere per statuto.
Si può obiettare che Ratzinger si sia semplicemente limitato a sottolineare per l’ennesima volta quali sono i valori fondamentali della sua dottrina. L’obiezione però è respinta dallo stesso Benedetto XVI. Il quale, dopo aver elencato le tre questioni che preoccupano di più la Chiesa – la tutela della famiglia fondata sul matrimonio (cioè no alle unioni di fatto, tantomeno gay), la difesa della vita fin dal concepimento (cioè no all’aborto), la scuola privata libera (cioè senza oneri per i fedeli e viceversa per lo Stato) – si è rivolto direttamente ai «legislatori italiani». Confidando che «nella loro saggezza sappiano dare ai problemi ora ricordati soluzioni umane, rispettose cioè dei valori inviolabili che sono in essi implicati».
Qui il Papa non ha solo espresso la sua opinione, non ha nemmeno semplicemente rimarcato i fondamenti etici della sua religione, e neanche si è «normalmente» ingerito negli affari italiani come tante volte hanno fatto nella storia i suoi predecessori e collaboratori (e lui stesso). Ha fatto qualcosa di più, ha letteralmente dettato la legge.
La Stampa 25 Giugno 2005
IL NO A NOZZE GAY, ABORTO E RICERCA SUGLI EMBRIONI
Le parole di Ratzinger sorprendono il Colle
Davanti al Capo dello Stato ha tracciato una linea netta
ROMA. VI sono eventi preparati fin nei minimi dettagli, che pur svolgendosi, almeno in apparenza, esattamente come previsto, finiscono, come per mistero, per assumere un significato diverso da quello che ci si aspettava. Così è stato per la visita di Stato che ieri Benedetto XVI ha compiuto al Quirinale. Per esempio, il discorso che il Papa ha pronunciato a fine cerimonia nel salone dei Corazzieri era già noto fin dalla mattinata ai consiglieri del Quirinale, che lo avevano gentilmente ricevuto in lieve anticipo dalla segreteria del pontefice. Eppure, mentre Benedetto XVI scandiva con precisione le parole con il tono di voce calmo e gentile, con gli occhi sorridenti e senza scomporsi in un gesto, Carlo Azeglio Ciampi appariva sempre più in imbarazzo. Così come molti dei politici che erano di fronte a lui tradivano sempre più l'impressione di trovarsi di fronte non un mite, sia pur rigoroso, teologo, ma l'incarnazione del «papa victor», l'uomo che, a pochi giorni dall'ultimo voto referendario, aveva ordinato ai cattolici di «astenersi dal fare tutto ciò che non piace a Dio», travolgendo le scomposte schiere laico-illuministe. E adesso, dopo aver ricevuto da Ciampi un'annunciata e ovvia rivendicazione di laicità dello Stato italiano assieme, però, al riconoscimento dell'identità cattolica dell'Europa e a tante altre buone parole, il Papa, con quella che Erasmo da Rotterdam avrebbe chiamato «suavis clericorum malitia» (la soave malizia dei preti), stava tracciando una linea netta sul pavimento di marmo del salone. Tutti la potevano vedere. E la sorpresa era piuttosto palpabile.
Ciampi aveva dato tutte le disposizioni possibili perché la visita di Benedetto XVI, la sua prima all'estero, la prima al Quirinale, si svolgesse in modo perfetto. La regia dei saluti istituzionali al Papa, appena varcato il «confine», da parte del vicepresidente del consiglio e poi del sindaco di Roma sotto il Campidoglio. La scorta dei corazzieri in pompa magna fino a piazza Venezia e poi, di lì al Quirinale, di un plotone di trentadue uomini a cavallo. E poi gli staffieri in livrea cremisi e polpe blu scuro. Sui pennoni del torrino, in fondo al cortile delle cerimonie, il vessillo bianco-giallo garriva assieme al tricolore e alle stelle disegnate da Arsene Heitz per la bandiera dell'Unione europea.
Ciampi, mentre aspettava la Mercedes scoperta con targa SCV1 su un tappeto ai bordi del cortile, pregustava il lungo momento in cui avrebbe potuto guidare il suo nuovo amico attraverso il labirinto di corridoi del Quirinale, mostrandogli questa e quest'altra bellezza. E' quindi rimasto un po' sorpreso, quando, dopo aver gentilmente segnalato al Papa molte opere lasciate dai pontefici, si è sentito chiedere davanti a due arazzi: «Anche questi?». Il consigliere culturale Luigi Godart, con un sussulto quasi ghibellino, ha chiuso l'argomento: «No, sono arrivati dopo il 1870». Ciampi aveva anche pensato a dove buttare la conversazione privata: avrebbe parlato della guerra, cercando di stimolare ricordi comuni (come poi è stato: si ricordava il Papa quella domenica del giugno 1941...? Se la ricordava.) e poi dell'Europa, dei giovani e della pace.
Avrebbe dovuto essere l'ultima visita di Giovanni Paolo II, del Papa amico, ma Ciampi, cattolico, era contento di poter stringere subito i rapporti con un uomo che, appena eletto, lo aveva ricevuto molto cordialmente in Vaticano, pur facendogli fare sette minuti di anticamera. Ma poi papa Ratzinger era stato gentilissimo anche con donna Franca, confermando la sua fama di uomo dolce. Ciampi, come Humphrey Bogart in Casablanca, pensava «all'inizio di una grande amicizia». E così, per evitare malintesi o improvvisi incidenti, aveva informato il Vaticano che il suo discorso avrebbe contenuto una peraltro doverosa rivendicazione di laicità dello Stato italiano. L'«orgogliosa» rivendicazione era un atto dovuto per un presidente di fronte a un Papa, soprattutto dopo le recenti polemiche suscitate dalle prese di posizione del cardinale Camillo Ruini. Ma non avrebbe significato niente più di questo. In compenso il presidente avrebbe sottolineato l'eccellenza, l'esemplarità dei rapporti tra Repubblica italiana e Santa sede. E avrebbe offerto a Benedetto XVI, papa europeo che vuole incidere sull'Europa, quell'atteso riconoscimento: «Il patrimonio cristiano e umanistico della civiltà italiana è un elemento unificante della identità europea». Il Papa poteva essere certo che, se fosse dipeso da Ciampi, la costituzione europea avrebbe contenuto un riferimento alle radici cristiane.
Ciampi, insomma, aveva preparato per Joseph Ratzinger un'accoglienza in guanti bianchi e si aspettava, probabilmente, di essere ricambiato con un alato discorso sui massimi problemi dell'umanità. Invece il Papa si era preparato una risposta che, in termini calcistici, potrebbe essere quasi definita come un'entrata con i piedi a martello. Lui era venuto al Quirinale per annunciare che rivendicava la libertà di continuare a battersi contro le unioni tra omosessuali, contro la ricerca sugli embrioni, contro l'aborto e a favore di maggiori finanziamenti alle scuole cattoliche. Lo ha fatto parlando con la voce dolce di un maestro prealpino e indossando quelle scarpe rosse da fatina, senza rivendicare orgogli, ma duro come una spada. Tutto è andato bene, quindi. Ma non si può dire che sia proprio andata come nelle previsioni.
La Stampa 25 Giugno 2005
IL SEGRETARIO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA: «E’ IN GIOCO LA LAICITÀ»
intervista
Bertinotti: la Chiesa torna all’integralismo
«Mi colpisce nell’intervento di Benedetto XVI l’insistenza su un punto:
l’influenza vaticana sulla costruzione e l’esercizio dei poteri statuali»
Fabio Martini
ROMA. ONOREVOLE Bertinotti, lei comunista e ateo ma sensibile a quel che si muove nella Chiesa, non pensa che sia oramai palpabile un cambio di approccio tra Ratzinger e Wojtyla?
«Difficile rispondere. Da un lato pesa la vicinanza e collaborazione che c’è stata tra i due ma anche la “divisione del lavoro” e gli stessi profili appaiono molto distinti. Ma siamo ai primi passi di un pontificato e mi sembrerebbe arbitrario rilevare differenze, giudizi che richiedono un passo lungo».
Sarà presto ma quel poco non è già eloquente?
«Di primissimo acchito si può notare come il pontificato di Giovanni Paolo II abbia guardato prevalentemente al mondo anche quando è intervenuto sui principii della fede, mentre ora c’è una ripresa di attenzione all’Italia».
Dal Quirinale, cuore dello Stato italiano, al presidente Ciampi che indicava le cose che si possono fare assieme, papa Ratzinger ha spiegato quel che sta a cuore alla Chiesa...
«E’ vero, ora la Chiesa chiede allo Stato. In questo senso vedo affievolirsi lo spirito conciliare che si esprimeva nella formula “camminare insieme” “uomini e donne di buona volontà”. Quel mettere l’accento su una categoria, il popolo, che fu uno scandalo fruttuoso».
Cosa vuole la “nuova” Chiesa di papa Ratzinger?
«Quello che mi colpisce nel discorso è la torsione attraverso la quale si insiste su un punto: l’influenza della Chiesa sulla costruzione e l’esercizio dei poteri statuali. Una martellante istanza di condizionamento da parte della religione cattolica sulla realtà temporale».
Una vocazione allo Stato etico?
«No. La mia critica al pontefice è molto forte ma io parlo di condizionamento, non del proporsi una dipendenza».
Durante il referendum i vescovi hanno fatto legittimamente sentire la propria voce...
«Dalla vicenda del referendum, il Papa ricava una lezione generale: riconosce che le realtà temporali si reggono con “norme loro proprie” ma senza escludere riferimenti etici che trovano il fondamento ultimo nella religione. Una formula raffinata che sembra mettere in discussione un principio per me fondamentale: Stato e la politica devono avere un fondamento autonomo che li rendono capaci di legiferare e di legittimare il potere temporale».
Una disquisizione sottile per dire che per lei è in gioco un valore essenziale dello Stato moderno?
«Io penso che questo approccio possa corrodere le fondamenta stesse dell’idea laica dello Stato».
Laico è diventato un termine così vago che lo utilizzano tutti, non le pare?
«E’ vero, ma in Italia la laicità si esprime in un corpo di norme, di riferimenti etici che formano la Costituzione, fondamento dell’autonomia laica dello Stato».
Nel testo del discorso pontificio si assegna all’Italia la missione di diffondere le radici cristiane in Europa e nel “sottotesto” è come se fosse scritto: l’Italia sia l’anti-Spagna...
«Quel che non c’è non glielo attribuirei ma quel che c’è sì. C’è una esortazione all’Italia come luogo privilegiato per l’estensione delle radici cristiane».
Quelle radici sono incontestabili, o no?
«Certo. Ma vorrei che fossero messe egualmente in valore le radici che vengono dal mondo classico, le radici giudaiche, le altre esperienze religiose che hanno attraversato il Mediterraneo come l’Islam. Le cento città. Il Rinascimento, l’illuminismo francese, il grande contributo del movimento operaio. Il letto su cui scorre la vita quotidiana italiana non si può ridurre tutto ad una sola fonte: questa è un’operazione intregralista che rischia di dividere, laddove c’è bisogno di unire nella costruzione di una cultura condivisa di un popolo».
In passato, nel “catalogo” di Wojtyla o dello stesso Ruini, c’erano tanti valori ai quali potevano appellarsi conservatori o progressisti - vita ma anche pace, scuola privata ma anche critica del mercato - mentre papa Ratzinger non le sembra che abbia “stretto”?
«Sulla scuola bisognerà aspettare se e quando il Papa vorrà sviluppare questo discorso, ma sembra un ragionamento che guarda alla scuola confessionale, ma quel che è già netto è una richiesta della tutela fondata sul matrimonio che, essendo già salvaguardata nella Costituzione italiana, sembra essere uno sbarramento verso il riconoscimento di altri unioni. E la preoccupazione sulla vita umana sembra rinviare ad una critica alla legge sull’aborto».
Il Messaggero Sabato 25 Giugno 2005
L’appello per gli istituti privati crea disagio
Ciampi ha sempre difeso l’istruzione pubblica.
ROMA - (...)
quando il Pontefice e il capo dello Stato si sono trasferiti nel Salone delle Feste del Quirinale per i discorsi ufficiali l’atmosfera era pacata, serena. Il suo intervento Ciampi l’aveva scritto personalmente. Le ultime correzioni le aveva apportate ieri mattina insieme al segretario generale del Quirinale, Gifuni. Carlo Azeglio Ciampi era concentrato. Sapeva che l’appuntamento era di quelli che segnano la storia di un settennato. Anche perché era la prima volta che il successore di papa Wojtyla si presentava al cospetto di un capo di Stato straniero.
Quindi le parole sono state accuratamente calibrate, i concetti passati al setaccio per evitare qualsiasi possibile malinteso sul significato che non da oggi lo stesso Ciampi attribuisce alla doverosa laicità certo non al laicismo, dello Stato italiano.
Non hanno destato eccessiva sorpresa ed erano perfettamente legittimi - nella risposta di papa Benedetto XVI - i meticolosi e precisi richiami alle preoccupazioni che accompagnano questo inizio di pontificato: a cominciare dal problema della famiglia fondata sul matrimonio e a quello della difesa della vita «dal suo concepimento fino al suo termine naturale».
Quel che, in qualche modo, ha creato un certo disagio è stato il riferimento papale alla scuola privata con l’appello perché i genitori possano decidere liberamente l’istruzione dei loro figli senza l’onere di ulteriori gravami. Su questo punto, Ciampi non ha detto alcunché.
Ma la posizione del Quirinale è chiara ed è stata espressa in più occasione, soprattutto in occasione dei discorsi al Vittoriano per l’apertura dell’anno scolastico.
La difesa del «sistema scolastico nazionale» è sempre stata decisa e netta perché «esso ha contribuito più di ogni altro alla costruzione di una patria unita, all’educazione di cittadini consapevoli». Dunque: resta un impegno prioritario e non si tocca.
P. Ca.
La Stampa 25 Giugno 2005
LE REAZIONI AL MESSAGGIO DEL PONTEFICE: APPLAUSI DEL CENTRODESTRA, MOLTI DISTINGUO NEL CENTROSINISTRA
Berlusconi: totale accordo con Benedetto XVI
Prodi: l’Unione ha posizioni diverse
Andrea di Robilant
ROMA. Il discorso «interventista» pronunciato al Quirinale da Benedetto XVI ha ricevuto il plauso convinto di tutto il centro destra, a cominciare da Silvio Berlusconi, mentre nel centro sinistra le reazioni sono state più modulate, con molti distinguo e qualche critica nemmeno tanto velata.
Il passaggio indubbiamente più controverso è stato quello in cui il Pontefice ha ribadito con vigore che la Chiesa rimane fortemente impegnata in difesa della vita «sin dal suo concepimento», della famiglia fondata sul matrimonio e della scuola privata cattolica.
Berlusconi, fermandosi a parlare con i giornalisti nel cortile d’onore del Quirinale dopo la partenza del Pontefice, nell’esaltare «la coerenza assoluta» di Benedetto XVI, ha dichiarato di essere «personalmente in totale accordo» con la posizione della Chiesa sulla difesa della vita sin dal suo concepimento.
Anche per Romano Prodi, «la difesa della vita» deve rimanere la nostra «stella polare» nel momento in cui ci troviamo di fronte a dilemmi nuovi che toccano la vita e la morte. Ma il leader del centro sinistra ha riconosciuto, in una sua intervista a Radio vaticana, di essere alla guida di una schieramento con posizioni diverse su questo delicatissimo argomento. E così, anche per non lasciare il campo interamente agli avversari, ha tenuto a ricordare che quando era al governo si adoperò «per mettere risorse a disposizione della scuola privata» - uno sforzo che va «indubbiamente portato avanti».
Ma è sull’argomento delle radici cristiane dell’Europa - annosa questione sulla quale il Papa è tornato anche ieri - che Prodi si è voluto soffermare, assicurando agli ascoltatori di aver partecipato «con tanta passione e tanto a lungo» al tentativo poi fallito di inserire un accenno alle radici cristiane nella travagliatissima Costituzione europea.
«Non è stato possibile solo per la tradizione passata di alcuni Stati - ha spiegato - ma io credo che una grande maggioranza di cittadini aderivano completamente a quel principio».
Nel centro destra il messaggio di Benedetto XVI ha ricevuto un’adesione univoca. «E’ possibile una laicità dello Stato agganciata a valori morali che hanno fondamento nella religione», ha detto Rocco Buttiglione, ministro per i Beni culturali. «E il Papa ha anche indicato le aree nelle quali sono in gioco valori essenziali per la persona umana, che sono oggetto della cura della Chiesa ma anche dello Stato».
Per il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini le parole del Papa non sono soltanto uno stimolo ma «un indirizzo concreto per quanti sono impegnati nella vita pubblica».
E Gianni Alemanno, ministro per le Politiche agricole e leader emergente di Alleanza nazionale, è stato ancora più esplicito, appoggiando il richiamo del Papa «alle risposte che tutte le istituzioni devono dare alla presenza dei valori cattolici nello Stato italiano».
Per non criticare apertamente il Pontefice, molti esponenti del centro sinistra, tra cui Vannino Chiti, coordinatore della segreteria dei Ds, hanno preferito elogiare le parole di Carlo Azeglio Ciampi sulla laicità dello Stato. La Voce repubblicana, organo del Pri, ha «particolarmente apprezzato le parole severe e rigorose del Capo dello Stato». E il presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio ha elogiato «l’alto spessore» del discorso di Ciampi.
Ma Daniele Capezzone, segretario dei Radicali, ha messo in guardia: «Papa Ratzinger è già pronto con la Cei alla prossima campagna elettorale, e rivendica di esserne attore». E c’è chi, come Maura Cossutta dei Comunisti italiani e Fabio Mussi del Correntone diessino, ha trovato fuori luogo l’espressione «sana laicità» usata dal Papa. «La laicità è un concetto nitido che non ha bisogno di aggettivi», ha spiegato Mussi.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
Dal 2007 - poi - alla sua caratteristica originaria di libera espressione del proprio ideatore, «Segnalazioni» ha unito la propria adesione alla «Associazione Amore e Psiche» - della quale fu fra i primissimi fondatori - nella prospettiva storica della realizzazione della «Fondazione Massimo Fagioli»