venerdì 1 luglio 2005

le 5 domande di Science
fra le altre: «qual'è la base biologica della conoscenza?»

Corriere della Sera 1.7.06
Dalle basi biologiche della coscienza alla durata della vita. «La risposta entro 25 anni»
Gli scienziati: ecco i cinque grandi segreti del mondo
di GIOVANNI CAPRARA


I curatori della rivista americana Science, per celebrare i 125 anni della nascita della pubblicazione, hanno chiesto agli scienziati di individuare le cinque più importanti questioni sulla vita e l’universo, alle quali è possibile sperare di dare una risposta nei prossimi 25 anni. Ecco le cinque domande: di che cosa è formato l’universo, del quale riusciamo a vedere con i telescopi neppure il 5 per cento? Quali sono le basi biologiche della coscienza? Perché l’uomo ha così pochi geni, circa 25 mila, più o meno quanto un comune fiore? Quanto può essere allungata la vita umana? La Terra potrà sostenere la crescita della popolazione?


I 5 enigmi della vita (e dell’universo)
«Science» e le grandi questioni irrisolte:
mondi lontani, coscienza, geni, età, popolazione


Sono numerosi gli enigmi che la scienza deve risolvere per costruire una ragionevole conoscenza della realtà (e così continuerà ad essere, senza fine, anche in futuro), ma i più importanti misteri da sciogliere oggi sono cinque e quasi tutti riguardano la natura umana e la vita sulla Terra. La domanda di quali siano se la sono posta i curatori della rivista Science, organo della potente American Association for the Advancement of Science. Per celebrare i 125 anni della nascita della pubblicazione è stata condotta un’indagine tra i ricercatori esaminando 125 «grandi domande» ancora senza risposta sui loro tavoli. La conclusione ha portato a concentrare l’attenzione su 25 ricerche giudicate più urgenti, dalle quali sono uscite le cinque che avranno forse la possibilità di essere risolte nei prossimi 25 anni.
Di che cosa è formato l’Universo? La domanda può sembrare banale, visto che conosciamo la natura del pianeta su cui abitiamo e delle mille galassie che popolano il cielo. Invece tutto ciò che riusciamo a vedere con potenti telescopi non rappresenta neanche il cinque per cento della massa di cui l’universo dovrebbe essere formato, per confermare la correttezza delle teorie fin qui ideate per spiegare il mondo. E il restante 95 per cento costituisce la famosa «massa mancante» o «materia oscura», come l’hanno anche battezzata gli astronomi con un pizzico di sinistra fantasia. Dove sia e quale possa essere la sua natura, nessuno scienziato è riuscito ancora a spiegarlo. Ogni tanto sembra di raccogliere qualche indizio; qualche volta c’è chi azzarda la possibilità di una materia dalle caratteristiche ignote: il risultato è che viviamo in un Universo di cui ignoriamo la vera natura.
Quali sono le basi biologiche della coscienza? Il sogno è ardito, ma inseguito da sempre, e oggi che la biologia e la chimica hanno compiuto passi da gigante c’è la legittima speranza di decifrare i mattoni fondamentali, materiali, della coscienza; cioè l’elemento che distingue l’identità umana dal resto del regno animale. L’ambizione è un sogno impossibile? Può darsi, ma per trovare una risposta si parte dalla constatazione che mentre nel diciassettesimo secolo Cartesio giudicava separati il corpo e la mente, oggi la nostra visione scientifica tende ad unirli sostenendo che l’espressione mentale è frutto di processi che avvengono nel cervello. «Sappiamo che la corteccia frontale ha un ruolo nella coscienza - nota Alberto Oliverio, direttore dell’Istituto di psicobiologia del Cnr -; siamo però lontani dal poter dare spiegazioni accettabili e ci limitiamo a constatare l’esistenza della coscienza quando alcune parti del cervello sono lese».
Perché l’uomo ha così pochi geni? Per i biologi è stata una sorpresa scoprire, costruendo il genoma umano, che i nostri geni sono appena 25 mila, un numero circa uguale a quello del comunissimo fiore Arabidopsis thaliana , che cresce spontaneo lungo i sentieri, e poco di più del verme Caenorhabditis elegans . L’enigma da sciogliere è legato ai meccanismi evoluti che pochi geni sanno esprimere sino a costruire la stupefacente complessità dell’uomo. Ed è nella loro combinazione e nella ricchezza delle proteine che sanno generare il vero mistero da sciogliere.
Quanto può essere allungata la vita umana? Ci sono esperimenti interessanti sui topi e su alcuni vermi che hanno permesso di estendere la vita di questi animali al di là della norma. Ciò ha spinto molti scienziati a credere nella possibilità di rallentare i meccanismi della vecchiaia umana con l’obiettivo di vivere oltre i cento anni. Ma per altri ricercatori si tratta di un’idea ottimistica perché esisterebbe una programmazione inesorabile nella nostra natura impossibile da alterare oltre una certa soglia.
La Terra potrà sostenere la crescita della popolazione? Oggi siamo sei miliardi e il numero continua crescere. In passato studiosi come Thomas Malthus sostenevano che l’aumento delle popolazione avrebbe scatenato pestilenze, malattie mortali e guerre devastanti. A parte qualche eccezione, ciò non sembra essersi materializzato. Ma certo tutti ci chiediamo fino a quando la Terra potrà garantire il nostro sviluppo. Ed è per questo che diversi scienziati giudicano come unica via d’uscita futura la colonizzazione di Marte, dopo aver reso il pianeta abitabile.

L’UOMO E IL MISTERO
Il fascino del buio
di GIULIO GIORELLO


I grandi problemi sono la vita della ricerca, amava ripetere uno dei maggiori matematici del secolo scorso, quel David Hilbert che, pensando alla propria disciplina, aveva stilato all’inizio del Novecento un elenco di 23 questioni aperte, cui aveva premesso la saggia osservazione che in materia di scienza fare il profeta è difficile e rischioso. Scoperte e invenzioni giungono spesso inattese, minando certezze e dando un colpo mortale ai pregiudizi. Se ne accorsero a proprie spese quei dotti filosofi che discettavano sulle ragioni per cui Dio avrebbe riempito solo d’acqua il mondo al di là delle colonne d’Ercole. Questo mentre già cominciavano a circolare le relazioni dei superstiti della spedizione di Magellano che descrivevano terre emerse, «strani» tipi d’uomini, di animali e di vegetali, nonché ricchezze meravigliose. Le Americhe della conoscenza non sono meno imprevedibili! Nella lista di Science ha un ruolo la nostra stessa emotività. Allungare la vita fino a «vincere il tempo» è, come hanno mostrato Edoardo Boncinelli e Galeazzo Sciarretta nella loro ultima fatica (Verso l’immortalità?, Raffaello Cortina Editore), un sogno che ha attraversato mito, magia e scienza, ma che oggi appare realizzabile più di quanto mai avessero sospettato l’eroe sumerico Gilgamesh, nel suo vano tentativo di debellare la morte, o gli alchimisti medievali, alla ricerca della perpetua giovinezza. A coloro che saranno trasformati dalle biotecnologie non toccherà in sorte la noia che sembra aver afflitto gli immortali immaginati da Leopardi o da Borges? Forse, il tempo conquistato potrebbe venire impiegato per affrontare gli altri problemi elencati da Science - a cominciare da quello relativo allo sviluppo sostenibile di un pianeta sovrappopolato e saccheggiato dal crescente bisogno di acqua, cibo ed energia. La questione della soglia critica oltre la quale l’eccesso di popolazione renderebbe impossibile qualsiasi forma di civiltà è la prima che deve essere risolta. Science enfatizza il ruolo centrale della biologia nell’odierna indagine scientifica, pura o applicata che sia. A poco più di mezzo secolo dalla doppia elica di Watson e Crick cresce la comprensione della struttura e delle funzioni del nostro corredo genetico. Abbiamo buone speranze di capire e di controllare sempre meglio i nostri geni. Più sottile ed elusiva è la questione delle basi biologiche della coscienza - per non dire di quelle dell’inconscio. C’è ancora posto per l’anima immortale di Platone e di Agostino, per la sostanza pensante di Cartesio, per la mente che per Berkeley chiamerebbe le cose all’esistenza o per l’Io legislatore della Natura teorizzato da Kant? Tutto ciò non potrebbe essere il riflesso della sintonia, più o meno fine, dei nostri neuroni e delle nostre sinapsi? Ci sentiremmo per questo ridotti a mere macchine, prodotte non dalla sapienza di qualche ingegnere, bensì dalle dinamiche cieche dell’evoluzione?
Comunque sia, difficilmente potremmo sottrarci al fascino del cielo stellato. Ogni volta che lo guardo mi viene in mente l’espressione dell’Ulisse di Joyce: l’anima buia del mondo. Il mistero dell’Universo, della sua origine e della sua storia, sembra consegnato a una sorta di materia-energia «oscura», che eccederebbe di gran lunga quello che noi riusciamo a «vedere». Cercare di decifrarlo è l’eredità dell’imperativo galileiano (leggere nel Gran Libro del Mondo) da cui è nata la scienza moderna, ed è un’impresa non meno nobile e difficile di spiegare l’enigma della coscienza. Del resto, noi siamo parte dell’Universo, ed è tramite noi che l’Universo si osserva.