martedì 6 gennaio 2004

la Bibbia? più che altro leggende e ideologia...
(citato al Lunedì)

La Repubblica 5.1.04 Pagina 35 - Cultura
DOVE SBAGLIA LA BIBBIA
le indagini storiche e archeologiche di Mario Liverani

Gerico non crollò al suono della tromba di Giosuè, né Salomone aveva un grande regno
Sono molti gli eventi narrati che non corrispondono al vero
E la stessa conquista di una Terra Promessa è il frutto di una visione ideologica
di MARCO POLITI


ROMA Gerico non è crollata al suono delle trombe di Giosuè, la conquista della Terra Promessa non è mai avvenuta così come narrato, Salomone non aveva un grande regno e forse il Dio del Sinai un tempo aveva anche una compagna. L'ultimo libro di Mario Liverani, docente di Storia del vicino oriente antico all'università romana della Sapienza, è fatto per provocare una scossa a quanti si sono nutriti per decenni di quel filone che nel dopoguerra fu trionfalmente inaugurato da un best-seller trascinante come La Bibbia aveva ragione di Werner Keller. Libro pieno di fascino perché fra resoconti archeologici, dati scientifici e illustrazioni faceva rivivere "nella realtà" i racconti della Bibbia. Ed era emozionante scoprire che esisteva davvero la "manna" caduta dal cielo per ristorare gli ebrei di Mosè in marcia nel deserto o che il regno di Salomone aveva lasciato le sue tracce in rovine poche ma imponenti.
Quelle pagine erano il bagliore dell'Archeologia Biblica. «Concetto inaccettabile, anche se da alcuni ancora praticato - dice oggi il professor Liverani - perché basato prevalentemente sul desiderio di trovare conferma o sconfessione di episodi, località, eventi narrati dalla Bibbia». Da qualche decennio la via imboccata da parecchi studiosi è diversa. Si tratta di affrontare la ricerca di quell'area, che gli archeologi politically correct chiamano "Levante meridionale", guardando concretamente ai processi storici e considerando i testi biblici parte della storia e non baricentro.
Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele (Laterza, pagg. 526, euro 24) di Mario Liverani rappresenta in questo senso la sintesi affascinante di lavori in corso da decenni tra gli archeologi israeliani e non. Ed è sintomatico che il libro sia diviso in due parti. "Una storia normale" recita la prima, "Una storia inventata" si intitola la seconda.
Dunque Gerico non fu conquistata da Giosuè, professor Liverani?
«L'evento narrato in quei termini non è mai avvenuto. È leggenda. Al tempo in cui sarebbe arrivato Giosuè la città era già in rovina da quattro, cinque secoli, abbandonata dall'epoca del Bronzo Antico. Lo stesso vale per l'episodio della conquista di Ai, una città che nel nome stesso significa già "rudere, rovina". L'idea in sé della presa della Terra Promessa come evento in cui un popolo conquistatore caccia ed elimina i precedenti abitanti è una descrizione ideologica, non suffragata dai fatti. Anzi si può fare un elenco di popoli-fantasma distrutti secondo la Bibbia nella guerra santa di Giosuè ma anacronistici per l´Età del Ferro, cioè l'epoca della presunta conquista. Mentre invece i popoli reali, i Filistei, i Cananei, i Fenici, gli Edomiti, i Moabiti e gli Ammoniti rimasero bene al loro posto».
Che cosa è avvenuto allora in quella terra, che diverrà in seguito crocevia delle religioni mondiali?
«Ecco, ai suoi inizi il quadro è del tutto diverso. Nel passaggio dalla fine dell'Età del Bronzo all'Età del Ferro, quindi tra il XIII e il X secolo avanti Cristo, la Palestina è uno snodo debole tra l'Egitto e la Mesopotamia, tra il Mediterraneo e la Penisola arabica. È un mosaico mobile con movimenti di genti, fluttuazioni demografiche, abbandoni di terre e rioccupazioni. Anche geograficamente è un territorio molto articolato con colline, poche valli, montagne, deserto e pre-deserto. Una regione in cui pastori seminomadi vengono a incontrarsi e scontrarsi con città e mondi agricoli».
Le città sono quelle dei Cananei?
«Sì. E le popolazioni che noi possiamo chiamare proto-israelitiche si insediano negli altipiani intorno a Shechem e Shiloh prevalentemente in zone disabitate o rimaste prive di insediamenti stabili da secoli. Non è una sostituzione ai Cananei. Più che una conquista è una colonizzazione di terre nuove. In ogni caso, assistiamo ad una accelerazione nell'arco di quattro generazioni».
L'infiltrazione avviene più o meno alla stessa epoca dell'arrivo dei Filistei?
«I Filistei sono élite militari immigrate dall'esterno. Il loro destino, per certi aspetti, è parallelo a quello degli Israeliti. Occuperanno le loro ricche e vivaci città costiere fino all'invasione da parte degli Assiri e dei Babilonesi. Nello stesso arco di tempo in cui saranno cancellati i regni di Giuda e di Samaria, in confronto più poveri».
Una volta insediatesi nella terra di Canaan e dopo il periodo dei Giudici, le dodici tribù d'Israele danno vita a un regno che con Salomone assurge a grande splendore. Così dice il racconto e lei invece nega che sia così?
«Già il numero di dodici è artificioso, i nomi ogni tanto variano e certamente la realtà tribale dev'essere stata molto fluida. Ma Salomone è il vero punto cruciale del dibattito attuale fra gli studiosi. Ci sono studiosi che negano persino il Regno Unificato. Certamente di Salomone non si trova conferma nelle epigrafi o in fonti estere. Di Davide, indirettamente sì. C'è un'iscrizione siriana rinvenuta a Tel Dan che cita la "casa di Davide". Ma di Salomone non c'è traccia e i resti di edifici che in passato l'archeologia biblica attribuiva a lui - le porte e le celebri stalle a Megido, Gezer e Hazor - vengono ora assegnate a un'epoca più tarda, quando in Samaria regnava la dinastia di Omri. Non appare plausibile che una capitale di pochi ettari e povera com'era Gerusalemme in quel tempo possa aver dominato città molto importanti al nord».
Tuttavia Salomone non è celebrato come grande costruttore?
«Questo non fa che rendere ancora più incomprensibile la sua invisibilità edilizia».
Che cosa si sa del Tempio, di cui la Bibbia ci illustra minuziosamente i dettagli?
«Non lo sapremo mai esattamente, perché i suoi resti stanno incapsulati nel basamento del Secondo Tempio, che a Gerusalemme fa da piattaforma alla Moschea della Roccia».
Doveva essere grandissimo.
«Non credo. Ritengo fosse un edificio modesto poiché nello stesso secolo i templi in Siria sono piuttosto piccoli».
Grande quanto?
«Forse come San Lorenzo in Lucina a Roma. Quanto leggiamo sul tempio di Salomone più che la descrizione di un edificio reale è il progetto di costruzione del Secondo Tempio come se lo immaginano coloro che ritornano dall'Esilio babilonese».
Al processo di formazione di un popolo, sembra di capire, professor Liverani, che si accompagna il processo di formazione di "Dio".
«Il monoteismo è un punto di arrivo. Yahweh è di probabile origine meridionale e ha una lunga storia prima di diventare Dio nazionale, Dio statale e infine Dio unico. I figli di Davide, per fare un esempio, hanno dei nomi che si richiamano ad altri dei. Solo nel IX secolo avanti Cristo appaiono tra i re di Giuda e di Samaria nomi stabilmente yahwisti come Yosafat a Giuda o Yehoram e Yehu a Samaria. È interessante che in un frammento di intonaco in una fortezza del Sinai, a Kuntillet - Ajrud, si sia trovata nell'VIII secolo a. C. un'iscrizione che recita "ti benedico per Yahweh di Teman e per la sua Asherah". Lo stesso in un'altra località dove Yahweh è associato "alla sua Asherah" per aver salvato un certo Uriyahu dai suoi nemici».
Asherah è una dea cananea. E sarebbe la compagna della divinità degli Israeliti?
«La paredra, come dicono gli studiosi. Alcuni ne deducono che in questa iscrizione la dea Asherah è la paredra di Yahweh, altri dicono che l'espressione debba intendersi come Palo Sacro. In ogni caso assistiamo a un intreccio di culti».
Mario Liverani confida che voleva intitolare il suo libro "Morte e nascita di una nazione". Per esprimere che la morte dei regni di Giuda e Samaria, dopo l'annientamento da parte di Assiri e Balilonesi, ha dato vita a una realtà molto più grande. La crisi nazionale apre la strada ad una nuova filosofia della storia e a un nuovo concetto di Dio. Nel crogiolo dell'Esilio balilonese e nel ritorno nasce veramente il grande fatto storico del Monoteismo.
«Il monoteismo non è semplicemente un'unificazione delle funzioni svolte dagli dei preesistenti. È un punto di vista radicalmente diverso. Una svolta. Al posto della religione cerimoniale subentra la religione etica. Dio è buono e giusto e il fedele in rapporto personale con Dio è impegnato ad un comportamento che sarà giudicato non per i suoi atti di culto ma per la bontà e la giustizia che avrà esercitato. In questa dimensione cresce anche la dignità individuale. Il vero Israele - conclude Liverani - nasce a Babilonia».
Ed è una storia che segnerà il mondo.