domenica 8 febbraio 2004

due ricercatori australiani (!?) in Toscana:
«l'udito vince sulla vista quando ciò che si vede è sfuocato»

Repubblica Edizione di Firenze 8.2.04
Come funziona il ventriloquismo? Due ricercatori australiani che lavorano a Firenze e Pisa hanno pubblicato le loro tesi
Quei trucchi del cervello muovono cinema e teatro
Una tecnica antica come l'uomo che non ha mai avuto spiegazioni chiare
La vista prevale sull'udito e viceversa a seconda della qualità della visione.
di LARA ALBANESE


Al cinema, davanti a un bel film, ci dimentichiamo spesso della distinzione fra schermo e realtà lasciandoci facilmente convincere che l'attore sullo schermo sia una persona reale. Quasi mai notiamo che la voce dell'attore proviene da diffusori del suono laterali e non esce effettivamente dalla sua bocca che si sta muovendo. Lo stesso succede seguendo uno spettacolo di marionette o burattini. Già in passato gli antichi greci, i romani ed altri ancora utilizzavano la tecnica di mettere le proprie parole in bocca ad un altro. Questo metodo era in gran voga fra gli oracoli del tempo, non ultimo l'oracolo di Delfi.
Nella realtà questo fenomeno, noto come ventriloquismo, non è un inganno da prestigiatori ma ha alle sue spalle una ben precisa spiegazione scientifica ed aiuta a comprendere come il nostro cervello interpreti i suggerimenti forniti dai diversi sensi.
Qualche giorno fa una un interessante studio sul ventriloquismo ha trovato spazio sulla prestigiosa rivista scientifica Current Biology. L'articolo è firmato da due scienziati australiani che lavorano in toscana: David Burr, ordinario di psicobiologia e psicologia fisiologica alla facoltà di Psicologia dell'Università di Firenze, e David Alais ricercatore dell'istituto di neuroscienze del CNR di Pisa.
I tentativi di spiegare il meccanismo del ventriloquismo hanno radici antiche. Nel XVIII secolo si supponeva che i ventriloqui riuscissero effettivamente a proiettare a distanza la propria voce con una tecnica non del tutto chiara. Era l'oracolo che parlava, ma la sua voce usciva da un altro punto distinto dalla sua bocca. Successivamente si suppose invece che vi fossero sensi predominanti rispetto ad altri: la vista, per esempio, vincerebbe sull'udito e per questo, sentendo un suono e vedendo una bocca muoversi, il nostro cervello sarebbe portato ad attribuire il suono alla bocca in movimento. Tutte spiegazioni plausibili, ma non del tutto soddisfacenti. Esistono infatti casi di ventriloquismo al contrario in cui cioè il cervello prende in maggiore considerazione l'udito. Un professore noioso con una classe di studenti chiacchieroni davanti a sé si fida di più del proprio udito per capire da che punto dell'aula stia uscendo una determinata parola. In qualche modo il cervello cerca di scegliere l'informazione più attendibile in una certa circostanza e per il noioso professore in difficoltà, l'udito è più sicuro della vista.
Secondo Alais e Burr quando il cervello umano deve combinare la percezione visiva e quella uditiva in modo ottimale cerca di farlo pesando il grado di affidabilità delle singole percezioni. Normalmente la visione si trova a localizzare uno stimolo meglio dell´udito e per questo quello che vediamo ha la predominanza su quello che sentiamo. In pratica normalmente se una bocca si muove siamo portati ad attribuirle le parole senza renderci conto che, a volte, non provengono esattamente dalla stessa posizione. Tutto questo in condizioni normali, in altre particolari condizioni l'udito potrebbe essere predominante rispetto alla vista. I due studiosi hanno comunque evidenziato che la precisione aumenta se l'informazione arriva da due diversi sensi e non da uno solo, se, cioè, vediamo e sentiamo qualcosa riusciamo meglio a capire la sua posizione.
Per studiare il ventriloquismo Alais e Burr non sono andati in giro per il mondo alla ricerca di oracoli, ma hanno sottoposto un buon numero di persone ad un esperimento. Hanno chiesto loro di sedersi davanti ad uno schermo su cui compariva uno stimolo visivo associato ad uno stimolo sonoro proveniente da posizioni variabili. L'esperimento veniva ripetuto sfuocando lo stimolo visivo. Coi loro esperimenti i due scienziati hanno determinato una netta predominanza della visione sull'udito quando lo stimolo visivo è bene a fuoco. L'udito vince invece sulla vista quando ciò che si vede è sfuocato. Restano ancora aperti alcuni problemi. Come fa, per esempio, il cervello a capire quale senso sia più attendibile in una data circostanza?
Forse da oggi vedendo il classico spettacolo televisivo in cui una marionetta sembra parlare davvero non resteremo stupiti per la bravura dell´intrattenitore, ma per lo straordinario funzionamento del nostro cervello.