Corriere della Sera 8.2.04
SAGGI
Rella esplora la scrittura e la sfida a narrare, malgrado la «nuda vita» l’abbia messa in scacco
La parola sulla soglia del silenzio
di Paola Capriolo
Da tempo Franco Rella conduce una serrata, affascinante analisi di quella crisi dei linguaggi che costituisce forse la caratteristica fondamentale del «moderno» e che investe in primo luogo la filosofia, il poderoso apparato concettuale della metafisica con il quale da Platone in poi si è preteso di spiegare la realtà. In nessuna delle sue versioni questo apparato sembra in grado di affrontare adeguatamente le zone «estreme» dell’esperienza, quelle legate alla sfera più intima dell’io: la corporeità e l’eros, il dolore e la morte. Di qui l’interesse per linguaggi diversi, non filosofici, ma artistici e letterari, in cui Rella scorge l’espressione di un «pensiero tragico» capace di esplorare le contraddizioni senza voler conciliarle artificiosamente nell’unità di un sistema.
Lungo questo cammino, condotto negli anni con rigorosa coerenza, Dall’esilio rappresenta insieme una conferma e un ulteriore punto di crisi: analizzando i massimi scrittori e poeti della modernità, da Flaubert a Kafka, da Baudelaire a Proust, da Beckett a Montale, Rella ci mostra infatti come non solo le categorie filosofiche, ma gli stessi mezzi espressivi dell’arte vengano meno dinanzi all’indicibilità della «nuda vita».
Non vi è forse autore significativo, almeno da un secolo e mezzo, la cui opera non sia in qualche modo segnata dal presagio di una «morte della parola», di un suo radicale fallimento ontologico, e quando Bouvard e Pécuchet, dopo aver esplorato tutto lo scibile, si rassegnano a copiare meccanicamente rinunciando a qualunque ricerca di un senso, non denunciano soltanto il naufragio del progetto illuminista, ma anche la fine dell’illusione flaubertiana «di tenere insieme il mondo nella scrittura e nell’opera d’arte».
Movendo dalla consapevolezza di questo «esilio» della parola, Rella riafferma la sua fede nella possibilità da parte della scrittura, e in particolare della narrazione, di offrire almeno una testimonianza della propria crisi, di «lavorare pazientemente i confini per trasformarli... in soglie»; intanto però, nel «silenzio glaciale» in cui sembra sprofondato il mondo da quando è tramontata l’utopia della redenzione estetica, i due copisti di Flaubert seguitano ad accompagnarci come beffardi numi tutelari e tendendo l’orecchio possiamo cogliere ancora lo scricchiolio delle penne che celebrano ostinatamente il loro rito estremo e insensato.
FRANCO RELLA Dall'esilio. La creazione artistica come testimonianza Feltrinelli editore pagine 150, 12,50
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