martedì 13 luglio 2004

anoressia

Il Messaggero Lunedì 12 Luglio 2004
IN ITALIA
Oltre mezzo milione “litiga” col cibo


ROMA - Sono mezzo milione, in Italia, le persone che soffrono di comportamenti patologici legati al cibo. Che non riescono a smettere di introdurre cibo nell’organismo o che si costringono a digiunare. Più di 140 mila, dicono gli specialisti, «accusano problemi acuti». Che significa essere colpiti da anoressia e bulimia.
Si tratta di disturbi che privilegia il sesso femminile. Accanto ad un uomo si contano dieci donne. Ottantamila le ragazze sotto i 18 anni che convivono con l’anoressia, circa sessantamila con la bulimia. E, spesso, le due patologie si sovrappongono. Ancora numeri per “disegnare” la situazione: sette malati su dieci guariscono. Ma passano mediamente tre o quattro anni prima che un paziente, e i suoi genitori, si decidono a chiedere aiuto ad un medico.
Tra i fattori predisponenti gli esperti individuano una particolare struttura psicologica caratterizzata da bassa autostima, perfezionismo, difficoltà nel rapporto con gli altri e paura dell’autonomia. Ma anche disturbi preesistenti come l’ansia, la depressione, le ossessioni. «Dismisure e conflitti in campo alimentare - scrive nella prefazione del libro “Figlie in lotta con il cibo” lo psichiatra dell’università “La Sapienza” di Roma Massimo Cuzzolaro - mangiare troppo, pentirsi, troppo poco, mai abbastanza poco, sono diventati così una sorta di idioma, terribilmente comune e corrente, attraverso il quale esprimere malessere, infelicità, fatica di vivere».

Il Messaggero Lunedì 12 Luglio 2004
La storia/ Appello di una sedicenne alle famiglie degli adolescenti. Estate, mesi a rischio
«Cari genitori, io anoressica vi rivelo le mie ossessioni»
di GIULIA A.


(...) Ho sedici anni e ho finito il secondo anno del Liceo scientifico. Sono in terapia famigliare e sono seguita da una psichiatra dell’Università La Sapienza.
Ho chiesto a mio padre di aiutarmi a scrivere queste righe e vorrei fossero i genitori - gli adulti - a leggerle, soprattutto dopo aver visto sui giornali la morte di quella ragazza dell'Aurelio che - forse, ma il dubbio è sufficiente - è morta a causa di questo disturbo. E come lei credo tante altre, che magari non muoiono di anoressia, ma certo ne soffrono e si disperano. Perché spesso gli adulti non riescono a vedere l’anoressia nelle proprie figlie.
E’ difficile per voi adulti ammettere che vostra figlia si sta uccidendo. Anche perché noi mettiamo in atto tutta una serie di trucchi e specchi che vi impediscono di vedere. Cerchiamo di essere quelle che “mangiano fuori”, dove non è possibile controllarci. Diventiamo delle brave cuoche in casa, anche se poi non mangiamo i manicaretti che vi proponiamo. E, data la nostra ossessione per il cibo, cerchiamo qualcosa che tenga occupata la mente. Quindi, spesso, andiamo bene, benissimo a scuola. Insomma, sembriamo ragazze perfette. Solo, non mangiamo più.
Che mondo c’è dietro queste ragazze perfette?
Innanzitutto, c’è un Programma. Ce lo facciamo da sole, con due scopi: dimagrire dove vogliamo noi (ed è proprio la parte del corpo che, ai nostri occhi, rimane grassa e quindi il Programma non finisce mai) e controllare il nostro corpo e la nostra mente, sopprimendo la sensazione - che è sempre molto acuta - della fame.
Perché noi sentiamo che non smetteremmo mai di mangiare, se non ci fosse il Programma a mantenerci in riga. E a non farci impazzire: possiamo non mangiare per una giornata intera, ma abbiamo bisogno di giustificare il sacrificio anche con uno sfizio. Così, la vostra ragazza perfetta è anche una capace di mangiare di punto in bianco un grande gelato, un cornetto o qualcosa che vi fa pensare: ecco, non è vero che rifiuta il cibo. Noi invece viviamo sul filo del senso di colpa. Se mangiamo qualcosa al di fuori del Programma il senso di colpa ci fa soffrire e poi digiunare per giorni interi.
Il Programma ci toglie l’idea di noi stesse. Così, ci raccontiamo bugie. I nostri rapporti con gli altri sono rovinati, perché non possiamo andare a cena da amici che ci guardano chiedendo: “perché non mangi?”. E poi siamo così tanto ossessionate dal cibo da non avere più tempo per altro. Al massimo, ci compriamo vestiti.
Che potete fare per noi? Mettetevi in testa che in realtà il cibo è il problema numero Tre.
La prima cosa da fare, è riuscire a entrare in contatto davvero con noi. Con tutte e due le parti di noi, quella anoressica e quella “sana”. Stabilire un dialogo magari parlando di voi, della vostra storia, di come vi sentite.
La seconda, accettare la realtà e aiutare noi a decidere di farci aiutare. Da uno specialista. Perché voi da soli e noi da sole (o solo noi e voi) non ce la potremmo fare. C’è un nodo iniziale, dentro la famiglia, che ci fa scattare l’anoressia ma che dimentichiamo presto. Solo uno specialista - uno psichiatra, non abbiate paura delle parole - può tirarlo fuori e salvarci la vita.
La terza cosa è, appunto, il cibo. Noi controlliamo il corpo, perché ci manca qualcosa, un punto di forza, di equilibrio. Non mangiare è la conseguenza, non la causa. Così, il Programma rende inutile la domanda del genitore: “perché non mangi? E’ così facile”. Non è facile per niente. A me è capitato. Sono stata fortunata. Io e i miei genitori abbiamo fatto assieme i passi uno, due e tre. Così sono tornata al peso forma e ora la mia mente non è più prigioniera del Programma.