martedì 13 luglio 2004

Talete

Il Giornale di Brescia 13.7.04
Talete, l’elemento «acqua» come principio primo
La tradizione ingiustamente ce ne parla come scienziato privo di senso pratico
di Maria Mataluno


Chissà quali risposte stava cercando nel firmamento Talete, il primo filosofo della storia, quando, come racconta Platone nel Teeteto, mentre camminava col naso all’insù per osservare le stelle cadde in un pozzo. Al che una schiavetta trace che passava di lì scoppiò a ridere e lo canzonò per il fatto che proprio lui, che non vedeva nemmeno quello che stava sulla Terra, pretendesse di scorgere ciò che si trovava nelle profondità insondabili del cielo. Di certo il pensatore nato nell’isola ionia di Mileto e vissuto tra il VII e il VI secolo a.C. non stava più cercando una risposta alla domanda che, secondo Aristotele, assillò tutti i pensatori che la tradizione ricorda col nome di presocratici: «Qual è il principio primo, l’origine materiale della realtà?». A quel quesito, infatti, Talete aveva già trovato la risposta, e lo aveva fatto prima di tutti. Prima di Anassimene, che lo individuò nell’aria, prima di Eraclito, che riconobbe la mitica arché nel fuoco, prima di Democrito e di Anassagora, che si spinsero oltre il limite della realtà sensibile per rivolgersi rispettivamente agli inafferrabili atomi e alla ancor più meta-fisica «mente universale» creatrice del Tutto. Era stato Talete, però, il primo a dare la soluzione più semplice e forse più affascinante a quell’interrogativo: per lui l’origine di tutte le cose non era altro che l’acqua, «l’elemento più bello»... Oggi che il mondo si trova sull’orlo di un’emergenza idrica che potrebbe fare dell’acqua il petrolio del XXI secolo, e le sonde spaziali vengono inviate sugli altri pianeti allo scopo di scovare tracce di acqua - e dunque di una possibile forma di vita extraterrestre, passata o futura, - l’intuizione di Talete appare più che mai attuale. L’acqua, infatti, è presente in tutte le cose: di acqua è fatto al 75 per cento il nostro corpo, di acqua sono pieni la terra su cui camminiamo, l’aria che respiriamo, gli alberi che crescono nei boschi e la neve che imbianca le montagne, e di acqua hanno bisogno, per perpetuare la propria esistenza, tutte le creature viventi. Inoltre l’acqua è inodore, insapore, incolore: e cosa c’è di meglio di un ente privo di qualità per rappresentare ciò che, in quanto principio primo, sta al di qua di ogni specificazione sensibile? Il ragionamento di Talete, insomma, dovette essere molto simile a quello che gli attribuisce Aristotele: l’opinione che l’acqua fosse la sostanza e l’essenza di ogni cosa «gli fu suggerita dall’osservazione che è umido ciò di cui ogni cosa si alimenta e che anche il caldo nasce dall’umidità e sopravvive per mezzo di essa (...), ma anche in base al fatto che hanno natura umida i semi di tutte le cose, e l’acqua è appunto il principio naturale delle cose umide». Sebbene la filosofia di Talete possa essere considerata il primo passo verso quell’astrazione che avrebbe portato Platone a elaborare la sua teoria delle idee, va detto che la separazione tra realtà materiale e intellettuale, tra le idee e le cose, era ancora di là da venire. L’acqua, infatti, costituisce per Talete il fondamento del vero non solo in senso astratto, come sostrato ideale che rimane costante malgrado il continuo mutamento delle sue qualità, ma anche in senso concreto, come ciò su cui poggia il mondo che conosciamo: seguendo una concezione diffusa nel mondo antico, e in particolare in quello orientale con cui la Ionia era in stretto contatto, Talete credeva che la Terra fosse una sfera (sì, proprio una sfera, perché Tolomeo non aveva ancora elaborato la sua concezione di un mondo piatto situato al centro dell’universo), circondata da mari interni e galleggiante su un Oceano infinito. Un filosofo con i piedi per terra - o per meglio dire nell’acqua - era dunque Talete, non un metafisico a caccia di idee soprasensibili, come quel Socrate che Aristofane ritrasse nelle Nuvole sospeso in una cesta a mezz’aria per contemplare più da vicino il cielo. Il suo sguardo, certo, Talete lo rivolgeva volentieri al firmamento, tanto che lo storico Erodoto gli attribuisce la predizione di un’eclissi di sole, quella del 585 d.C., mentre un anelito di carattere religioso sembra nascondersi dietro la frase, a lui attribuita, «tutto è pieno di dei»: un’espressione che però sembra essere solo un’altra maniera per dire che "tutto è pieno di acqua", dal momento che l’acqua, in quanto origine del tutto, deve necessariamente contenere in sé un elemento di divinità. La leggenda racconta che Talete era così astratto e poco portato alle preoccupazioni quotidiane della vita, secondo lo stereotipo del pensatore con la testa fra le nuvole, che da giovane, ogni volta che sua madre insisteva affinché prendesse moglie, lui scuoteva la testa dicendo: «Non è ancora venuto il momento». Finché un giorno, divenuto ormai anziano, le rispose: «Ormai non è più il momento». Un personaggio, insomma, sul genere del professor Tournesol del fumetto Tintin di Hergé, tutto amore per la scienza e niente spirito pratico. Ma la verità sembra essere stata diversa. Di certo le sue affermazioni paradossali contrastavano col buon senso comune, come quando sosteneva che tra la vita e la morte non c’era alcuna differenza, e a chi gli chiedeva come mai, allora, non si fosse ancora risolto al suicidio, rispondeva: «Proprio perché non c’è alcuna differenza». O come quando, a chi gli domandava cosa fosse nato prima, la notte o il giorno, diceva: «La notte, un giorno prima». Eppure a Talete non si addice per nulla quell’abito di pensatore avulso dalla realtà che la tradizione gli ha cucito addosso. A questo filosofo e letterato, astronomo e matematico, nonché imprenditore di successo - quasi un Pico della Mirandola dell’antichità, - gli storici attribuiscono le più svariate scoperte scientifiche: se Platone ricorda quanto fosse abile nell’escogitare i più sorprendenti espedienti tecnici, è ancora Erodoto a raccontare come egli fosse riuscito a deviare l’alveo di un fiume; e sembra che durante un viaggio in Egitto riuscisse persino a calcolare l’altezza delle piramidi basandosi sulla loro ombra. A ciò si aggiungano, per completare il profilo di questo straordinario iniziatore del pensiero antico, un teorema geometrico che porta il suo nome - «Un fascio di rette parallele determina su due trasversali due classi di segmenti direttamente proporzionali (e viceversa)» - e un episodio citato da Aristotele nella Politica: narra lo Stagirita che Talete, grazie alle sue conoscenze astronomiche e meteorologiche, previde un abbondante raccolto di olive e si affrettò ad approfittare della circostanza, acquistando tutti i frantoi che riuscì a comprare. Il raccolto quell’anno si rivelò effettivamente eccezionale, e Talete ne ricavò ingenti guadagni. E poi dicono che il pensiero non è remunerativo. (continua)