sabato 17 luglio 2004

che cos'è il materialismo?

La Stampa TuttoLibri 17.7.04
Che cos’è il materialismo?
di Ermanno Bencivenga


CHE cos'è il materialismo? Difficile dirlo, perché sostenitori e avversari ne hanno dato definizioni diverse, funzionali ai loro scopi apologetici o polemici, e i relativi dibattiti sono stati spesso viziati da pregiudizi, confusioni e malintesi. Per esempio: c'è chi ha identificato il materialismo con la tesi che tutto quel che esiste sia un'entità materiale, percepibile con i nostri cinque sensi o con una qualche versione riveduta e corretta dei medesimi. La tesi, però, è assurda: gli esseri umani che fanno matematica sono entità materiali, ma il numero 3 di cui essi discorrono non lo è, né si può verificare che 2 + 3 = 5 guardando molto attentamente in una direzione qualsiasi. In termini analoghi (anche se più controversi), i gruppi sociali che seguono certe pratiche di vita sono entità materiali, ma la questione se tali pratiche siano giuste va affrontata con argomentazioni razionali, non con l'osservazione di quei gruppi. Quindi il materialismo può solo essere la tesi che entità materiali siano all'origine di tutti i processi che costituiscono ogni altra entità: che il 3 o la giustizia non esisterebbero se non ci fossero (diciamo) esseri umani che ci pensano e ne parlano. È una tesi metafisica, la cui principale alternativa è una forma di dualismo platonico o cartesiano: se ci sono entità immateriali come i numeri, i valori etici o le argomentazioni razionali, e se possiamo averci a che fare, ci dev'essere una componente immateriale di ciascuno di noi - un'anima, una mente o un Io. Al che un materialista che si rispetti replicherebbe con una qualche variante del rasoio di Occam: aggiungere al corpo un'anima non semplifica le cose, perché adesso dobbiamo spiegare in che rapporti stiano anima e corpo. Tanto vale considerare il problema originario: in che rapporti cioè stiano il corpo da una parte e il 3 o la giustizia dall'altra. Negli ultimi decenni, questo antico discorso metafisico si è riproposto a livello pratico, per gli enormi progressi delle tecniche di ingegneria biologica e cognitiva. Quando si è decifrato l'intero genoma umano o si sono costruiti computer in grado di simulare attività molto complesse, è risultato naturale concludere che il materialismo (rispettabile) fosse sul punto di trionfare: che prima o poi gli esseri umani si sarebbero rivelati nient'altro che macchine, sofisticate quanto si vuole ma non radicalmente diverse da un frigorifero o un tostapane. Due libri recenti, "La macchina vivente" di Giorgio Israel e "La vita nell'epoca della sua riproducibilità tecnica" di Massimo De Carolis, fanno del loro meglio per smorzare l'entusiasmo legato a questa promessa. Curiosamente, è Israel (matematico e storico della scienza) a esprimersi in proposito con toni del tutto negativi, parlando del "sostanziale fallimento del programma dell'intelligenza artificiale teorica", mentre De Carolis (filosofo) chiude immaginando un futuro in cui la scissione "fra la tecnica e la vera saggezza pratica possa superarsi". Il pessimismo del primo è legato a evidenti simpatie dualiste: "gli scienziati che trattano con sufficienza il dualismo cartesiano come un errore, persino puerile, danno una prova evidente di puerilità"; "la soluzione dualistica non è un banale errore, ma una risposta discutibile a un problema difficile". Il cauto ottimismo del secondo si fonda invece su un ennesimo riferimento ai giochi linguistici di Wittgenstein, che ci consentirebbero di limitare le ambizioni intrinsecamente globali della tecnica "riducendone le pretese di validità, volta per volta, a un ambito locale". La difficoltà su cui sono destinati a incagliarsi gli entusiasmi dei tecnocrati, però, è di carattere politico, e lo stesso De Carolis, pur evitando di caratterizzarla in tal modo, ne fornisce una descrizione abbastanza chiara. Chi parla dell'essere umano come di una macchina, di solito, non vuole soltanto dire che sia costituito da componenti materiali e agisca (anche quando pensa o ragiona) in base a processi materiali; intende aggiungere che lo si può controllare a piacere - che ogni suo passo non fa che realizzare un'istruzione predeterminata. Ed è qui che intelligenza artificiale e ingegneria biologica entrano in crisi, perché un'entità completamente controllabile è priva di quella creatività che associamo all'essere umano, e in generale alla vita.
Nelle scienze cognitive, questa difficoltà è spesso formulata come "il problema della cornice" (the frame problem): una volta fissato il contesto (la cornice) in cui deve muoversi, un computer procede con un'efficienza inimmaginabile per ciascuno di noi, ma le nostre abilità più preziose (percepire oggetti, parlare una lingua, adattarsi a un nuovo ambiente) dipendono dalla libera esplorazione di una gran quantità di contesti possibili e dalla libera scelta di uno di essi - dalla libertà insomma di "leggere" il mondo fuori da ogni schema precostituito. A mio modo di vedere, non ci sono obiezioni di principio al fatto che gli esseri umani possano creare entità (materiali) capaci di tanta intelligenza e razionalità quanta ne hanno loro stessi; ma lo faranno solo se avranno il coraggio (o l'irresponsabilità, a seconda dei punti di vista) di lasciarle muovere, crescere e imparare liberamente. A tratti, i nostri due autori suggeriscono che una scienza e una tecnica ossessionate dalla previsione e dal controllo debbano essere sostituite (o almeno integrate) da forme intellettuali tradizionalmente associate a passione e ispirazione. "Siamo convinti che il racconto e la letteratura siano una forma di conoscenza, di dignità pari a quella di tutte le altre, incluse quelle scientifiche esatte", dice Israel, e De Carolis: "Cosa andrebbe perduto, se dovessimo ammettere che il linguaggio è sempre una specie di poesia?" Nulla, risponderei, se non che, come il più grande fra i poeti, anche noi saremmo ciechi: creatori proprio in quanto incapaci di dominare le conseguenze della nostra azione creativa.

Giorgio Israel, La macchina vivente, Bollati Boringhieri, pp.147, euro 20

Massimo De Carolis, La vita nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Bollati Boringhieri, pp.261, euro 20