sabato 16 ottobre 2004

archeologia
Anatolia

Repubblica 16.10.04
Le spade dei Potenti del 3000 avanti Cristo
una grande mostra archeologica
Ai Mercati di Traiano sono esposti pezzi unici di rame indurito con l´arsenico È la prima antichissima testimonianza della metallurgia applicata alla guerra
È stata trovata anche la Tomba Principesca con un vero tesoro tra vasi e oggetti di metallo Ci sono anche un uomo adulto e quattro adolescenti, la cui morte è un giallo
SERGIO FRAU

ROMA. Per coinvolgerla basta chiederle di quelle spade che dominano una delle vetrine più grandi della mostra. «Queste nove spade... «. Si accendono insieme entusiasmo e memoria di Marcella Frangipane nel ricordare quel 7 ottobre del 1976.
Quel giorno, proprio a lei - allora giovane contrattista de La Sapienza - saltò fuori il tesoro che, ora, fa davvero unica la sua esposizione tutta su Arslantepe/Malatya, l´insediamento turco di cinque ettari che la professoressa-archeologa setaccia e studia da 28 anni. Racconta: «Una parete crollata. Sotto, un altro crollo... Sembrava proprio una giornata come le altre... D´improvviso, invece, la prima spada, poi l´altra, poi un´altra ancora, poi tutte le altre, ultima quella con l´elsa istoriata d´argento e le lance: 12 lance che sono un portento di fattura e soprattutto di antichità. Doveva essere un intero muro-armeria quello crollato lì sotto. Pioveva a dirotto quei giorni: un telo di plastica addosso scavammo come furie sotto l´acqua, per settimane, fin quando tutto il terreno non fu perquisito. Ogni tanto una spada a sorpresa riaffiorava a farci dimenticare la fatica, a darci nuova carica. Infangati, esausti, felici... Ne valeva la pena: sono queste le spade più antiche del mondo. La data? Il contesto ce l´ha precisata: 3350-3000 a. C.... Sono pezzi unici, di rame indurito con l´arsenico, mai trovati altrove così antichi: è una delle primissime testimonianze dell´Età del Bronzo. Il capitolo iniziale in assoluto - a livello mondiale - della metallurgia applicata a usi di guerra. Saperi tecnologici transcaucasici che arrivano in zona anatolica a cambiar tutto».
Il che la dice lunga anche sul titolo dell´esposizione Anatolia/Arslantepe. Alle Origini del Potere che - varata per celebrare i 700 anni de La Sapienza in cui la Frangipane insegna Preistoria del Vicino e Medio Oriente - terrà banco ai Mercati Traianei fino al 9 gennaio 2005.
E poi c´è la Tomba Principesca... «L´abbiamo trovata esattamente 20 anni dopo le spade: era l´estate del 1996». Un giallaccio questo della Tomba che le analisi dei cinque corpi sepolti lì dentro, ha rivelato. Il personaggio più importante - l´unico adulto dei cinque - era adagiato con tutti gli onori e con tanto di diadema, al centro di tutto, in una fossa sua. Alle sue spalle vasi e 65 oggetti di metallo. Sopra la lastra che chiudeva il suo sepolcro, però, c´erano altri quattro cadaveri di adolescenti: un ragazzo e una ragazza, e altre due fanciulle poco più in là. Sono loro, insieme alla provenienza del «padrone di casa» il vero mistero della Tomba. I referti autoptici effettuati sulle ossa dei ragazzi - pubblicati nel catalogo Electa che accompagna l´èxpo - parlano chiaro: «I due primi giovani vennero deposti, forse gettati nella fossa, quando erano ancora vivi e in uno stato di sofferenza fisica, come indicano anche tracce di emorragie e di traumi inflitti alla ragazza pochi giorni prima della morte. La seconda coppia composta da due ragazze tra i 12 e i 17 anni (forse ancelle, ndr) presentano tracce di incidenti traumatici avvenuti pochi giorni prima del decesso e testimoniano maltrattamenti subiti poco prima della morte, sopravvenuta in condizioni di dolore, forse mentre giacevano anche loro, moribonde, sul fondo della fossa».
Sacrificio umano? O, piuttosto, regolamento di conti verso un principe straniero e la sua discendenza da estirpare? Il tutto è in mostra: ben presentato, con una ricostruzione realistica, quasi fosse davvero la scena di un delitto.
Spesso, sembra di esser dentro un´indagine poliziesca: grazie a dendrologia, paleobotanica, archeozoologia e tutta l´esposizione ha questo carattere super-scientifico. Le pecore? All´inizio poche e mangiate presto perché erano del tipo con poca lana. I maiali? I maschi avevano vita breve: lo dicono le ossa trovate. Le loro femmine? Venivano scannate anch´esse, ma solo quando non figliavano più. La vite domestica? Nel 3000 avanti Cristo qui c´è già, a far un po´ più allegra la vita.
Stranamente - come per magia o per una sorprendente alchimia - tutti questi approcci scientifici, spesso trattati come referti glaciali, qui invece, mixati insieme, con sapienza e affetto, riescono d´improvviso a restituire vita ai reperti. Te la fanno sentire vitale anche l´antica città, con i suoi ritmi millenari da quel IX millennio degli inizi e delle primissime sculture: e così li percepisci - attraverso gli oggetti esposti - i suoi momenti «alti» delle feste collettive e del lavoro ben organizzato, e anche i suoi «bassi», come quando tra il 3000 e il 2700 a. C. divenne base squassata di rovine e transumanze, per poi risorgere di nuovo subito dopo. Te ne accorgi - grazie alle mappe e alle spieghe - che il tempio degli inizi serviva a accogliere tutti e che, poi, divenda un Sancta Sanctorum blindato agli esterni, monopolio di sacerdoti strapotenti poi finiti a far parte integrante del Palazzo... E si stria di vera poesia, questo racconto espositivo, quando - dopo aver visto in mostra le riproduzioni dei dipinti che facevano bello il Palazzo - in una vetrinetta scopri la «tavolozza» di pietra che quelle pitture a fresco ha realizzato tra il 3350 e il 3000 a. C: i laboratori hanno già dimostrato che l´ocra sui muri e quello rimasto nell´incavo della pietra-tavolozza è proprio la stessa, decretandola così uno dei primissimi «feticci d´artista» del mondo.
«L´impressione» spiega l´archeologa «è che la prima globalizzazione del mondo non nasca con il capitalismo. Ma piuttosto con la comparsa di classi politiche ed economiche dominanti. Il potere, quando nasce, ha un bisogno fisiologico di espandersi. Le relazioni economiche per ottenere beni di lusso che lo manifestano fastoso tendono a coinvolgere sempre più unità e regioni, in una rete di scambi e rapporti e mutua stimolazione tra produzioni primarie e voluttuarie. E così che nel IV millennio l´economia diventa produzione di ricchezza anziché di beni per il puro sostentamento. Nella nostra Malatya è possibile rendersene conto».
Tutto serve per ricostruire il grande puzzle della storia...
Come le cretule, ad esempio. Cosa fossero codesti antifurto d´antan è presto detto: erano grumi sigillati di argilla fresca (grandi dai tre ai 15 centimetri), che timbrati a dovere blindavano i depositi della città messi al sicuro in quello che è considerato uno dei primi sistemi palaziali del mondo.
All´inizio Guardiani, poi Sacerdoti, dopo Signori, Sacerdoti & Signori insieme, dopo ancora, lì in zona - e fin dal VII millennio a. C. per cinque, sei millenni - prendevano in cura come banchieri i beni dei cittadini con questo modo di suggellare il deposito in conto terzi: granaglie e altre poverissime ricchezze, stipate in sacchi e cesti, venivano poi restituiti ai legittimi proprietari esibendo il proprio sigillo matrice in pietra - un po´ come la nostra firma depositata in banca, ma fatto ad arte con disegni fantastici uno diversissimo dall´altro - che ciascuno portava sempre legato al collo. Nel 1979, all´équipe della Frangipane ne è saltato fuori un deposito enorme: seimila frammenti di «cretulae» che hanno succhiato via 20 anni per essere ricomposte e studiate.
Un colossale incastro di microstorie e commerci messo a punto con una fatica da certosini... «Ce l´abbiamo messa tutta e ora - selezionate le 2200 cretule leggibili, pressoché intatte - loro stesse hanno cominciato a raccontare dei commerci, risparmi, scambi che avvenivano lì, a Malatya, una zona ricchissima d´acqua a cinque chilometri dall´Eufrate, terra di passaggi e vita bella fin quando non arrivò qui in zona Sargon con le sue smanie di conquista».
La Frangipane l´Eufrate se lo ricorda ancora piccolino, prima che una diga, più a valle, lo facesse crescere a dismisura cambiando i connotati al paesaggio. «Quando arrivammo qui l´Eufrate era davvero un fiumiciattolo, come lo dovette vedere l´imperatore Sargon II, il «re, grande, re della totalità», quando - a fine del 700 a. C. - lo varcò per chiudere la grande storia di Malatya. Dell´antichissima città rimasero in piedi, mezze massacrate, le fastose rovine ittite del II millennio, l´ultima fase: i suoi leoni di calcare - oggi al Museo di Ankara - diedero un nuovo nome al posto: «arslan» (= leone) più «tepe» (= collina), la Collina dei Leoni».
E i sogni di ora?: «Scavarlo tutto il «nostro» Palazzo: la sensazione è che possa riservarci enormi sorprese. La più auspicabile? Che ci salti fuori anche l´Archivio dei Potenti che lì in zona ordinavano tutto: vita, lavoro, ricchezze, cibi...».