sabato 16 ottobre 2004

sant'Agostino: «mai più lascivie»

La Stampa TuttoLibri 16 Ottobre 2004
La vita è tutta dentro, da sant’Agostino a Sartre
Le «Confessioni», un’opera-modello tra autobiografia e preghiera,
la storia di una conversione, la reticenza del peccato,
il monito: «Non più lascivie»
di Ferdinando Camon

BAUDELAIRE ha scritto che nessuno può tenere un diario sincero di ciò che dice, pensa, fa neanche per la durata di un quarto d'ora. In ogni quarto d'ora, secondo Baudelaire, c'è sempre qualcosa d'inconfessabile. Agostino ha scritto nientemeno che le Confessioni della sua vita. Un libro altissimo, che impianta il genere autobiografico sul piano intimo, dell'itinerario spirituale, del passaggio dal peccato alla grazia.
Nelle Confessioni di Agostino l'inconfessabile è detto come lo si dice nelle confessioni e non nella psicanalisi: cioè come indicazione del peccato, non racconto del peccato. E in alcuni casi anche l'indicazione è reticente: quando parla della ragazza che viveva con lui senza che fossero sposati, ne parla in maniera così astratta, senza neanche nominarla, che la ragazza di fatto «non ha realtà», non è memorabile; quando parla del figlio che da lei aveva avuto, ne tocca per sommi capi la vita e la morte prematura, ma l'aureola di infelicità che circonda il ragazzino e lo sopprime sembra più un riflesso della colpa del padre che non della vita del figlio; e infine, la cacciata della compagna, madre del bambino, che non si sa da chi sia voluta. I commentatori la attribuiscono alla madre di Agostino, Monica. Che non sarebbe nominata per salvaguardarne il nome, non caricarlo di questa colpa. E qui ci sarebbe dunque la più grave, e la più consapevole delle reticenze. Ma Agostino è spietato quando denuncia due io dentro di sé, per cui finisce per fare non il bene che vuole, ma il male che non vuole.
Le Confessioni sono un fiume che discende dalla montagna che si chiama conversione. Dalla conversione nasce un nuovo uomo e un nuovo scrittore. La conversione è lo sblocco che spalanca la nuova personalità. A partire dalla conversione, l'attività scrittoria di Agostino è infrenabile, non conosce pausa. La conversione è il momento in cui si risolve la lotta tra Valore e Indegnità, tra Essere e Non Essere. La scelta dell'Essere dipende anche dall'essere scelti per l'Essere (Lutero affermerà: «Augustinus totus noster est»), e da quel momento la narrazione della propria vita oscilla tra l'autobiografia e la preghiera, e la preghiera acquista il tono del ringraziamento.
L'opera comincia con: «Sei grande, Signore, e degno di altissima lode: grande è la tua potenza e incommensurabile la tua sapienza; e vuole celebrarti l'uomo...»: è questa celebrazione che s'intitola Confessioni. Come dialogo tra l'uomo e Dio, le Confessioni impiantano il genere autobiografico tenendolo costantemente nell'interiore: la vita è tutta dentro, e lì resterà in tanti altri autori di autobiografie e di confessioni, da Dante a Petrarca a Goethe a Nietzsche a Sartre. Quando, come in Rousseau, sarà una narrazione esteriore, dei viaggi e dei casi della vita, quei casi saranno però sempre riflessi nella coscienza, come un bosco nel lago.
Come storia di una conversione, il viaggio, quando comincia, è già finito. A rigore, non c'è storia. Agostino parla sempre da già convertito. Il peccato fa orrore, ma sta a monte, di là dell'orizzonte. Il male è stato individuato, e, per quanto possibile, scacciato. Agostino parla del male intellettuale, ma fa sentire insidiosi, molto più di quanto la Chiesa gli abbia mai riconosciuto, i mali del sesso e della mondanità: ha un'inattesa violenza quando parla della potenza dei sogni erotici, e si pone il problema di chi sogna, lo stesso che veglia o un altro, e chi prevale e perché. Nell'attimo della conversione, quando sente la voce che lo incita: «Tolle, lege», e prende il libro che ha a portata di mano e legge il primo passo che gli càpita sotto gli occhi, incontra l'ammonimento: «Non più lascivie».
L' Agostino delle Confessioni è molto paolino, e lo dice: «Ho incontrato in Paolo una verità che mette paura». A differenza di tutti i seguaci, Agostino tiene il dialogo sempre tra prima e seconda persona, tra Io e Tu (Dio), ma parla al Tu affinché i tutti ascoltino, è all'umanità che si rivolge, ne ha coscienza e lo dice: «Non a te, ma alla tua presenza io lo racconto al genere umano, al genere che è mio. E a che scopo? Perché io stesso e chiunque mi legge consideriamo da che profondità debba levarsi a te il nostro grido».
Considerandolo «suo», Lutero non ne ha circoscritto la diffusione e la validità, le ha semplicemente rinnovate ed estese nel tempo e nello spazio.

fercamon@libero.it
Agostino Confessioni intr. di Stefano Pittaluga saggio, trad. e commento di Roberta De Monticelli pp. 528, e4,90 in edicola con La Stampa martedì 19 ottobre