Corriere della Sera 16.11.04
Lettere al Corriere
risponde Paolo Mieli
Bertinotti tra chi espropria e chi inneggia a Nassiriya
La settimana scorsa gli espropri proletari. Adesso leggo in un articolo di Marisa Fumagalli che sabato scorso a Venezia i no global di Luca Casarini, per protestare contro l’assemblea parlamentare della Nato che si riuniva al Lido, hanno lanciato fumogeni e barattoli di vernice rossa contro il pubblico che affluiva alla Fenice per assistere alla prima della «Traviata» diretta da Lorin Maazel. Lo stesso giorno a Roma in un corteo a favore della causa palestinese si è inneggiato alla «resistenza di Falluja» ed è stato scandito lo slogan «Dieci, cento, mille Nassiriya». Al termine della manifestazione nella capitale, poi, è stato impedito di parlare persino a un rappresentante di Rifondazione comunista, Gennaro Migliore.
Riccardo Nuzzi, Milano
Caro signor Nuzzi, in una parte della lettera che ho dovuto tagliare per ragioni di spazio, lei sostiene che questi episodi (tra i quali cita come forma di esproprio dei no global il conto non pagato all’Harry’s Bar di Venezia che ha attirato l’attenzione anche del lettore Maurizio Tempesti) la inducono a prefigurare una nuova cupa stagione di violenza. Io - devo essere sincero - non vedo all’orizzonte un ritorno, neanche in scala ridotta, agli anni Settanta. Mi sembra di assistere piuttosto a un tentativo da parte della nuova sinistra extraparlamentare di mettere in difficoltà il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti che da circa un anno è impegnato in una battaglia per imporre alla sua area politica il tema della non violenza (nel merito suggerisco la lettura del bel libro «Nonviolenza» dello stesso Bertinotti, Lidia Menapace e Marco Revelli, edito da Fazi).
Fu più o meno quando Bertinotti iniziò a far sua la lezione di Gandhi che nell’estrema sinistra echeggiò la prima volta quello slogan che dava valenza positiva al tragico accaduto di Nassiriya. A metà novembre di un anno fa, dopo la strage dei carabinieri in Iraq, a San Paolo d’Enza, nei pressi di Reggio Emilia, un gruppo di animalisti ha assediato un allevamento; intervennero i carabinieri e fu lì che i manifestanti scandirono per la prima volta quelle cupe parole: «Viva, viva Nassiriya», «Dieci, cento, mille Nassiriya». Dopodiché quel motto sinistro è echeggiato dieci, cento, mille volte. Compreso il giorno in cui cadeva il primo anniversario dell’eccidio.
Quanto ai cosiddetti espropri proletari, al Corriere non è sfuggito che nell’annunciare la manifestazione di Roma in cui sarebbero stati compiuti quei furti di non lieve entità all’ipermercato Panorama (hi-fi, videocamere e altri generi supervoluttuari) e alla libreria Feltrinelli, Liberazione li ha prospettati come «shopsurfing metropolitano» ovvero «azioni di riappropriazione di reddito» per ottenere «sconti massicci su un paniere di beni trasversali, dai saperi ai sapori». E nei giorni successivi - a fronte della condanna di tutta la sinistra o quasi - il deputato di Rifondazione Giovanni Russo Spena, dopo aver ammesso di aver compiuto anche lui in tempi passati quel genere di imprese, ha dichiarato a questo giornale che «naturalmente si tratta di gesti illegali, ma va riscritta la grammatica della legalità, perché alcuni atti illegali hanno come finalità la presa di coscienza di massa». Per poi aggiungere che «la ridistribuzione di beni a chi non ha mezzi è stata una cosa bellissima, un’azione diretta, moderna e innovativa, da ripetere anche; magari, però, organizzandola meglio».
Altrettanto in vena di nostalgia per la propria giovinezza, il direttore di Liberazione , Piero Sansonetti, ha cercato di minimizzare quella che ha definito «la spesa a basso costo dei disobbedienti» ricordando che anche lui a sedici anni iniziò a leggere libri di politica dopo aver infilato sotto un cappotto e non aver pagato alla cassa di una libreria Feltrinelli una copia del «Manifesto del Partito comunista» di Marx e Engels: «Non credo che il mio piccolo furto sia stato un tremendo crimine - ha scritto Sansonetti - negli anni seguenti rubai altri libri, Lenin, Marcuse, Che Guevara, forse anche Stendhal». Con la complicità del direttore della libreria il quale, a suo dire, «faceva finta di non accorgersene».
Ripeto: non penso che episodi del genere segnalino una qualche possibilità che si torni agli anni di piombo. Ma gli spunti di riflessione offerti da Russo Spena e Sansonetti dall’interno di un partito il cui segretario è impegnato a imporre il tema della non violenza mi appaiono assai curiosi. Tanto più che l’aggressione - da lei, caro Nuzzi, opportunamente menzionata - al responsabile esteri di Rifondazione, Gennaro Migliore, ben si inquadra in questo clima. Mi sorge il sospetto che qualcuno da quelle parti si sia distratto rispetto alle difficoltà cui va incontro Fausto Bertinotti.
Paolo Mieli