Da Europa del 13 novembre 2004
Dalle novità del Prado ai programmi di governo
La Spagna scommette sulla cultura
di Simona Maggiorelli
Il Volto e il ritratto. La capacità, anche crudele, di raccontare il vissuto interiore dei regnanti che aveva un maestro come Diego Velàzquez. E la vena di caustica e di schietta denuncia che aveva Goya nel mettere spietatamente su tela i tarli e le bassezze che rodevano dall’interno la famiglia reale. Ma non solo. Nella sezione introduttiva della grande mostra Il ritratto spagnolo da El Greco a Picasso da poco aperta al Prado di Madrid, anche i ritratti celebrativi di Tiziano: con lo sbiadito e giovane Filippo II, reso maestoso a cavallo, da una luccicante armatura e la figlia dell’imperatore Carlo V rappresentata già come una piccola e fastosa regina. E all’opposto ritratti di pitocchi, di persone qualunque, senza nome, ma dalla fortissima penetrazione psicologica, nelle tele scure e pauperiste di Ribera. Frequentando un arco di tempo amplissimo, dalle inquiete rappresentazioni manieriste e tardo cinquecentesche di El Greco, per arrivare ai rivoluzionari ritratti cubisti di Picasso e alle fantasie di Mirò e Gris. E’ un’esplorazione per la prima volta completa e sistematica della ritrattistica spagnola - a cui contribuirono anche maestri italiani, olandesi, e di altri paesi di cui la corte spagnola si fece committente - quella che si squaderna fino al 6 febbraio al Prado. In contemporanea con decine di altre esposizioni dedicate alla pittura spagnola e ad un omaggio a Gauguin ( al Museo Thyssen Bornemisza fino al 9 gennaio). E non si tratta solo di Madrid, dove l’epoca Zapatero si è aperta con una interessantissima mostra dedicata ai monocromi e con retrospettive, appena concluse dedicate a Dalì e Schnabel. Anche Barcellona e molti altri centri “minori” si animano, in questi mesi, di mostre e di iniziative culturali. Mentre i musei più noti e prestigiosi, dal Prado al Reina Sofia appunto, mettono a segno restauri e ampliamenti. (nel complesso del Prado è stato da poco completato il recupero del Casòn del Buen Retiro permettendo l’uscita dai depositi di centinaia di opere dei maestri del Secolo d’oro).
Per quello che riguarda l’arte contemporanea, invece, due curatrici impegnate come Maria De Corral e la più giovane Rosa Martinez (la prima di formazione madrilena e curatrice delle rassegne del Reina Sofia, la seconda più attenta ai nuovi linguaggi), sono state nel frattempo nominate curatrici della prossima edizione della Biennale di Venezia. Due personalità di alto profilo che annunciano di voler portare vento nuovo anche da noi, esportando una visione dell’arte aperta a ciò che succede “fuori dai paesi cosiddetti dominanti”, dice Rosa Martinez e, aggiunge Maria De Corral :“ attenta a quegli artisti che rappresentano una qualche rivoluzione, portata avanti con criteri rigorosi, esplorando l’umano, inseguendo i sentimenti” .
Un rinnovamento, quello che si va dipanando nel mondo delle istituzioni dell’arte con la svolta Zapatero, in cui contano le idee, la valorizzazione dello straordinario patrimonio artistico spagnolo, ma anche la politica di investimenti e scommesse concrete sulla cultura. Dando un’occhiata alle cifre il primo ministro Josè Luis Rodriguez Zapatero per il 2005 ha destinato al ministero della Cultura 607, 74 milioni di euro, facendone, uno dei più foraggiati ministeri del governo spagnolo. In pratica alla cultura va il 9,6 per cento in più rispetto a quanto stabiliva il governo Aznar. Con una suddivisione significativa: il 40 per cento in più di investimenti sono a beneficio del patrimonio artistico e dei musei, il 19 per cento va all’incentivazione della lettura, il 18 per cento in più alle arti sceniche, dalla musica, alla danza, al teatro. E ancora il 12 per cento in più al cinema spagnolo e un 5 per cento alla cooperazione interculturale e alla diffusione della cultura ispanica, attraverso manifestazioni come quelle per il quarto centenario dalla pubblicazione del Don Chisciotte di Cervantes che si festeggerà l’anno venturo. Una bella virata, insomma, dall’epoca Aznar. Articolata e ampia, a partire dal deciso tentativo di separare sempre di più Chiesa e Stato laico, dalle battaglie per i diritti civili, ma che tocca anche, concretamente, la gestione e lo sfruttamento intelligente del patrimonio culturale spagnolo, incoraggiato anche da una recente legge che destina alla cultura l’uno per cento di ogni stanziamento del governo per opere pubbliche. Investimenti che saranno decisi da una commissione interministeriale. Quanto di più distante, quasi inutile dirlo, da quanto immagina il governo Berlusconi con la sua politica grandi cantiere, grandi opere. Ma tant’è. Quanto a progetti di decentramento poi, la ministra della Cultura Carmen Calvo ha qualche settimana fa annunciato di voler rinnovare, entro questa legislatura, la rete statale dei musei spagnoli trasferendone le competenze alle diciannove comunità autonome, il corrispettivo, più o meno delle nostre regioni. Infine, a rendere ancora più interessante il quadro, a breve, la stessa Calvo ha detto di voler varare una “legge di eccezione culturale”, per aiutare “la cultura - così hanno riportato le agenzie - a entrare nel mercato ma non come un comune oggetto di consumo”.
(Con la collaborazione di Anita Clara)
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