mercoledì 29 dicembre 2004

una ricerca psicologica a Cambridge USA
«come nasce la conoscenza, come inizia il pensiero?»

La Stampa TuttoScienze 29.12.04
PSICOLOGIA E CONOSCENZA RICERCA USA
Anche i bebè sanno contare
GLI ULTIMI TEST NEGLI ASILI DI CAMBRIDGE SMENTISCONO PIAGET SECONDO CUI I BIMBI PIU’ PICCOLI NON HANNO VERE CONSAPEVOLEZZE
di Ida Molinari

COME nasce la conoscenza, come inizia il pensiero? Se lo domandano in tanti, ma Elizabeth Spelke, illustre psicologa dell'università di Harvard, ha deciso di puntare sulle capacità aritmetiche dei bambini che ancora non parlano e si è focalizzata su quello che essi sanno dei numeri e su come lo hanno imparato. Un bambino che non parla pensa in termini aritmetici? Per rispondere la ricercatrice ha inventato un sistema d'indagine che le è valso la nomina di «America's best in science» del settimanale «Time». Sulla scia del suo metodo è nata una scuola in cui oggi lavorano molti ricercatori in collaborazione con gli asili nido di Cambridge, la città presso Boston in cui si trova la prestigiosa università. Per studiare i bambini ne occorre un ampio campionario con genitori che accettino di partecipare ad un nuovo esperimento. Più che nuovo proprio innovativo, visto che fino a poco tempo fa tutti credevano nell'insegnamento di Jean Piaget, secondo cui i bambini inferiori ad un anno non hanno vere consapevolezze. Ora anche gli studenti sanno che Piaget sbagliava. E lo sanno soprattutto grazie al lavoro di Harvard. Dato che i piccoli non parlano, la Spelke ha inventato esperimenti "cattura attenzione" per capire se il bambino è consapevole del mondo che lo circonda e sa quello che deve aspettarsi. I risultati sono stati straordinari. Dice la studiosa: "Siamo rimasti ammirati dalle capacità dei bambini piccolissimi in aritmetica. Devo anche dire che siamo rimasti stupiti dai risultati analoghi che hanno raggiunto i nostri colleghi che lavorano con gli animali." La Spelke presenta ad un bebè un oggetto, magari una palla rossa. Quindi la nasconde in una scatola. Gli mette sotto gli occhi un'altra palla, eventualmente gialla, e la nasconde nella stessa scatola. Porge al bambino la scatola senza che lui ne veda l'interno. Immancabilmente il piccolo metterà la mano nella scatola due volte: ha solo 5 mesi e nel suo cervello le connessioni nervose non sono ancora complete, ma lui già ricorda che nella scatola le palle sono due. Dunque lui sa che uno più uno fa due. Quantomeno sa che ci sono delle leggi matematiche che governano il mondo. I numeri sembrano proprio essere innati nella natura umana. Ed ecco una seconda sperimentazione: i ricercatori siedono un bambino davanti a un teatrino dove c'è un burattino, aggiungono un secondo burattino, calano il siparietto e lo rialzano. Se i burattini sono ancora due il bambino non batte ciglio, se ne è stato aggiunto un terzo il bambino guarda esterrefatto: ma come, uno più uno fa due, non fa tre! Allora è proprio vero: i bambini nascono con una capacità matematica innata. La studiosa è certa che sì. A quel punto si accorge con un certo turbamento che successi simili li ottengono colleghi che lavorano con i topi o con le scimmie. Prosegue le sue indagini con piccoli di 3-4 anni e si rende conto che è la parola a cambiare tutto. Chi non ha avvicinato un bambino di due, tre anni che, felice, impara a contare, uno, due, tre...? Ebbene, il momento in cui lui impara che i numeri hanno un nome e dei simboli, è anche il momento in cui compie il gran salto in avanti nelle sue abilità aritmetiche, attiva un meccanismo mentale superiore, come nessun animale potrà mai. Così conclude la Spelke. «D'altro canto chi fa esperimenti con gli adulti (con i piccoli non è permesso) servendosi di mezzi diagnostici ad immagini vede che parti del cervello che controllano il linguaggio si attivano anche mentre l'adulto è impegnato in calcoli aritmetici». E' dunque il linguaggio che fa la differenza fra noi e gli altri animali? Non sono stati quelli di Harvard i primi a dirlo, ma certo il loro lavoro ne è una prova potente. «Il mio obiettivo finale è capire come nasce la conoscenza umana. E sono certa che ci riusciremo a mano a mano che impareremo a far convergere molti saperi: la psicologia, la linguistica, la scienza dei computer, l'antropologia, le neuroscienze».