Cina, il regime mette la sordina sulla scomparsa del leader
Il riformista Zhao Ziyang fa paura anche da morto
Il «Quotidiano del Popolo» ha dato la notizia in sette righe. Ma è tornato a chiamarlo «compagno»
da Fabio Cavalera, corrispondente da Pechino
PECHINO - La morte di Zhao Ziyang, l'anziano leader del partito comunista cinese che appoggiò gli studenti di piazza Tienanmen, che li implorò con il megafono di lasciare la piazza per evitare la reazione militare e tentò di aprire un varco alle riforme politiche in un sistema autoritario, pone al nuovo corso della modernizzazione un dilemma serio.
Da una parte commemorare la figura e rendere così giustizia - sia pure tardiva - a un uomo che fu un convinto e coraggioso innovatore significherebbe per Hu Jintao - il presidente dello Stato e segretario del partito - accelerare lungo la strada di una lenta e graduale liberalizzazione pur con la consapevolezza di correre qualche rischio legato ai delicati equilibri all'interno del gruppo dirigente. Per altro verso lasciare esaurire il corso dei sentimenti che stanno scuotendo il movimento democratico di opposizione, nonché tacere il ruolo importante svolto dall'ottantacinquenne ex delfino di Deng Xiaoping, potrebbe trasformare la vicenda in un caso e deludere quella parte della società - specie accademica - interessata al processo di trasformazione costituzionale oltre che economico.
I primi segnali indicano che la cerchia di comando del partito il problema anziché negarlo se lo è posto. Le televisioni ancora tacciono ma, al contrario, tanto l'agenzia ufficiale Nuova Cina quanto il Quotidiano del Popolo hanno rilanciato (in sette righe soltanto) la notizia del decesso avvenuto per malattia cardiaca. Ma ciò che conta è il titolo dato alla stessa: «Il compagno Zhao Ziyang è morto».
Dopo avere impedito all'ex segretario del partito comunista di uscire dalla sua casa per la bellezza di sedici anni, dopo averlo emarginato e allontanato dal partito, la circostanza di richiamarlo «compagno» non è da sottovalutare. Come non è da sottovalutare un secondo particolare. Sul sito Internet del Quotidiano del Popolo sono state pubblicate alcune lettere. Quella ad esempio di Chen Denhong che ha scritto: «Sette righe? Voglio dire: è tutto per un uomo così? Una parodia». O quelle di chi afferma: «Credo che i padri comunisti siano imbarazzati... negare la morte di Zhao non cancellerebbe la sua saggezza». O le parole di un anonimo che butta lì: «Un compagno? Non sapevo che fosse un comunista...».
In Cina i cambiamenti nella sfera politica, quei cambiamenti che già a metà degli anni Ottanta Zhao Ziyang con grande intuito aveva sperato di introdurre, sono molto lenti e si manifestano in modi ancora contraddittori. C'è una fascia della società politica e intellettuale che ha ereditato i valori e lo spirito del movimento del 1989. Rimasti per anni in silenzio, questi ex studenti e riformatori sono un po' alla volta rientrati nel circuito delle discussioni. Il loro punto di riferimento ideale era proprio Zhao Ziyang. «Un eroe della Cina», ha ripetuto ieri uno di essi. Bao Tang, consigliere dello stesso Zhao e pure lui agli arresti domiciliari, è tornato a parlare con una dichiarazione scritta: «La persecuzione di Zhao è la persecuzione di un leader che ha portato avanti le riforme per contrastare il governo del partito unico».
Se all'apparenza il mondo della politica cinese appare quasi immobile in verità dietro le quinte c'è un dibattito che coinvolge una parte delle università e dei circoli culturali. E' forse la preoccupazione di controllare questo dibattito, di non trasformarlo in una scintilla al di fuori di ogni binario, che sta pesando sul dilemma al quale è chiamato per una risposta il presidente e segretario Hu Jintao: commemorare Zhao Ziyang e riconoscere che fu vittima del sistema o dimenticarlo confidando sull’indifferenza della nuova classe media cinese più propensa ad agitarsi per difendere i valori individuali del consumo e del profitto che non a scoprire gli ideali della democrazia. Un test davvero importante per i modernizzatori della quarta generazione postmaoista.
«SEGNALAZIONI» è il titolo della testata indipendente di Fulvio Iannaco che - registrata già nel 2001 - ha ormai compiuto il diciottesimo anno della propria continua ricerca e resistenza.
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