martedì 18 gennaio 2005

Dna e personalità

Il Sole 24 Ore 18.1.05
Si moltiplicano gli annunci di correlazioni tra geni e personalità, ma il fattore-ambiente resta determinante
IL DNA INFLUISCE POCO SUL CARATTERE
Non esiste una "genetica dei sentimenti": le scoperte servono solo a cercare terapie più efficaci per le malattie mentali
Agnese Codignola


La timidezza. L'aggressività e la violenza. Il comportamento antisociale. L'istinto materno. La fedeltà nei rapporti sentimentali. Il senso di colpa. La capacità di apprendere. La stessa intelligenza. E gravi malattie quali i disturbi bipolari, la schizofrenia e la depressione.
Non passa mese senza che venga annunciata una nuova scoperta sulle basi genetiche e fisiologiche delle emozioni, delle malattie mentali e, in generale, delle funzioni cerebrali superiori, al punto che la mappa attuale delle basi molecolari e del comportamento umano è quanto mai articolata e complessa. Ultimo, in ordine di tempo, lo studio di Marco Battaglia del San Raffaele di Milano sulla timidezza, che attribuisce parte della responsabilità di quello che finora era considerato un aspetto del carattere a un gene chiamato Httlpr.
Eppure nessuno, neanche tra i genetisti, è convinto che sia sufficiente una certa sequenza di basi in uno specifico punto del Dna per costituire una personalità in tutta la sua complessità. Lo stesso Battaglia sottolinea: "Scoprire le cause genetiche di un tratto del carattere quale la timidezza aiuta ad avere strumenti diagnostici più accurati e a impostare una terapia più efficace - il più delle volte educative e comportamentale - ma non potrà mai costituire, di per sé, un elemento necessario e sufficiente per inquadrare o curare un disagio o una patologia.
Ogni aspetto della personalità è infatti il risultato di un certo assetto genetico, che conferisce la predisposizione (in gergo la suscettabilità) a un tipo di carattere. Ma il fatto che quel carattere si sviluppi o meno dipende in gran parte dall'ambiente e solo la combinazione di entrambi i fattori determina la personalità di ciascuno".
Di più: "Ciò che sta emergendo negli ultimi anni - ricorda l'esperto - è che ognuno di questi geni concorre con altri alla regolazione di vari aspetti del carattere e, viceversa, che ogni tratto è determinato da più di un gene. Per questo la sfida, ora, è fornire tutti i tasselli a un quadro che è ancora alquanto frammentato, e poi denifire il ruolo dell'ambiente in tutto ciò. E' infatti ormai dimostrato che le situazioni ambientali - e tra questi una buona psicoterapia - influiscono in modo significativo sull'espressione genica".
La pensa in modo analogo Michele Tansella, psichiatra dell'Università di Verona e direttore del Centro dell'Oms sulle malattie mentali della stessa città scaligera, che ricorda: "Ogni conoscenza genetica arricchisce il patrimonio a disposizione per affrontare al meglio il disagio e le patologie mentali.
Non bisogna tuttavia correre il rischio di arrivare a eccessi opposti a quelli del passato: se infatti in gran parte del secolo scorso ogni responsabilità era attribuita ad aspetti psicologici, oggi c'è chi interpreta tutto in chiave genetica. Al contrario, tanto i tratti caratteriali quanto le vere e proprie malattie mentali sono condizioni tipicamente multifattoriale, e su di esse intervengono elementi predisponenti, soprattutto genetici, fattori scatenanti e altri di mantenimento. Il tutto è strettamente intrecciato, come dimostra il fatto che diversi geni possono essere o meno attivati a seconda delle condizioni ambientali, tra le quali va annoverata anche la psicoterapia".
Un'altra conferma viene dallo studio delle malattie mentali gravi quali la schizofrenia. Ricorda infatti Tansella: "Geni collegati alla schizofrenia sono stati rintracciati in ben 12 cromosomi diversi. Eppure il Dna rende conto di non più del 50 per cento della patologia, come mostrano chiaramente gli studi sui gemelli. Dalla genetica ci aspettiamo quindi soprattutto un aiuto per la definizione delle dosi e del tipo di farmaco più indicato per ogni paziente e un supporto all'impostazione della migliore psicoterapia in una certa situazione".
Del resto James Watson, scopritore della struttura del Dna insieme a Francis Crick nel 1953, nel suo libro Dna ha scritto: "Il futuro ci promette un'accurata dissezione genetica della personalità ed è difficile pensare che nella contrapposizione tra eredità e ambiente l'ago della bilancia non penderà sempre più in direzione della prima. Ma questo pensiero, per alcuni terrificante, significa solo comprendere la base biologica su cui costantemente agisce l'ambiente insieme a tutte quelle misure che noi, come società e come individui, dobbiamo prendere per contribuire al meglio al processo".