GAD/ BERTINOTTI: L'ALLEANZA NON HA ALTERNATIVE
Sull'Unità di oggi
"Non è importante entrare al Governo, ma battere Berlusconi"
Roma, 10 gen. (Apcom) - «L'Alleanza non ha alternative». Fausto Bertinotti è irremovibile: l'unione tra il centrosinistra e Rifondazione comunista è nel futuro, anche se costellato di incertezze. Per dire ciò, il segreatrio Prc sceglie come "tribuna" l'Unità, dalle cui pagine sottolinea come «l'obiettivo principale è mandare a casa questo esecutivo, espressione in Italia della crisi di civilità prodotta dalla rivoluzione capitalistica». Secondo Bertinotti «una forza di sinistra o fa questo oppure va in pensione».
«Una sola cosa non esiste - afferma a proposito dei rapporti con il centrosinistra - e cioé la desistenza. Oggi è impraticabile e quindi bisogna lavorare per costruire un programma comune» nella consapevolezza che «qualunque sia la collocazione che il Prc sceglie rispetto al governo, i suoi voti sono determinanti per battere Berlusconi». Quanto a Romano Prodi, prosegue, «è il leader dell'Alleanza, ma se si fanno le primarie io mi candido ed è naturale che vorrò guadagnare più consensi possibili».
In queste settimane Bertinotti, oltre alla Gad, è impegnato anche sul tavolo interno e nel corso dell'intervista ne dà ampio conto: il congrsso di Rifondazione è alle porte e il segretario deve guardarsi dalle opposizioni interne, particolarmente agguerrite sul no all'adesione alla Gad. «Vorrei che fosse chiaro che il congresso decide con il 51%. È nella sua podestà, altrimenti si toglie legittimità, e valore al voto degli iscritti (...) io non sono un segretario di sintesi, quella della sintesi è una categoria che non mi appartiene. Con la maggioranza si governa il partito».
copyright @ 2005 APCOM
L'Unità 10.1.05
"L'ALLEANZA NON HA ALTERNATIVE"
Bertinotti replica alla minoranza Rc: «Non è importante entrare in un futuro governo, decisivo è battere Berlusconi»
Simone Collini
ROMA - Onorevole Bertinotti, al congresso di Rifondazione comunista sono state presentate quattro mozioni alternative alla sua, e tutte sono contrarie all'adesione del vostro partito all'Alleanza e all'entrata in un eventuale governo di centrosinistra. La cosa non la preoccupa?
«Intanto, ilcentro del congresso non è la questione del governo. Con questo appuntamento si porta a compimento la svolta attuata con la scelta della collocazione nei movimenti. E' la rifondazione di un pensiero e di una pratica comune il punto fondamentale. A lungo abbiamo inseguito un'uscita da sinistra dalla crisi del movimento operaio, che ora non casualmente ha portato all'accumulazione di elementi di innovazione che vanno dalla rottura con lo stalinismo fino alla scelta della nonviolenza».
Però nelle discussioni interne al partito l'adesione all'Alleanza ha finito per prendere il sopravvento.
«La crisi profonda che la politica vive in Europa, la vera e propria cris idi civiltà che ha prodotto questa rivoluzione capitalistica, in Italia è data dalla presenza del governo Berlusconi. La questione, su questo terreno, è: come si fa a cacciare Berlusconi? Se non si trova una risposta a questa domanda una forza di sinistra può anche andare in pensione, perché non intercetta la domanda fondamentale che viene dai popoli della sinistra».
E la risposta quale sarebbe?
«Costruire un'alternativa di governo, ovviamente».
Il presidente dei senatori Prc Luigi Malabarba, primo firmatario della mozione numero 4, sostiene che non sarebbe comunque un governo di alternativa, e che quindi Rifondazione comunista non ne dovrebbe fare parte.
«La costruzione dell'Alleanza democratica non può essere evitata se non si vuole aprire una crisi di fondo con la domanda che viene da tutto il popolo della sinistra. Le obiezioni mi paiono frutto di una resistenza che però non propone un'alternativa politica, se non quella che dice che non si può andare al governo in questa fase dello sviluppo capitalistico».
Nel suo partito c'è chi propone di stringere con il centrosinistra non un'alleanza programmatica e di governo ma un patto politico-elettorale con successivo appoggio esterno del Prc.
«E quale sarebbe il risultato? Quello di battere Berlusconi e poi non determinare le condizioni perché ci sia una maggioranza nel paese per governare? Questa posizione avrebbe come massima ambizione quella di far sì che Rifondazione comunista sia ininfluente o non determinante nella costruzione dell'alternativa, per cui se ne possa fare a meno. Per fortuna siamo invece determinanti, come dicono i numeri».
È un discorso riguardante i voti, quindi le elezioni, non necessariamente il governo.
«Quale che sia la collocazione che Rifondazione comuimista sceglie rispetto al governo, se si decide di contribuire all'alternativa a Berlusconi si deve sapere che i suoi voti sono determinanti. Ora, che siano determinanti dentro al governo o fuori dal governo è irrilevante per qualunque cittadino. Noi diciamo che una sola cosa non esiste: la desistenza. Oggi è impraticabile, e quindi bisogna lavorare per costruire un programma comune».
Allo stato attuale, viste anche le proposte avanzate da Rutelli nei giorni scorsi, vede i margini per la realizzazione di un programma condiviso?
«Il programma condiviso, come diceva un grande rivoluzionario, non è un pranzo di gala, è una lotta politica e sociale, è un processo politico in cui c'è il consenso e il conflitto. Quel che è sicuro già da ora è che per costruirlo bisogna battere delle propensioni neocentriste che ci sono nella coalizione».
La preoccupano?
«Mi preoccupa chi crede che si possa combattere la precarietà, chedovrà essere un obiettivo del governo di coalizione democratica, senza rimuovere la legge 30, la Bossi-Fini e la legge Moratti».
Secondo Malabarba quando si entrerà nel vivo della discussione programmatica verrà alla luce la distanza che vi separa dal centrosinistra e lei sarà costretto a dirottare dall'accordo di governo al patto politico-elettorale.
«Noi stiamo facendo un congresso in cui questo passaggio è nitido. Nel documento della maggioranza proponiamo che se si costruisce l'Alleanza democratica in alternativa a Berlusconi e il programma condiviso, Rifondazione comunista deve far parte a pieno titolo della formazione del governo. Questi sono i due passaggi previsti».
Pensa che riuscirà a guidare fino in fondo il partito in questo processo anche se non otterrà un ampio consenso al congresso?
«Vorrei che fosse chiaro che il congresso decide con il 51%. E' nella sua potestà, altrimenti si toglie legittimità e valore al voto degli iscritti al partito. Garantire che la maggioranza farà vivere la sua linea è un elemento di responsabilità necessaria per dare dignità al voto di ogni iscritto».
All'ultimo comitato politico nazionale la linea della maggioranza ha ottenuto circa il 56% dei consensi. È possibile che cercherà un accordo con le parti della minoranza meno distanti per cercare di portare avanti il processo?
«Io non sono un segretario di sintesi. Quella della sintesi è una categoria che non mi appartiene. Un partito, come ogni organismo democratico, è meglio se riesce ad essere il più unitario e convergente possibile in una scelta. Ma in ogni caso sale la democrazia: si scelgono e si praticano con nettezza delle scelte e ci si espone alla verifica del congresso, che dirà se la linea costruita ha il consenso oppure no. Ma se si supera il 50% vuol dire che il senso ce l'ha, punto, si governa il partito e si porta avanti quella linea».
La costruzione dell'Alleanza non rischia di far slittare la creazione di un'aggregazione di sinistra alternativa, che dite essere vostro obiettivo?
«Nient'affatto, le due cose sono anzi legate, perché il punto è sempre la costruzione di un programma di alternativa. E per spostare a sinistra, per spostare nella direzione della trasformazione l'asse programmatico di questa coalizione c'e bisogno di una soggettività politica con la forza necessaria per compiere questa operazione. E Rifondazione comunista pensa di poter farlo insieme ad altri, dato che in questi anni forze politiche, sociali, culturali, di movimento e di associazione sono andate configurando una significativa capacità di convergenza sugli obiettivi e sui programmi, persino al di là delle collocazioni di partito».
Le difficoltà incontrate da Prodi dal suo rientro in Italia la preoccupano, visto che ha costruito la sua operazione su un'Alleanza guidata da lui?
«Questo è un processo di costruzione di una coalizione, e in questo processo naturalmente c'e il ruolo riconosciuto di Prodi, a meno delle primarie».
Che vuole dire? Prodi è o no, secondo lei, il leader dell'Alleanza?
«Sì, ma se si fanno le primarie io mi candido, ed è naturale che mi proporrò di guadagnare più consensi possibili».
Nel suo partito c'è anche chi non vede di buon occhio la sua candidatura. Il primo firmatario della mozione numero 2, Claudio Grassi, fa notare che le primarie sono proprie del sistema maggioritario e alimentano la personalizzazione della politica, quindi non sono il terreno proprio di Rifondazione comunista.
«Forse che perche siamo proporzionalisti non ci presentiamo alle elezioni con il maggioritario? Le primarie, fosse per noi, non le avremmo fatte. Ma nel momento in cui vengono proposte diventano un terreno di iniziativa politica, al punto che possono anche costituire degli utili elementi per garantire una partecipazione altrimenti impossibile, come dimostra il caso della Puglia. Penso anzi sia giusto procedere su questa strada anche sui temi programmatici, perché l'idea che questa Alleanza faccia della democrazia uno degli elementi di ispirazione generale dei propri comportamenti può diventare una grande opportunità».
"L'ALLEANZA NON HA ALTERNATIVE"
Bertinotti replica alla minoranza Rc: «Non è importante entrare in un futuro governo, decisivo è battere Berlusconi»
Simone Collini
ROMA - Onorevole Bertinotti, al congresso di Rifondazione comunista sono state presentate quattro mozioni alternative alla sua, e tutte sono contrarie all'adesione del vostro partito all'Alleanza e all'entrata in un eventuale governo di centrosinistra. La cosa non la preoccupa?
«Intanto, ilcentro del congresso non è la questione del governo. Con questo appuntamento si porta a compimento la svolta attuata con la scelta della collocazione nei movimenti. E' la rifondazione di un pensiero e di una pratica comune il punto fondamentale. A lungo abbiamo inseguito un'uscita da sinistra dalla crisi del movimento operaio, che ora non casualmente ha portato all'accumulazione di elementi di innovazione che vanno dalla rottura con lo stalinismo fino alla scelta della nonviolenza».
Però nelle discussioni interne al partito l'adesione all'Alleanza ha finito per prendere il sopravvento.
«La crisi profonda che la politica vive in Europa, la vera e propria cris idi civiltà che ha prodotto questa rivoluzione capitalistica, in Italia è data dalla presenza del governo Berlusconi. La questione, su questo terreno, è: come si fa a cacciare Berlusconi? Se non si trova una risposta a questa domanda una forza di sinistra può anche andare in pensione, perché non intercetta la domanda fondamentale che viene dai popoli della sinistra».
E la risposta quale sarebbe?
«Costruire un'alternativa di governo, ovviamente».
Il presidente dei senatori Prc Luigi Malabarba, primo firmatario della mozione numero 4, sostiene che non sarebbe comunque un governo di alternativa, e che quindi Rifondazione comunista non ne dovrebbe fare parte.
«La costruzione dell'Alleanza democratica non può essere evitata se non si vuole aprire una crisi di fondo con la domanda che viene da tutto il popolo della sinistra. Le obiezioni mi paiono frutto di una resistenza che però non propone un'alternativa politica, se non quella che dice che non si può andare al governo in questa fase dello sviluppo capitalistico».
Nel suo partito c'è chi propone di stringere con il centrosinistra non un'alleanza programmatica e di governo ma un patto politico-elettorale con successivo appoggio esterno del Prc.
«E quale sarebbe il risultato? Quello di battere Berlusconi e poi non determinare le condizioni perché ci sia una maggioranza nel paese per governare? Questa posizione avrebbe come massima ambizione quella di far sì che Rifondazione comunista sia ininfluente o non determinante nella costruzione dell'alternativa, per cui se ne possa fare a meno. Per fortuna siamo invece determinanti, come dicono i numeri».
È un discorso riguardante i voti, quindi le elezioni, non necessariamente il governo.
«Quale che sia la collocazione che Rifondazione comuimista sceglie rispetto al governo, se si decide di contribuire all'alternativa a Berlusconi si deve sapere che i suoi voti sono determinanti. Ora, che siano determinanti dentro al governo o fuori dal governo è irrilevante per qualunque cittadino. Noi diciamo che una sola cosa non esiste: la desistenza. Oggi è impraticabile, e quindi bisogna lavorare per costruire un programma comune».
Allo stato attuale, viste anche le proposte avanzate da Rutelli nei giorni scorsi, vede i margini per la realizzazione di un programma condiviso?
«Il programma condiviso, come diceva un grande rivoluzionario, non è un pranzo di gala, è una lotta politica e sociale, è un processo politico in cui c'è il consenso e il conflitto. Quel che è sicuro già da ora è che per costruirlo bisogna battere delle propensioni neocentriste che ci sono nella coalizione».
La preoccupano?
«Mi preoccupa chi crede che si possa combattere la precarietà, chedovrà essere un obiettivo del governo di coalizione democratica, senza rimuovere la legge 30, la Bossi-Fini e la legge Moratti».
Secondo Malabarba quando si entrerà nel vivo della discussione programmatica verrà alla luce la distanza che vi separa dal centrosinistra e lei sarà costretto a dirottare dall'accordo di governo al patto politico-elettorale.
«Noi stiamo facendo un congresso in cui questo passaggio è nitido. Nel documento della maggioranza proponiamo che se si costruisce l'Alleanza democratica in alternativa a Berlusconi e il programma condiviso, Rifondazione comunista deve far parte a pieno titolo della formazione del governo. Questi sono i due passaggi previsti».
Pensa che riuscirà a guidare fino in fondo il partito in questo processo anche se non otterrà un ampio consenso al congresso?
«Vorrei che fosse chiaro che il congresso decide con il 51%. E' nella sua potestà, altrimenti si toglie legittimità e valore al voto degli iscritti al partito. Garantire che la maggioranza farà vivere la sua linea è un elemento di responsabilità necessaria per dare dignità al voto di ogni iscritto».
All'ultimo comitato politico nazionale la linea della maggioranza ha ottenuto circa il 56% dei consensi. È possibile che cercherà un accordo con le parti della minoranza meno distanti per cercare di portare avanti il processo?
«Io non sono un segretario di sintesi. Quella della sintesi è una categoria che non mi appartiene. Un partito, come ogni organismo democratico, è meglio se riesce ad essere il più unitario e convergente possibile in una scelta. Ma in ogni caso sale la democrazia: si scelgono e si praticano con nettezza delle scelte e ci si espone alla verifica del congresso, che dirà se la linea costruita ha il consenso oppure no. Ma se si supera il 50% vuol dire che il senso ce l'ha, punto, si governa il partito e si porta avanti quella linea».
La costruzione dell'Alleanza non rischia di far slittare la creazione di un'aggregazione di sinistra alternativa, che dite essere vostro obiettivo?
«Nient'affatto, le due cose sono anzi legate, perché il punto è sempre la costruzione di un programma di alternativa. E per spostare a sinistra, per spostare nella direzione della trasformazione l'asse programmatico di questa coalizione c'e bisogno di una soggettività politica con la forza necessaria per compiere questa operazione. E Rifondazione comunista pensa di poter farlo insieme ad altri, dato che in questi anni forze politiche, sociali, culturali, di movimento e di associazione sono andate configurando una significativa capacità di convergenza sugli obiettivi e sui programmi, persino al di là delle collocazioni di partito».
Le difficoltà incontrate da Prodi dal suo rientro in Italia la preoccupano, visto che ha costruito la sua operazione su un'Alleanza guidata da lui?
«Questo è un processo di costruzione di una coalizione, e in questo processo naturalmente c'e il ruolo riconosciuto di Prodi, a meno delle primarie».
Che vuole dire? Prodi è o no, secondo lei, il leader dell'Alleanza?
«Sì, ma se si fanno le primarie io mi candido, ed è naturale che mi proporrò di guadagnare più consensi possibili».
Nel suo partito c'è anche chi non vede di buon occhio la sua candidatura. Il primo firmatario della mozione numero 2, Claudio Grassi, fa notare che le primarie sono proprie del sistema maggioritario e alimentano la personalizzazione della politica, quindi non sono il terreno proprio di Rifondazione comunista.
«Forse che perche siamo proporzionalisti non ci presentiamo alle elezioni con il maggioritario? Le primarie, fosse per noi, non le avremmo fatte. Ma nel momento in cui vengono proposte diventano un terreno di iniziativa politica, al punto che possono anche costituire degli utili elementi per garantire una partecipazione altrimenti impossibile, come dimostra il caso della Puglia. Penso anzi sia giusto procedere su questa strada anche sui temi programmatici, perché l'idea che questa Alleanza faccia della democrazia uno degli elementi di ispirazione generale dei propri comportamenti può diventare una grande opportunità».