domenica 6 marzo 2005

Cina

Corriere della Sera 6.3.05
Assemblea del Popolo, il premier avverte: «Attenti, l’economia si surriscalda». E promette: «Riunificazione pacifica con Taiwan»
Cina, il partito vuole «una società armoniosa»
La «quarta generazione al potere» cerca rimedi al crescente divario tra le ricche città e le campagne arretrate
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

PECHINO - La decima assemblea nazionale del popolo, cominciata ieri, consacra i nuovi equilibri ai vertici del potere cinese. Va in pensione la terza generazione e si consolidano i dirigenti - da Hu Jintao il presidente della Repubblica Popolare a Wen Jiabao il premier - che avevano preso il timone due anni e mezzo fa ma in un contesto, allora, di forte incertezza e precarietà.
E’ la vittoria della quarta generazione che spiazza i leader della nomenklatura formatasi dopo la morte di Deng Xiaoping e che lancia diversi obiettivi e diverse parole d’ordine unendo la preoccupazione per i conflitti che si stanno diffondendo nel Paese a una rivalutazione dei toni patriottici, richiamati questi ultimi per deviare le attenzioni dai primi. Al centro vi sono sia la visione di uno sviluppo economico meno aggressivo sia la ricomposizione della gravissima frattura sociale che mette a rischio la stabilità fondata sull’assolutismo del partito comunista.
Se il cavallo di battaglia di Deng Xiaoping era stata la «modernizzazione». Se il cavallo di battaglia di Jiang Zemin erano state le «tre rappresentatività» (il partito comunista che rappresenta la parte avanzata del popolo, della cultura, delle forze produttive). Il cavallo di battaglia di Hu Jintao e Wen Jiabao è ora la «costruzione di una società armoniosa» che significa una distribuzione più equa delle risorse, una frenata degli investimenti nei settori a più alto rischio di speculazione affiancata da una accelerazione dei redditi e dei consumi. Un «matrimonio» di convenienza fra Marx e Keynes, fra le teorie del socialismo «con le caratteristiche cinesi» e la teoria liberale di Keynes.
Oggi gli assetti istituzionali della Cina diventano più chiari. Poco alla volta - ma la macchina si è da settimane messa in moto - si trasferiranno a livello provinciale, distrettuale, municipale. Il cambiamento sarà profondo. Ciò non basta però ad allontanare i molti dubbi che toccano i contenuti della politica avviata dalla quarta generazione. Innanzitutto ci sono le ombre che accompagnano il ritmo di crescita della economia. Il quale resta elevatissimo (più 9,5% del Pil nel 2004, più 8% programmato per il 2005 con un’inflazione al 4%) ma che presenta eccessivi surriscaldamenti nel settore immobiliare e creditizio-bancario e che, se non governato dagli strumenti monetari e fiscali, rischia di aggravare le profonde disuguaglianze fra i nuovi ricchi delle aree urbane e i contadini (reddito pro capite di 355 dollari all’anno) delle zone rurali, ancora la maggioranza nel Paese. Incognite che sconfinano dalla politica economica e si allargano fino a comprendere la reale disponibilità del nuovo corso alle aperture di politica interna e al riconoscimento reale delle libertà democratiche. A parole ciò avviene (Wen Jiabao ha promesso un allargamento dei processi democratici ai livelli più bassi dell’amministrazioni) ma nei fatti le resistenze sono enormi. Semmai, sembrano riemergere richiami nazionalisti. E la prossima approvazione della legge antisecessione che consentirà l'intervento armato qualora Taiwan proclamasse l'indipendenza dalla «madrepatria», così come il previsto incremento del 12,5% delle spese militari, va proprio in questa direzione. Un’accentuazione che secondo alcuni settori liberal del regime nasconderebbe dietro al richiamo patriottico, diffuso fra tutti i cinesi, la preoccupazione per la protesta contro le diramazioni locali del partito e dello Stato.
Il discorso di Wen Jiabao alla Assemblea del Popolo, l'organo legislativo in seduta plenaria, segnala che gli spazi della vecchia nomenklatura si sono definitivamente ristretti. Jiang Zemin, l’ex numero uno emerso all'indomani del massacro di Tienanmen, l’uomo che dal 1990 al 2002 ha accelerato la spinta alla deregulation liberista, il Ronald Reagan della Cina, esce di scena. Ha chiesto di lasciare la commissione militare, uno dei posti chiave, quello che dà il controllo sulle forze armate. Si tratta di una formalità, già programmata (al suo posto andrà Hu Jintao che così sommerà le tre cariche più importanti di presidente, segretario comunista e capo dell’esercito). Ciò che più conta sono sia la centralità della scena all’interno della Assemblea del Popolo (Hu Jintao in mezzo alla tribuna al suo fianco Wen Jiabao e Wu Bangguo il presidente del Congresso del Popolo) sia la circostanza che mai una volta nella relazione sia stato citato il settantottenne Jiang Zemin. Segno che il passaggio dal terza alla quarta generazione si è davvero compiuto. La quarta generazione ha ora davanti la sfida più difficile. Conquistato il controllo del partito e dello Stato deve conquistare il Paese.