domenica 6 marzo 2005

l'OMS e le conseguenze dello tsunami

tempomedico.it
Tempo Medico n. 789 - 6 marzo 2005
L'onda che ha travolto la salute mentale
Benedetto Saraceno illustra le attività dell'OMS per le popolazioni colpite
di Anna Piseri

26 dicembre 2004, un terremoto di magnitudo 9 ha origine al largo dell'isola di Sumatra, nell'Oceano Indiano. Lo tsunami che ne deriva si abbatte, oltre che sulle coste dell'Indonesia, soprattutto su quelle di Sri Lanka, Maldive, Thailandia, India e Myanmar. Ha proporzioni devastanti: le vittime sono oltre 200.000 e le stime dell'Organizzazione mondiale dalla sanità parlano di almeno 5 milioni persone colpite.
L'accesso all'acqua potabile, la cura dei feriti, la prevenzione della diffusione di malattie infettive e parassitarie sono i principali problemi sanitari urgenti da affrontare. Ma poiché secondo la definizione stessa dell'OMS "la salute è uno stato di benessere fisico, mentale e sociale", le ferite alla salute mentale dei moltissimi esseri umani colpiti dallo tsunami sono altrettanto preoccupanti. Si tratta di persone che hanno subito, in un unico momento, traumi profondi come la perdita di tante persone care o la paura di vedere la propria vita in pericolo. Dei 67 milioni di dollari stanziati dall'OMS per attivare programmi nei paesi colpiti dallo tsunami, circa 3 milioni saranno dedicati alla cura della salute mentale. Nel mese di gennaio l'Organizzazione stessa ha messo in atto un programma di valutazione sul posto, per stabilire quali interventi debbano essere attivati. L'indagine ha tenuto conto delle linee guida già pubblicate sulla salute mentale in situazioni d'emergenza, quali catastrofi naturali o conflitti, ed è stata richiesta dai Ministeri della sanità di tre dei paesi colpiti dallo tsunami: Indonesia, Sri Lanka e Maldive.
In questo contesto Benedetto Saraceno, direttore dei programmi per la salute mentale e l'abuso di sostanze dell'OMS, si è recato a Sumatra, in Indonesia. Tempo Medico ne ha raccolto la testimonianza.
Quali effetti sulla salute mentale può produrre un evento come lo tsunami del 26 dicembre scorso? Che consistenza hanno nella popolazione?
In base alle conseguenze sulla salute mentale, la popolazione dei paesi colpiti può essere divisa in due gruppi di persone. Il primo, meno numeroso, comprende i casi più gravi: persone affette da psicosi o da gravi forme di depressione e di ansia, per esempio. Queste persone si possono definire "nuovi pazienti psichiatrici" e vanno a incrementare l'epidemiologia di base per patologie di questo tipo. In casi di grave trauma come questo, l'aumento della morbilità psichiatrica può essere valutata intorno al 5-6 per cento.
Il secondo gruppo è molto più numeroso, perché potrebbe rappresentare il 40 per cento della popolazione colpita dal maremoto. Comprende tutte quelle persone che potrebbero manifestare disturbi che sono definiti di natura psicosociale.
Quali sono gli interventi previsti per i casi più gravi?
Tutte le persone con disturbi psichiatrici, indotti o meno da un evento disastroso, necessitano di cure di base per la salute mentale che dovrebbero essere disponibili all'interno di strutture per la salute generale. L'OMS, in collaborazione con i Ministeri della salute dei paesi coinvolti, si sta adoperando per lo sviluppo delle strutture locali. Il piano prevede l'individuazione nelle zone interessate di professionisti che possano coordinare l'attività di formazione di personale medico, infermieristico o di operatori sanitari generici. Bisogna tenere presente che l'OMS opera in paesi dove le strutture sanitarie sono del tutto inadeguate. Per comprendere la gravità del problema basta considerare il caso del luogo che ho appena visitato personalmente: prima del maremoto nella regione di Banda Aceh, abitata da 4 milioni di persone, vi era un unico ospedale psichiatrico, con cento posti letto e due soli psichiatri in attività.
E per le tante persone che si trovano ad affrontare disagi di natura psicosociale?
In questo caso è necessario soprattutto favorire i legami all'interno della comunità: fare in modo che i bambini possano al più presto riprendere la scuola, organizzare spazi per la socializzazione, favorire la partecipazione religiosa laddove era presente. Insomma, fare in modo che la vita sociale riprenda il più rapidamente possibile, lavorando con le strutture scolastiche esistenti e con le risorse umane presenti nella comunità, attraverso una profonda comprensione del contesto socioculturale. In questo caso l'OMS fornisce la propria consulenza, ma non si occupa di coordinare alcuna attività che non sia strettamente connessa con il settore sanitario.
Un problema che si sta manifestando a questo proposito è quello degli interventi delle organizzazioni non governative: alcune offrono servizi di tutti i tipi, dal centro di ascolto alle terapie psicologiche. Molto spesso a svolgere queste attività sono persone che a malapena parlano l'inglese e che sicuramente non parlano le lingue locali. Non conoscono le diverse culture, agiscono senza coordinamento, senza supervisione e soprattutto escludendo qualsiasi integrazione con le strutture del posto. Questo tipo d'intervento è quello che alla lunga può creare più danni alle popolazione; recandomi in Indonesia, ho potuto constatare personalmente come la comunità di Banda Aceh sia sempre più scontenta di non essere ascoltata.
Dunque il fenomeno della solidarietà mondiale può paradossalmente interferire in modo sfavorevole con le attività dell'Organizzazione mondiale della sanità?
La differenza fondamentale tra gli interventi previsti dall'OMS e quelli delle organizzazioni non governative è che i primi sono volti a potenziare le strutture locali esistenti, i secondi a portare aiuti dall'esterno. La logica dell'intervento preconfezionato può essere utile nei primi giorni, quando è necessario spostare e seppellire i cadaveri o approvvigionare d'acqua e cibo milioni di persone in condizioni di emergenza. Dopo più di un mese dall'evento è fondamentale che la popolazione locale si assuma il compito della ricostruzione, secondo una logica non coloniale.