mercoledì 16 marzo 2005

Vattimo è il diavolo?

La Stampa 16 Marzo 2005
A SAN GIOVANNI IN FIORE OMELIE CONTRO IL FILOSOFO. E LUI: «SONO L’ANTICRISTO DI GIOACCHINO?»
E il prete disse «Vattimo è un diavolo»
Jacopo Iacoboni

C’È di mezzo: Gioacchino da Fiore, il millenarismo, un filosofo e il diavolo. È ovvio, siamo nel 2005.
A San Giovanni in Fiore, paese della Calabria in cui nacque il grande mistico cistercense, si candida come sindaco il filosofo Gianni Vattimo, e questo è stranoto. La sua candidatura, esterna ai poli che hanno puntato su altri nomi, è stata invocata da un gruppo di simpaticissimi ventenni, ragazzi col mito di Peppino Impastato che vorrebbero far qualcosa per smuovere le acque abbastanza stagnanti del paesino meridionale. Quello che non tutti sanno è che in quell’amabile locus amoenus piazzato nel mezzo della Sila, un po’ di preti locali stanno montando da qualche tempo una discreta campagna contro l’aspirante-sindaco, troppo «debolista», troppo colto, blasé, sospetto oltretutto di intenti perditori. E si respira l’aria di un’Inquisizione blanda e anche un po’ arruffona, non per questo meno singolare e per certi versi pure preoccupante, se la campagna è condita di accuse dal sapore medievale, per di più predicate dal pulpito ecclesiale: «Giovani, non seguite il diavolo che viene da Torino!».
Il diavolo sarebbe lui, Gianni Vattimo, e a pronunciare la frase è stato, durante affollata messa domenicale, don Emilio Salatino, giusto appunto nell’abbazia che fu il cuore delle esaltate visioni di Gioacchino. Correva il secolo XII, si vede che non tanto è cambiato, da allora. Tanto più se le accuse demoniache non sono affatto isolate. È da un mese che alcuni sacerdoti hanno cominciato ad attaccare Vattimo nelle omelie. Il clou l’ha forse toccato padre Marcellino Vilella: ha definito il filosofo torinese pericoloso per i giovani, indegno e nemico della Chiesa. Il riferimento è stato indiretto, raccontano i ragazzi che sostengono la candidatura del filosofo, cionondimeno inequivocabile. «L’ho ascoltato con mia madre, ero in chiesa», narra Emiliano Morrone, il capofila dei Vattimo boys che hanno anche fondato un giornale on line tutt’altro che ingenuo (www.lavocedifiore.org). «Padre Vilella, partendo dal Vangelo, ha detto che la cultura va bene fino a un certo punto, oltre il quale rappresenta un male sociale. Ha detto che i filosofi promuovono l’ateismo e attaccano Dio». Secondo Morrone, ha anche alluso all’omosessualità, o tempora!, quando ha detto che i suddetti pensatori, «negli ambienti accademici, portano gli studenti alla perdizione». Il sacerdote, fervente giaochimita, ha concluso che Morrone e il suo gruppo sono «giovani formati in buona università ma si sono smarriti frequentando illustri pensatori».
«Libera nos a diabolo!», avrebbe sospirato Gioacchino: ai suoi tardi emuli non è servito però alcun ricorso al latinorum, hanno parlato chiaro, in italiano. I Vattimo boys sono indignati e testimoniano almanaccano citano. Per difendersi contro questo «dogmatismo autoritario», sul loro giornale tirano in ballo il Concilio Vaticano II, Heidegger, e un’«etica in politica» dal sapore weberiano. E in una lettera aperta al vescovo di Cosenza denunciano: «È gravissimo che si faccia campagna elettorale nelle chiese».
Lui, il «diavolo venuto da Torino», ovviamente se la ride. «In fondo anche Gioacchino non è che fosse un progressista fanatico...». È appena stato laggiù, Vattimo, per una tre giorni in cui ha ascoltato commercianti cittadini e studenti, e tutti o quasi l’hanno circondato di attenzioni, «narcisisticamente questo non può che farmi piacere». Sa di essere stato paragonato alla Bestia ma anche i preti, dice, in fondo non sono stati così crudi faccia a faccia con lui. «Un tal padre Eugenio, monaco francescano dell’Abbazia grande, in chiesa ha detto quelle cose ma la sera prima, al ristorante, era con un altro paio di preti e due suore, e tutti hanno ammesso di aver letto con grande interesse i miei libri».
I libri dell’Anticristo: ma anche Gioacchino prefigurando l’avvento dell’Età dello Spirito bollò come tale Federico II, e si sa poi che carriera fece.