Laura e Pietro, della politica e dell’amore
La storia della moglie di Ingrao raccontata dalla figlia Chiara nel libro “Soltanto una vita”
Renzo Cassigoli
FIRENZE Chissà perché, leggendo “Soltanto una vita” (Ballini Castoldi 2005) - il libro in cui Chiara Ingrao ha raccolto la lunga e bellissima esistenza di sua madre, Laura Lombardo Radice - viene in mente l’ultimo verso di “Differenze”, la poesia che Pietro Ingrao ha pubblicato in “Variazioni serali”": «Nessun cielo sarà uno». Credo di averlo capito leggendo l’orgogliosa risposta di Laura alla giornalista che chiedeva se avesse fatto qualche passo “fuori dall’ombra” del marito: «Io passi fuori dall’ombra li ho sempre fatti in prima persona - replicò - non mediata da mio marito, ma dalla mia stessa vita nel Partito Comunista, nel movimento femminile, dalla clandestinità alla lotta antifascista, alla Liberazione».La storia d’Italia vista dagli IngraoFIRENZE “Soltanto una vita” è il titolo del libro in cui Chiara Ingrao ha raccontato la lunga esistenza di sua madre, Laura Lombardo radice, moglie di Pietro Ingrao. Il libro sarà presentato domani pomeriggio a Firenze nel ciclo “leggere per non dimenticare” dalla stessa autrice e dal giornalista, scrittore e critico letterario Bruno Schacherl che arrivò alla clandestinità e alla Resistenza attraverso Romano Bilenchi.
La lettura di un libro è sempre soggettiva, ma quella risposta fa capire meglio come quelle di Laura e di Pietro siano esistenze unite dall’amore e dalla passione politica, eppure, proprio per questo, distinte. In questo libro, quasi un dialogo postumo fra due generazioni di donne che hanno tentato un percorso di libertà per sé stesse e per gli altri, Chiara Ingrao racconta la madre, attraverso le lettere, gli articoli, le interviste, gli appunti che segnano i capitoli, tutti aperti da un “prologo”, fatto di ricordi e di riflessioni, che colloca la testimonianza nel momento storico, politico, o semplicemente di vita, in cui si avevano gli eventi di cui Laura parla.
“Soltanto una vita” sarà presentato domani a “Leggere per non dimenticare” da Rita Guerricchio e da Bruno Schacherl, giornalista, scrittore (ha tradotto Stenghal, Balzac, Proust) critico letterario, che arrivò alla clandestinità e alla resistenza fiorentina, attraverso Romano Bilenchi.
Nel libro Chiara Ingrao ricorda l’incontro avvenuto all'inizio degli anni ‘40 a casa Lombardo Radice, tra il “fiumano” Bruno e Laura la “bellissima cugina” (lo testimonia la foto di copertina) per parte della madre Gemma Harasim.
«Fu Laura - ricorda Bruno - a farmi capire che amare i poeti nuovi, il Novecento di Saba, di Montale, di Ungaretti, sui quali preparavo allora la mia tesi , ma anche di Vittorini e di Bilenchi, piuttosto che la retorica del dannunzianesimo e della falsa romanità, era già ormai un atto politico».
Nel libro, pagina dopo pagina, percorriamo un secolo di storia italiana, europea, dal fascismo all'antifascismo, alla resistenza, alla liberazione e, attraverso un dopoguerra faticoso e difficile, ai giorni vicini a noi quando Laura, che proviene da una grande famiglia di pedagogisti, ormai in pensione non abbandona l’insegnamento, (l’altra grande passione della sua vita) ma entra nelle carceri per portarlo, assieme al teatro, fra i detenuti. Affiorano in queste pagine volti, nomi, conosciuti e sconosciuti, ricordato o dimenticati: Vittorini, Aldo Natoli, Lucio Lombardo Radice, Gianfranco Mattei, Gioacchino Gesmundo (fucilato alle Ardeatine) e Giaime, l'indimenticato amico saltato giovanissimo su una mina, e ancora, Alicata, Jemolo, Visconti.
Ma non sono solo i volti noti o ricordati a riaffiorare. Chiara Ingrao, attraverso la madre riporta a noi figure straordinarie di donne sepolte nella memoria. Irma Bandiera fucilata nel suo vestitino bianco a pallini rossi, Giuditta Levato la contadina calabrese, comunista, uccisa da un massaro mentre rivendicava un lavoro più equo e Teresa Gullace. Ricordate la scena finale di “Roma città aperta” con Anna Magnani uccisa mentre insegue il camion che le porta via il marito? Ebbene quella donna, madre di cinque figli, è esistita davvero si chiamava Teresa Gullace uccisa mentre tentava di passare uno sfilatino al marito arrestato dai fascisti. Nomi e volti di una folla anonima di donne che hanno lottato per il pane e per i loro diritti. Non solo la resistenza armata, ma la resistenza diffusa, l'humus da cui fiorirà la Liberazione, e con essa la Costituzione. Un esercito infinito che Chiara Ingrao disegna con le parole della madre. Non la solita rappresentazione tra il mito e l’oleografia, ma la testimonianza del dolore e della sofferenza di migliaia di madri che fa della Costituzione - spiega Mario Luzi - «non un patto qualsiasi, ma il risultato di un percorso di lotte, di sommosse, delle sofferenze di un intero Paese».
Poi venne il dopoguerra. «Tra il ‘45 e il ‘52, ho avuto quattro figlie. Ho lavorato sempre, ho insegnato. Ho abitato un paio di stanze con tutta la famiglia nella non grande casa materna. Per dieci anni mio marito ha lavorato all’Unità, dormiva dalle 3-4 di notte alle 11 di mattina, se tutto andava bene».
È stata “soltanto una vita” quella di Laura Lombardo Radice, ma così bella e intensa da riempirne un decina.