domenica 10 aprile 2005

neurobiologia:
così il cervello decifra tono, natura e significato delle frasi

Corriere della Sera 10.4.05
Così il cervello decifra le parole
Scoperti due canali uditivi che rivelano tono, natura e significato delle frasi


Il numero di aprile della rivista scientifica «Trends in Neurosciences» contiene una importante conferma che il nostro sistema uditivo assomiglia al nostro sistema visivo più di quanto si potesse sospettare fino a tempi assai recenti. Nina Kraus e Trent Nicol, del laboratorio di neuroscienze dell’udito alla Northwestern University (Evanston, Illinois, negli Stati Uniti), modulando a piacere delle sillabe, in un apparato produttore di suoni linguistici perfettamente realistici, hanno messo in evidenza due distinti segnali che, partendo dalle zone inferiori del cervello (il tronco cerebrale), si ramificano e poi raggiungono i centri superiori (la corteccia uditiva).

FRASE - Immaginate di sentire la frase «Un leone è fuggito dallo zoo», detta dapprima in tono normale da un uomo anziano, quindi pronunciata in tono concitato da una bambina. Ebbene, nel suo complesso, il nostro cervello registra ciascuno di questi due segnali linguistici in modo globale. Nina Kraus e Trent Nicol, però, hanno mostrato che, un attimo prima che essi raggiungano i centri di analisi linguistica, compresa la prima «stazione» superiore, cioè la corteccia uditiva, partono dal profondo del cervello, per ciascun segnale, due treni distinti di impulsi. Uno di questi treni comunica le frequenze dominanti, ci dice, cioè, di chi è la voce (uomo o bambina) e se la voce è piana o eccitata. Il secondo treno ci dice quali sillabe e quali parole sono state dette. Il primo canale, cioè, è sensibile alla fonte e alla sua qualità, il secondo ai filtri. Poco stupisce che il primo risulti essere evolutivamente più antico del secondo, spiegando come mai anche una scimmia identifica prontamente il grido di terrore di un’altra scimmia come diverso dal ruggito del predatore, mentre solo la nostra specie percepisce la differenza tra le parole, per esempio, «detto» e «fatto».

LEGAMENTI - Uniformandosi ai termini già consolidati nella neuropsicologia della visione, questi due canali uditivi sono stati battezzati «cosa» (what) e «dove» (where), benché una migliore nomenclatura, in questo caso, sarebbe «chi come» e «che cosa». Fino dalla metà degli anni Ottanta, il neurobiologo Premio Nobel David Huebel, a Harvard, e la sua collaboratrice Margaret Livingstone avevano ben identificato canali visivi separati, da un lato (quello ventrale del cervello), per colore e forma, dall’altro (quello detto dorsale), per posizione e movimento.

LEGAMENTI - Gli anni successivi hanno visto moltiplicarsi ulteriormente, per divisioni sempre più fini, questi canali, generando il tormentoso problema detto «del legamento» (in inglese binding problem).
Ci si chiede tuttora, in sostanza, coma sia possibile a noi (ma anche a una scimmia) osservare con perfetta armonia un oggetto di forma e colore ben precisi volteggiare in aria, invece di vedere un oggetto incolore e senza forma spostarsi lungo la sua traiettoria e, separatamente, vedere forma e colore di quell’oggetto, altrove, immoti. Per quanto naturale, ovvia e semplice ci possa sembrare l’osservazione di comuni oggetti in movimento, i neurobiologi hanno difficoltà a spiegare come tutte queste diverse sensazioni, veicolate da canali nervosi distinti, con neuroni aventi caratteri anatomici distinti, riescano a «fondersi» (ossia a legarsi tra di loro) in millesime frazioni di secondo, nel nostro cervello.

PROBLEMA - Si conoscono, infatti, rari casi clinici di specifiche lesioni cerebrali che provocano la perdita, oppure l’attenuazione differenziata, dell’una o dell’altra componente visiva. Il daltonismo, tra queste lesioni, è la più diffusa e nota, ma si noti che i daltonici non hanno problemi nel riconoscere le forme. Adesso si presenta un secondo e non meno temibile problema del legamento: il legamento uditivo-linguistico. Anche qui, non c’è alcun problema a riconoscere chi dice cosa, ma non si sa ancora bene come avvenga la fusione dei due segnali.

CASI - Anche qui, alcuni rari e interessanti casi di lesioni cerebrali corticali mostrano che un individuo può perdere la capacità di riconoscere le parole, ma non il tono della voce, o l’opposto (usualmente accompagnato da un disturbo nella percezione musicale, detto amusia). Nell’articolo appena pubblicato su «Trends in Neurosciences», in conclusione, si fa presente che questa scoperta di segnali sotto-corticali distinti e molto precoci può aiutarci a meglio capire i fattori responsabili della perdita progressiva e selettiva dell’udito negli anziani e le cause di certi tipi di sordità.
Capiremo anche meglio l’elaborazione cerebrale e mentale della parola e della musica e, forse, almeno in modo indiretto, come funziona in genere un sistema percettivo.