mercoledì 18 maggio 2005

Ingmar Bergman

La Stampa 18 Maggio 2005
DOCUMENTARIO SUL REGISTA
Bergman in fuga dai demoni
Alessandra Levantesi

CANNES. Nell'isola brulla battuta dal vento del Baltico, a poca distanza dal mare, sorge seminascosto un cottage a un piano lungo 56 metri. Lì abita in completa solitudine un uomo di 86 anni, conducendo un'esistenza regolata da rigorose abitudini senza le quali si lascerebbe inghiottire dal disordine e dal caos: la passeggiata mattutina, tre ore al tavolino a scrivere, tre ore pomeridiane nella saletta di proiezione, una vecchia stalla riattata. L'isola è Faro e l'anziano signore è uno dei più geniali artisti del Novecento, come ce lo presenta il documentario «Ingmar Bergman Complete» realizzato dalla connazionale Marie Nyrerod. Una giornalista che ha avuto il raro privilegio di trascorrere una settimana in compagnia dello schivo Maestro, accedendo ai suoi materiali d'archivio.
Divisi in tre parti dedicate rispettivamente al cinema, al teatro e a Faro, i 177 minuti del filmato tentano di abbracciare l'intero arco dell'attività e della vita del multiforme uomo di spettacolo. Considerato che Ingmar ha realizzato più di 50 film e 125 messe in scena, oltre ad aver diretto tre teatri e lavorato in TV, è chiaro che il ritratto artistico (a dispetto del titolo) non può che risultare incompleto. Ma il ritratto psicologico che emerge, fra una chiacchiera e un giro per i luoghi sacri di Stoccolma (gli studi cinematografici e il leggendario Dramaten), è davvero prezioso ed emozionante. Con Marie l'inavvicinabile Ingmar si lascia andare, racconta di essere stato pessimo compagno di cinque mogli e svariate amanti e padre troppo assente di nove figli. Confessa che la «scena da un matrimonio» in cui Erland Josephson molla di punto in bianco la trepida consorte Liv Ullman (e quattro bambini) per andare a Parigi con il suo nuovo amore è autobiografica come tante altre nel suo cinema; e ancora oggi soffre nel ripensare a quanto è stato crudele.
Su un foglietto ha elencato i nomi dei demoni che lo perseguitano: il demone della paura (soprattutto della morte), della rabbia, della pedanteria, della puntualità, dell'ordine. Solo uno è il demone che ancora non conosce: quello del niente, ovvero l'esaurimento della creatività, che per lui sarebbe la fine di tutto. Nel gennaio del 2004, Ingmar ha svuotato l'abitazione di Stoccolma e il suo ufficio al Dramaten. Ora vive nell'amatissima Faro, solo con i suoi fantasmi. Nelle notti insonni passeggia per la casa, avvertendo il conforto di presenze care, prime fra tutte quella dell'ultima moglie, l'unico legame duraturo. Poi si sdraia nella nicchia che ha fatto costruire nell'incavo del grande camino del soggiorno, copiato da un film russo. Di fronte c'è una vetrata affacciata sul mare, a volte illuminato dal plenilunio estivo, a volte flagellato dalla neve. Ingmar guarda fuori e attende paziente che passi quel momento angoscioso a ridosso dell'alba che ha esorcizzato nel film «L'ora del lupo».