giovedì 16 giugno 2005

Cina

La Stampa 16 Giugno 2005
OPINIONI
La nuova Cina vuole bambini sicuri e felici
Francesco Sisci

In queste settimane al primo posto dei best seller c'è lei e al secondo c'è ancora lei. I titoli sono anche simili: «Dì al mondo che ce la posso fare», «Dì al figlio che è in gamba». Sono libri che insegnano ai cinesi moderni come devono tirare su i loro bambini. In un momento di passaggio millenario per il Paese, quando i vecchi sistemi educativi sono crollati, e quando il figlio è soltanto unico, questa è la vera scommessa del futuro per due generazioni, nonni e genitori. Per loro il successo e insieme la felicità del figlio sono la cosa più importante della terra.
Lu Qin, l'autrice cinquantenne, fornisce nuove regole, più democratiche, americanizzanti, di come dare una nuova coscienza ai figli unici cinesi. Lei è la superstar della materia. Direttrice del Giornale cinese dei piccoli il suo Scrivi alla mamma dei giovani ha venduto oltre due milioni di copie in libreria. Nelle bancarelle, tra i volumi contraffatti e che non pagano diritti d’autore, le vendite pare siano state decine di milioni.
Lei dice ai nuovi papà e mamma che insieme al bambino devono: «studiare, leggere, parlare di sesso, fare amicizie, andare su internet, condividere l'amore, creare la felicità». Spiega che l'amore e la tenerezza devono essere il primo motore per «incoraggiare, guidare, imporre delle proibizioni, ma anche punire il bambino». «Se cambio la mia coscienza cambio il mondo» urla dalle pagine la Lu Qin per le mamme e i papà cinesi, «se cambio il mio comportamento cambia la mia sorte» sottolinea. Questi sono discorsi ben noti da noi, dove Piaget e tutti i suoi epigoni sono entrati nella coscienza profonda da decenni, dove le punizioni corporali sono sparite per statuto da decenni.
È diverso in Cina dove la severità è ancora una richiesta che i genitori fanno agli insegnanti. I maestri devono essere esigenti, devono spingere il ragazzino a studiare, e il bambino deve avere successo, entrare nella difficilissima università per soddisfare gli antenati, i loro sacrifici, cose che qui hanno una importanza vera, solida, molto più che Gesù Cristo da noi. La Lu Qin ignora il grande esaminificio in cui è organizzato il sistema scolastico cinese e si ferma invece a spiegare ai genitori come possono rendere felice loro figlio. Un aspetto fondamentale è la crescita morale, spirituale, afferma. Per questo, l'autrice scrive, c'è bisogno di «rispetto, sfogo, approvazione, affrontare difficoltà, libertà, tolleranza, sogni». In questo modo una educazione spirituale, che in occidente è delegata o molto influenzata dalle pratiche religiose, viene qui data alla famiglia.
Questo affidamento è tradizionale. Da sempre i valori morali appartengono all'area della famiglia. Solo sotto il comunismo imperante nelle città alla famiglia era stata sostituita la scuola dove i bambini vivevano notte e giorno vedendo i genitori forse solo una volta al mese. I contenuti dell'educazione sono comunque cambiati. Ai nuovi bambini cinesi per Lu Qin deve essere accordato un diritto a sfogarsi, a essere liberi, a diventare tolleranti, ad avere dei sogni. Sono idee su cui chiunque in occidente può essere d'accordo. Ma sono idee diverse dalla Cina di una volta.
Una volta c'erano tanti bambini in una famiglia, e solo i più bravi studiavano, e lo studio per loro era solo un privilegio rispetto alla fatica del lavoro dei campi. Lo studio era per la famiglia e per lo stato, non certo per la felicità. Poi, con il comunismo feroce, lo studio era lotta di classe, quando non era guardare il lavoro degli operai e dei contadini. Libertà, sfogarsi, sognare, erano concetti, parole che semplicemente non esistevano. Quindi la Lu Qin compie un doppio salto mortale: introduce un nuovo modello di educazione per i bambini e nuovi concetti formativi della coscienza di questi che fra 20 saranno uomini.
Lei non parla di politica, ma certo questi nuovi uomini che lei, con l'appoggio delle autorità, vuole creare avranno un vocabolario culturale in gran parte uguale ai loro coetanei di Milano o New York. Così la Cina vuole smettere di essere diversa dall'Occidente. I cinesi futuri vogliono essere più uguali agli occidentali. Da questa parte però non dobbiamo farci soverchie illusioni «più uguali» anche fra 20 o 30 anni significherà comunque ancora tanto diversi.

La Stampa 16 Giugno 2005
«La fame non è più un problema»:
vecchia e nuova Cina nei reportage di Conversano e Griffagnini
La rivoluzione della pancia piena

SHANGAI, l'enorme, caotica, nevrotica, affascinante Shangai ha chiuso la serie di reportage «Buongiorno Cina», in onda per poco più di un mese in seconda/terza serata su Raitre. Gli autori sono Francesco Conversano e Nene Griffagnini, gli stessi di quell'altro straordinario viaggio, «Strade blu», dedicato invece alla provincia americana. Intanto abbiamo visto immagini molto belle, che si trattasse di illustrare uomini o cose, le campagne o le città. Su tutto, un avvertimento: le tappe dell'esplorazione di questo «continente» ancora misterioso, alla faccia del vecchio Marco Polo, sono sempre avvenute sotto la supervisione, chiamiamola così, dei funzionari del governo. D'altronde, raccontano le cronache che in Cina censurano pure Internet, impedendo l'uso di una ricerca diretta che parta dalle parole «libertà» o «democrazia». Eppure, c'è da scommetterci, i naviganti di là avranno ben saputo aggirare gli ostacoli. Comunque, se le cose stanno così, non c'è da stupirsi che i reporter stranieri intenzionati a percorrere l'immensa nazione alla ricerca di chiavi di lettura sociali, politiche, economiche, abbiano alle calcagna dei garanti del politicamente corretto. Il loro: ma ognuno ha il suo.
Lo spirito degli autori era quello di raccontare «il Paese che sta attualmente vivendo la più straordinaria crescita economica e sociale al mondo, teatro di grandi contraddizioni tra la ricchezza e lo sviluppo delle aree urbane e la povertà e l’arretratezza delle campagne. I filmati propongono di riflettere, attraverso frammenti di storie di vita quotidiana, sulla realtà attuale della Cina e di offrire elementi per la comprensione di un paese che, in un futuro prossimo, avrà un ruolo da protagonista». In questo mese e mezzo il ruolo è già bello acquisito, le cose cambiano ad una velocità impressionante. Ormai non passa giorno che i mezzi di comunicazione di massa (per l'appunto) non dicano di calze scarpe camicie abbigliamento mano d'opera, arte, censura, cultura, qualcosa comunque che venga di là.
E di argomenti su cui riflettere non ne sono mancati: durante la puntata dedicata alle campagne, a esempio, una signora diceva una cosa fondamentale: «Oggi il cibo non è più un problema. Non ho più fame». Questa è una dichiarazione sconvolgente, veramente rivoluzionaria. Uno scrittore spiegava così l'attuale esplosione cinese: «Noi siamo rimasti immobili a lungo come un fiume imbrigliato dalla chiuse e abbiamo accumulato energia. Che adesso liberiamo». Ci sono riforme, progressi, ma anche corruzione e degenerazione, «c'è più libertà di parola, ma non possiamo criticare liberamente il governo». E insomma, «arrivano i Cinesi, arrivano nuotando, dice Ruggero Orlando: "Domani sono qua"», cantava Bruno Lauzi, correvano gli Anni Sessanta.