giovedì 16 giugno 2005

Munch a Roma

Gazzetta del Sud 16.6.05
La retrospettiva romana di Edvard Munch
L'uomo che volle dipingere l'assurdità dell'esistenza
Roberta Nunnari

Un grande successo, con più di centomila visitatori in due mesi, alla retrospettiva romana di Edvard Munch, pittore tra i più amati, perfino dai ladri, che più volte hanno sottratto alcune delle sue opere dai musei norvegesi. Dal debutto trionfale a marzo, fino a oggi, le tele del gigante dell'espressionismo, popolate da spettri della mente e fantasmi dell'anima, hanno attratto un pubblico di visitatori non solo italiano ma internazionale, considerato l'affollamento di turisti a Roma nella stagione primaverile. Si può dire che il protagonista di questa interessante stagione di eventi artistici nella capitale sia stato proprio Munch, con un grande pubblico di visitatori che ha affollato le sale del Vittoriano per ammirare gli oltre cento capolavori che resteranno esposti fino al 19 giugno prossimo. Tra le opere esposte, una sessantina di olii e decine di grafiche, figura persino (in litografia) il celeberrimo quadro «L'urlo», sottratto insieme con la famosa «Madonna» nell'agosto scorso dal museo di Oslo da uomini armati di pistola. Con il titolo «Edvard Munch 1863-1944», la mostra romana ha consentito di ricostruire l'intera esistenza dell'artista che voleva dipingere l'assurdità dell'esistenza. «La mia arte – ha lasciato scritto Munch – è un'autoconfessione. Con essa cerco di chiarire il mio rapporto con la vita». Munch è considerato uno dei maggiori esponenti dell'Espressionismo, corrente pittorica nata tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900 e con la quale si intende esprimere fortemente il sentimento individuale dell'artista, piuttosto che rappresentare oggettivamente la realtà, deformando coscientemente quest'ultima affinché risulti evidente che ciò che noi vediamo nella tela non è la produzione di un oggetto così come appare, ma come lo sente l'autore che proietta in esso la propria vita anteriore. Munch voleva raccontare la propria vita attraverso la pittura, ma anche costringere lo spettatore a vivere i suoi stessi sentimenti, con immediatezza e coinvolgimento, provocandogli emozioni e reazioni psicologiche. Al centro dell'interesse di Munch, come testimoniano le sue opere-diario, molte delle quali possono essere ammirate in questa mostra italiana, c'è l'uomo, con il dramma del suo esistere, i suoi conflitti psichici e le sue paure. I dipinti dell'artista norvegese, non sono una semplice illustrazione didascalica, ma diventano opera d'arte compiuta in sé, a cominciare da tele che hanno come titolo «Melanconia», «Disperazione», «Paura», e che mettono insieme le suggestioni dei drammi di Ibsen e Strindberg, la filosofia esistenzialista di Kierkegard e le teorie di Freud. Munch, nato il 12 dicembre 1863 a Löten, in Norvegia, decise di fare il pittore esordendo con soggetti familiari, ma importanti per la sua formazione artistica sono stati i viaggi a Parigi, in Italia e in Germania. «Non si possono più dipingere interni con uomini che leggono e donne che lavorano a maglia, ma si dipingeranno – scriveva Munch – esseri viventi che respirano e sentono, soffrono e amano. Sento che lo farò che sarà facile. Bisogna che la carne prenda forma e che i colori vivano». Ed è da queste convinzioni che nasce la sua forma di espressionismo. L'incolumità del dolore, il suono quasi assordante del silenzio che separa i vivi racchiusi in una stanza divenuta quasi prigione, si percepiscono nella « Morte nella camera della malata » (1893), in cui è raffigurata la morte della sorellina Sophie quando lui aveva 14 anni. Nel 1908 qualcosa si spezza nella mente di Munch e la follia esplode. Per manie di persecuzioni e allucinazioni che gli procurano una paralisi agli arti, il pittore rimane per otto mesi in una clinica di Copenaghen. Poi l'esilio desiderato da lui stesso, in seguito torna in Norvegia, dove sceglie di vivere lontano dalla città a contatto con la natura. Nel 1937, ottantadue dipinti dell'artista vengono bollati dai nazisti come arte degenerata. Alla sua morte, nel gennaio 1944, Munch lascia tutti i suoi averi in eredità al Comune di Oslo, dove nel 1963 è stato inaugurato il Museo a lui dedicato. A Roma, nella mostra promossa dal Comune, ci sono opere che provengono dal Munch-Museet, dalla Nasjonalgalleriet di Oslo, dal Bergen Kunstmuseum di Bergen, dallo Statene Museum for Kunst di Copenaghen, dall'Ateneumin Taidemuseo di Helsinki, dal Wallraf-Richartz-Museum di Colonia, dallo Sørlandest Kunstmuseum di Kristiansand, dal Lillehammer Kunstmuseum di Lillehammer, dal Trondheim Kunstmuseum di Trondheim e dal Rogaland Kunstmuseum. L'esposizione, curata da Øivind Storm Bjercke, si è avvalsa di un prestigioso comitato scientifico composto da Claudio Strinati, Enrik Mørstad, Achille Bonito Oliva, Einar Petterson e Renato Barilli.