venerdì 17 giugno 2005

contro il papa: l'assemblea di tutti i perdenti...
basterà?

La Stampa 17 Giugno 2005
Retroscena
Riccardo Barenghi

ROMA. HANNO firmato lo stesso appello e da oggi e domenica molti di loro si ritroveranno nella stessa sala all’hotel Ergife di Roma. Non solo giuristi importanti, ricercatori, medici scienziati famosi ma anche politici, intellettuali, giornalisti, ministri. Di destra, di sinistra, di centro. L’antiberlusconiano Furio Colombo accanto al berlusconiano Antonio Martino (ministro della Difesa), la comunista Maura Cossutta insieme alla craxiana di ferro Margherita Boniver (sottosegretario agli Esteri), Eugenio Scalfari (che ha firmato ma non ci andrà, e dopo vediamo perché) con Marco Pannella, che si unirono ai tempi del primo Partito radicale di Pannunzio (1955) per poi dividersi senza mai ritrovarsi. E naturalmente tutti i radicali, da Bonino a Capezzone, diessini di destra e di sinistra, repubblicani, liberali, socialisti, uomini opposizione e di governo o di nessuna delle due, donne come Prestigiacomo. Molti laici, tutti laici.
Sono mille quelli che hanno convocato la prima assemblea dei referendari dopo il referendum. Il numero non è casuale, lo sbarco in Sicilia, l’unità d’Italia, la presa di Roma pontificia dieci anni dopo, la fine del potere temporale del Papa. E l’allusione risulta ancora più esplicita dopo il risultato del voto (ma l’assemblea era stata convocata un mese prima). Non a caso domenica scorsa, a urne aperte, proprio Scalfari ha scritto su Repubblica che qui si rischia di tornare indietro, «al 1870 e alla caduta del regime temporale, ad un cattolicesimo ingessato pervaso di teocrazie, che la cultura moderna aveva contribuito ad evolvere verso un messaggio di pura fede, di misericordia e di carità...». E’ questa paura che muove i Mille di oggi. Che certamente rappresentano quei dieci milioni di sì, e forse anche tanti altri che non hanno votato magari per ragioni diverse dalla pura trasposizione delle fede religiosa in comportamento (non) elettorale.
Però hanno perso, questi Mille e quei milioni. Ma oggi – scelta indubbiamente coraggiosa – si ritrovano insieme per capire «che fare», come dice il segretario radicale Daniele Capezzone citando Lenin. Già, che fare? «Proprio per questo – racconta Scalfari – io non ci vado. Ho firmato l’appello, anche se di solito firmo solo quello che scrivo. L’ho firmato proprio perché lo scontro era così duro che ne valeva la pena. Ma adesso mi fermo, l’azione politica non mi riguarda direttamente, non è il mio ruolo. L’ho spiegato a Pannella, gli ho scritto una lettera dicendogli appunto perché non sarei andato e tantomeno avrei svolto una relazione che lui mi aveva gentilmente pregato di fare».
Pannella ovviamente gli ha risposto, ha provato a insistere rievocando anche le vecchie battaglie comuni (dopo tanti anni ci ritroviamo). E insomma: «Dobbiamo risuscitare l'entusiasmo». Scalfari non si è convinto, non ha voglia di improvvisarsi leader politico, ma da lontano incoraggia. «E’ come quando si dà una zolletta di zucchero al cavallo prima della corsa. Lui la mangia e poi corre. Io non posso correre con lui, non sono un fantino. Quel che posso fare è partecipare alla corsa con altri mezzi, come del resto faccio da cinquant’anni. Questo non è disimpegno ma il modo del mio impegno» (il carteggio sarà forse reso pubblico dallo stesso Pannella).
Il giurista Michele Ainis, editorialista de La Stampa, aprirà i lavori con una relazione incentrata sulle violazioni delle regole di questa campagna elettorale. Si va dalla data scelta (scoraggiamento della partecipazione) al diritto all’informazione (ridotto se non negato), dalle esternazioni istituzionali (illegali) alle condizioni del voto. Fantastico l’esempio di Fierozzo, paese trentino di 360 elettori dove ha votato solo l’1,39 per cento, ossia cinque persone. Quattro di loro hanno votato sì, una no. Essendo questo no l’unico votante del suo seggio, è stato facile sapere cosa avessero votato gli altri quattro. Tanto valeva firmare le schede.
Seguiranno scienziati e scienziate, si parlerà di fecondazione e di ricerca sulle staminali, di malattie per ora incurabili (Luca Coscioni) e di diritti non acquisiti. Aleggerà Zapatero sull’assemblea dei Mille, e la sua Spagna che ci ha superato su tutti i fronti. Dall’economia a quello delle libertà individuali e della possibilità di cercare e ricercare. Fino ai rapporti tra Stato e Chiesa (finanziamenti compresi), rapporti che a Madrid vanno in una direzione grazie alla battaglia politica aperta dallo stesso Zapatero, e che forse riuscirà anche a vincere nonostante la durissima reazione della Chiesa (cominciata con Wojtyla poco prima che morisse e continuata dai vescovi, che sabato manifesteranno contro la legge sui matrimoni gay).
Mentre qui vanno in senso opposto, grazie a Ruini e alla sua battaglia cultural-teologica-astensionista, alla fine politica e per una volta vittoriosa. La scommessa dei Mille perdenti di oggi è che quella volta resti solo quella volta, l’una tantum del Papa.