Charmet: normale per i teenager l’uso di stupefacenti
Aumenta l’uso di cocaina negli uffici, il consumo di antidepressivi e psicofarmaci, il doping. Mentre si abbassa l’età del primo contatto con le droghe: 11 anni per le ragazzine, con la tendenza all’uso continuativo a partire dai 15. Gli stupefacenti vengono consumati sempre più in casa e nei luoghi di lavoro. L’allarme sugli stupefacenti a Milano è contenuto in un’indagine dell’assessorato ai Servizi sociali del Comune, che, in occasione della giornata mondiale contro la droga (26 giugno), lancerà una nuova campagna di informazione. Spiega lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet: «Nella cultura giovanile il consumo di stupefacenti si è normalizzato. La relazione con la droga è spesso svincolata dalla percezione del danno e dei rischi».«Nella cultura giovanile il consumo di stupefacenti si è normalizzato. La relazione con la droga, a differenza di quel che avveniva per i vecchi eroinomani, è spesso svincolata dalla percezione del danno e del rischio di dipendenza». Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra, presidente dell’istituto «Il Minotauro» e responsabile scientifico dell’associazione «L’amico Charly», commenta la ricerca del Comune sul consumo degli stupefacenti a Milano.
In che modo le campagne di informazione possono far breccia nella nuova cultura del consumo di droghe?
«L’obiettivo fondamentale dev’essere quello di aumentare la competenza degli adulti. I giovani sono alla ricerca di genitori, professori ed educatori preparati. Per loro è assai deludente trovarsi di fronte degli interlocutori incompetenti».
A che livello è la conoscenza del problema droghe tra gli adulti?
«Piuttosto basso. Finché i ragazzi avranno intorno soltanto mamme ansiose, padri che non se intendono e professori non abbastanza competenti, non sarà possibile creare un dialogo, una cultura che faccia davvero prevenzione».
L’informazione nelle discoteche è ancora utile?
«Sì, ma ormai parziale. Le campagne devono essere allargate a chi gestisce i locali e soprattutto ai luoghi dove i ragazzi vivono, i luoghi della normalità, e non quelli che abitualemente vengono considerati a rischio».
Come è cambiato il profilo del consumatore?
«Ormai tutte le ricerche concordano nel descrivere chi fa uso abituale di droghe come un individuo con buone relazioni sociali, che ricorre alle sostanze non per sognare, astrarsi dalla realtà o farsi del male, ma per aumentare le proprie prestazioni e le proprie capacità».
Milano, città della fretta e della brama di successo, può essere considerata più a rischio da questo punto di vista?
«È probabile, anche perché vediamo che già i ragazzini ricorrono a droghe "di prestazione". Una tendenza che può essere legata al più generale sviluppo socio-culturale orientato al successo. In quest’ottica si possono interpretare l’aumento del consumo di cocaina e anfetamine e il doping».
Il fatto che a usare droga siano sempre più giovani ben inseriti e con un discreto livello culturale, può far pensare a un consumo più consapevole?
«Di certo i consumatori attuali hanno una capacità di controllo maggiore sull’uso di sostanze stupefacenti. Ai loro occhi la figura del vecchio tossicodipendente emarginato è quanto di più riprovevole possa esserci».