venerdì 17 giugno 2005

neurofisiologi:
da Newton e Gödel, alla caccia del "gene del calcolo"...

La Provincia 17.6.05
La matematica: nel territorio di genio e follia Nelle grandi menti della logica spesso si insinua la pazzia:
i casi Newton e Gödel

Elena Salvaterra

Isaac Newton e Kurt Gödel sono alcuni dei nomi ai quali è associata nella storia della matematica una traccia di genialità e un dubbio, ad oggi, irrisolto: se genio e follia siano facce contrapposte della stessa medaglia, elementi indissolubili di una sinergia vincente - quanto devastante - della quale non è dato sapere quale sia la causa e quale l'effetto, ammesso che di un rapporto di causa ed effetto sia corretto parlare. Certo è che di personalità semplici non si sia trattato, se è vero, come riferiscono le testimonianze storiche, che Newton si ammalò di un grave esaurimento nervoso che lo condusse ai confini della pazzia e Gödel si lasciò morire d'inedia (1978) per il timore che il cibo che gli veniva offerto dai medici che lo avevano in cura, per esaurimento dei nervi, fosse avvelenato. E certo è, stanti i rimandi alle pergamene ingiallite, che una competitività accesa, talvolta accecante, contribuì ad inasprire i tratti di personalità eccentriche per natura e in grave difficoltà a gettare un ponte con il mondo della "norma". Un ulteriore elemento di certezza, rispetto a questi personaggi, è l'incredibile eredità che essi hanno lasciato ai posteri. Traboccante quella di Newton definito dai suoi successori «colui che nel genio ha superato il genere umano». Allo scienziato inglese, nato a Wollsthorpe il 25 dicembre del 1642 e deceduto a Londra nella primavere del 1727, si devono l'elaborazione del concetto di "funzione derivata" - oggi comunemente "derivata" - chiamata da Newton "flussione" a sottolineare il carattere dinamico della funzione che misura la velocità di variazione, cioè di "flusso", della funzione di partenza, un concetto sviluppato sulla distinzione, nota all'epoca, fra la nozione di numero (il numero è "essere") e la nozione di funzione (la funzione è "divenire"). L'invenzione del prisma trasparente (1672) che permette di scomporre la luce bianca nei colori dell'iride e del telescopio a riflessione. La formulazione delle legge di gravitazione universale, valida per tutti i corpi, dalla luna alle stelle alla famosa mela, cui Newton approda partendo dalle tre leggi di Keplero. I Principia Mathematica (1686), considerato da molti il più grande lavoro scientifico di tutti i tempi, nel quale Newton enuncia le sue concezioni relative allo spazio e al tempo che egli considera "assoluti" e senza riferimento ad alcunché di esterno - teoria in seguita contraddetta da Einstein per il quale "spazio" e "tempo" sono concetti "relativi". L'elaborazione del concetto di etere che richiama a supporto della forza gravitazionale, dei calcoli delle orbite e delle velocità dei pianeti. Gli studi di curve matematiche particolari (le "coniche"), le leggi di movimento dei corpi in mezzi resistenti (fluidi), la determinazione della velocità del suono in diversi materiali. E, per concludere il résumé dei lavori più importanti del poliedrico scienziato, la formulazione dell'ipotesi, anticipatrice della moderna teoria dei "quanti", che la luce è composta da corpuscoli. Se con Newton si tocca con mano una genialità a tutto campo, priva di confini fra scienza e scienza, con Gödel si assiste a una genialità "focalizzata", centrata sulla matematica e sulla logica. Di origine austriache, Kurt Gödel espresse il cuore della sua genialità a venticinque anni (1931), con l'elaborazione del "teorema di incompletezza". Con tale concezione il matematico e logico austriaco pose i capisaldi di una teoria antiformalistica della matematica. Per la tradizione formalista il "dominio numerico" era regolato da due principi fondamentali in base ai quali ogni formula matematica era vera se dimostrabile e ogni formula matematica vera era dimostrabile. In altri termini, riducendo all'osso, non esisteva verità matematica che non fosse suscettibile di dimostrazione. Con il teorema d'incompletezza Gödel infranse l'illusione rassicurante dei formalisti, di un dominio numerico privo di 'stravaganze' logiche, dimostrando, per via metamatematica, che all'interno del mondo dei numeri esistono proposizioni - dette autoreferenziali - la cui verità non può essere dimostrata ma deve essere accettata in sé e per sé. Con l'"anomalia" delle formule autoreferenziali Gödel mostrò a una congerie di colleghi attoniti che non aveva senso parlare di una coerenza logica perfetta, assoluta, esistendo formule la cui verità si spinge oltre le regole della logica formale per trovare giustificazione in una dimensione, forse, inaccessibile alla "norma".

La Provincia 17.6.05
Che cosa ci rende soggetti portati o meno alla matematica? Esiste veramente una predisposizione biologica alla materia?
Gli scienziati alla ricerca dell'imprendibile gene del calcolo
Roberto Weitnauer


Per capire fino a che punto le facoltà cognitive dipendano dalla propria costituzione la scienza indaga sul rapporto tra geni e attività neurali, cercando anche di scoprire l'origine di malattie mentali. L'abilità matematica riveste qui un ruolo importante, perché, ricordando Galileo, la natura è scritta con i numeri, ossia nell'unico linguaggio universale che possiamo leggere. Le principali strutture delle specie viventi (testa, tronco, coda) dipendono dalle direttive di geni primari regolativi (omeogeni). Ci sono poi altri omeogeni e geni esecutori che provvedono a determinazioni successive più fini. La nostra evoluta e oblunga corteccia cerebrale consegue a un bivio genetico analogo a quello che porta a piedi al posto di zampe o a denti in luogo di zanne. Subentrano forse a questo stadio gerarchico dei programmi per i circuiti matematici? Se così fosse una loro disfunzione dovrebbe causare deficit caratteristici, analogamente a come avviene, ad esempio, per i geni alterati del daltonismo che comportano cecità cromatica. Ora, è vero che esistono sindromi che affliggono selettivamente le abilità numeriche e che talune aree parietali della corteccia sono note per la loro funzione digitale. Tuttavia, non si sono stabilite correlazioni tra geni e quelle aree o quelle malattie. Inoltre, le capacità matematiche possono attivare porzioni corticali oltre il solo emisfero sinistro, tradizionalmente assegnato all'analisi razionale. Ad esempio, alcuni idiot savant (si ricordi il film Rain man) brillano nei calcoli, pur avendo il lato corticale sinistro depauperato e dovendo quindi compensare con quello destro, dove risiede il senso artistico che costoro possono peraltro sviluppare notevolmente. Persino soggetti normali cui con tecniche apposite venga addormentato l'emisfero sinistro manifestano talora inattese prerogative artistiche e aritmetiche. I circuiti matematici non sono allora così rigidi e localizzabili. La compensazione neurale rende conto di un'elaborazione distribuita e flessibile. Se i sensi (input) e i comandi motori (output) trovano riscontri piuttosto precisi nei vari distretti della corteccia, meno chiara è la mappa neurale associativa che lega l'input all'output. Del resto, è facile riconoscere un dito che si muove, non così per una facoltà cognitiva, matematica compresa. È verosimile che i geni sovrintendano all'organizzazione della corteccia, ma, e ciò è cruciale, il cervello si sviluppa a dovere solo se le sue cellule nervose vengono variamente sollecitate. Siamo in presenza di un'economia biologica, dato che non è necessaria una quantità esorbitante di geni per specificare quest'organo complesso che si autocompleta fin dai primi stimoli. Nell'uomo c'è un vantaggio in più. L'assetto neurale permane sensibile agli stimoli ambientali per tutta la vita. Tale plasticità conferisce un'adattabilità tipica. A ciò si deve il nostro comportamento non stereotipato. E di tale intelligenza fa parte la visione matematica, ovvero la facoltà di riconoscere ciò che invece è sistematico e ripetitivo. Val la pena rammentare che la parola «matematica» significa «ciò che s'impara».

La Provincia 17.6.05
Numeri e parole: dentro il cervello
Roberto Weitnauer

Non di rado gli scienziati di una generazione minano le conquiste di quella precedente. Per la matematica è diverso. La bellezza di un teorema è eterna. La matematica affascina persino chi non vi è portato, poiché riflette verità cristalline, un po' come sosteneva Platone. Viene spontaneo chiedersi a cosa dobbiamo questo formidabile senso interiore di ordine e giustezza. La risposta rimanda all'evoluzione della corteccia, la parte più esterna e recente del cervello. Qui hanno luogo i processi responsabili della rappresentazione del mondo e del ragionamento. La nostra specie si è mantenuta grazie a un elevato scambio informativo. Da 200.000 anni a questa parte lo sviluppo dei lobi frontali ha comportato un riassetto neurale, promuovendo la costruzione di circuiti complessi per il governo coerente della comunicazione. Su tale aspetto permangono molti aspetti neurofisiologici oscuri, ma ci è noto che la corteccia risulta pianificata secondo aree funzionali e che anche il linguaggio presenta schemi modulari. Sappiamo inoltre che l'immaginazione, l'astrazione e la logica sono tratti distintivi della nostra specie parlante. Nella seconda metà del XIX secolo, il neurologo francese Paul Broca e quello tedesco Karl Wernicke scoprirono due aree corticali deputate alla comprensione e alla produzione del linguaggio. Indicativa nelle ricerche fu la presenza di anomalie specifiche. Ad esempio, Broca localizzò il suo modulo, riscontrando un danno preciso al lobo frontale sinistro di un paziente defunto che aveva saputo pronunciare solo: «tan». I concetti universali del linguaggio naturale e la logica della sintassi inducono a ritenere che il pensiero matematico non possa prescindere da quello verbale. I numeri sono dopotutto parole e le equazioni frasi compresse. La matematica codificata nella cultura è inoltre un fatto dell'ultimo minuto rispetto al ritmo evolutivo del cervello; appare sensato supporre ch'essa derivi dall'astrazione implicata dall'avvento del linguaggio. D'altronde, secondo vari studi la corteccia dispone di moduli numerici ad hoc. Le tecniche di brain imaging mostrano che durante i calcoli con gli interi si accendono porzioni definite del lobo parietale sinistro. L'argomentazione logica è invece appannaggio del lobo frontale. Esistono persone con danni alle aree frontali che non parlano, ma non hanno difficoltà aritmetiche. Viceversa, soggetti con abilità numeriche compromesse possono discutere fluentemente. C'è dunque un salto neurale dalle elaborazioni delle quantità, che - non lo si direbbe - anche bambini di qualche mese e taluni animali sanno in parte eseguire, alla matematica a tutto tondo. I moduli numerici sostengono uno sviluppo cognitivo associato alla maturazione delle aree logico-verbali. Contano qui gli stimoli dati da azioni e manipolazioni di oggetti che poi sono trasformazioni coordinate nel tempo e nello spazio, ossia operazioni, funzioni. Impariamo così a immaginare e fare modelli. Più che uno studio precoce sui libri, l'intelligenza matematica richiede un'interazione col mondo fisico. Un teorema è pur sempre una verità sul nostro universo circostante.