venerdì 17 giugno 2005

Mauro, sull'Unità
«La sinistra non ha risolto il problema della sua identità, non sa che cos'è»

L'Unità 17 Giugno 2005
Mauro: «La sinistra ascolti i giornali»
IL DIRETTORE DI REPUBBLICA dice: è stato il primo referendum a porre domande fortemente etiche, ad aprire un dibattito.
La politica ha dato risposte propagandistiche o scientiste: non ha fatto la battaglia delle idee...
di Roberto Cotroneo

(...)
«Questo è stato il primo referendum che apre un problema di dibattito etico e che va affrontato con strumenti più culturali che politici».
E secondo te i giornali hanno dimostrato di averli questi strumenti?
«(...) I giornali li hanno usati questi strumenti. Li ha usati invece molto meno la politica (...)».
E cosa era importante?
«Cosa è importante. Il problema è da domani in poi. Da domani questo referendum porrà sul tavolo delle riflessioni di tipo etico difficilmente padroneggiabili con l'arma della politica (...)».
E secondo te, al di là degli schematismi, delle battaglie referendarie, dei risvolti politici, i giornali si sono resi conto che questa volta la partita era un'altra. Hanno intuito questa complessità?
«I giornali lo hanno fatto (...) La politica ha avuto delle risposte propagandistiche, o delle risposte di tipo scientista, e non ha pronunciato soprattutto a sinistra, delle parole alte».
Soprattutto a sinistra. È un j'accuse.
«L'ho già detto. La partita si perde se la destra parla della vita e della morte, e la sinistra parla di se stessa».
La sinistra sembra più che altro spaesata.
«Devono capire che in questa fase la battaglia principale è la battaglia delle idee, e non è la battaglia politica. La battaglia politica è una conseguenza di questa fase. Non era così 10 anni fa, forse non sarà così fra 10 anni. Ma la modernità oggi la attraversi se sei attrezzato dal punto di vista degli schemi culturali. E anche la mobilitazione dei cittadini a cui ti rivolgi la fai soprattutto sulla questione delle idee, non sulle questioni di politica spicciola».
Insomma, tu dici che è la politica a perdere, è la politica a fare un passo indietro. Eppure la battaglia delle idee è sempre stata appannaggio della sinistra...
«Se oggi dovessi scrivere un editoriale sulla sinistra so come lo comincerei, anche se non so come potrebbe proseguire: "la sinistra non fa la battaglia delle idee, ecco perché perderà"».
Aiuto, se lo dice il direttore di un grande giornale della sinistra siamo messi bene...
«Guarda che è un “perderà” di portata più profonda. Può darsi benissimo che per gli errori di Berlusconi si vincano le prossime elezioni come io mi auguro. Ma c'è un problema di parlare alla società italiana nel suo complesso».
Eppure dopo le ultime amministrative sembrava che non ci fossero dubbi. Cosa hanno provocato questi referendum, si è rotto un incantesimo?
«No. Io dico: può darsi benissimo che si vinca. Bene. Ma con quale cultura di governo andiamo? La cultura di governo chiama in causa il problema dell'identità. La sinistra non ha risolto il problema della sua identità, non sa che cos'è. Se non sa che cos'è, non sa quali valori comunica, non sa di quali valori è portatrice».
Però il dibattito innescato da questi referendum ha rispecchiato delle posizioni abbastanza chiare, almeno sui temi dei quattro quesiti.
«Certo. Non si sapeva prima se i Ds erano laici. Se glielo avessi chiesto probabilmente ti avrebbero detto: "dammi tempo fino a mercoledì per risponderti"... mentre oggi sono un partito che ha certamente deciso di avere un ancoraggio laico nella loro cultura».
E Rutelli ha fatto il cammino opposto?
«Rutelli ha fatto un ricentramento identitario sui valori neocentristi. I valori vicini alla Chiesa. Sono due identità diverse, ma almeno sono due identità. Però...».
Però?
«Tu non hai sentito un dirigente dei Ds che ha fatto questa battaglia a cui sia venuto in mente di dire, cose tipo: Amendola nel 1981 disse, o nel 1979 disse, la Iotti nel 1982 disse... No, non si fa più riferimento a un pensiero a una tradizione perché tutto è stato colpito dalla "radiazione" del comunismo. Secondo me perché questi dieci anni sono passati senza che nessuno dei dirigenti Ds - che certamente non sono più comunisti - sia andato in fondo alla tragedia del comunismo, l'abbia chiamato con il suo nome, abbia guardato gli orrori e gli errori, li abbia portati alla luce, se li sia caricati sulle spalle, e alla fine se ne sia davvero separato. A quel punto recuperando ciò che di distinto da quell'errore e da quell'orrore c'è nella tradizione del comunismo italiano. Solo così lo puoi recuperare».
Invece?
«E invece purché non si parli del passato non si parla di nulla. E quindi c'è un totale rifiuto della tradizione. Un socialista spagnolo, o francese, un socialdemocratico tedesco, un laburista inglese sa, rispetto ai temi dell'eutanasia, del divorzio, dell'aborto, qual è la sua cultura di riferimento. Poi naturalmente se ne può discostare. Però sa in quale fiume è immerso. Qui da noi non c'è niente, è tutto secco».
(...)
«No guarda: i giornali, noi giornalisti, non abbiamo niente da rimproverarci. È la politica che deve cominciare a preoccuparsi veramente, soprattutto a sinistra...».