domenica 19 giugno 2005

da Repubblica del 17.6
incredibile: «i doveri dell'embrione»...

una segnalazione di Andrea Ventura

Repubblica VENERDÌ, 17 GIUGNO 2005
Ma dopo il referendum miglioriamo la legge
Lo statuto dell'embrione deve iniziare dalla fecondazione: deve avere diritti, ma anche doveri
VITTORIO SGARAMELLA

La schiacciante vittoria degli astensionisti mortifica sia l´istituto referendario, sia le speranze d´una riproduzione assistita e non sorvegliata. Passata l´amarezza, è tempo di riflessioni e proposte. Nelle sedi opportune s´intervenga perché i referendum non finiscano sepolti da una slavina di disinteresse, qualunquismo, sfiducia: nella vicina Svizzera funzionano, come orologi e treni.
Vorrei portare un modesto contributo per migliorare la 40, sempre che non sia blindata.
Lo statuto dell´embrione inizi alla fecondazione: gli è dovuto per la sua debolezza, ma soprattutto per la ricchezza di cui ha avviato l´acquisizione. Preveda il diritto primario alla sopravvivenza ma lo coniughi col delinearsi di un dovere: una solidarietà umana espressa come disponibilità dei genitori a donarlo alla ricerca. Per questo non era, né è, necessario rivedere la 40: l´art. 1 ("la presente legge assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito") va letto in un senso quasi obbligato. Sancisce l´esistenza, non l´eguaglianza, dei diritti, ovviamente e significativamente anche dei medici. Se oggetto del referendum fosse stato lo statuto dell´embrione e della madre, forse sarebbe passato.
Sul limite dei tre embrioni, come i pazienti per i quali la medicina è impotente, si considerino "terminali" quegli embrioni ai quali analisi preimpianto non invasive (microscopiche, citogenetiche, molecolari) predicono una vita breve e infelice, se non un aborto. Per loro resta solo l´uso sperimentale o un´attesa a –196°C. Come è noto, la norma prevede un primo tentativo con un numero minimo di embrioni, possibilmente uno, a discrezione del medico. Se questo fallisce si procede ad un nuovo impianto di embrioni eventualmente disponibili; o alla fecondazione di altri ovuli già indotti, ove la loro crioconservazione risultasse praticabile. Tutto ciò consegue al fatto che gameti spesso difettosi producono embrioni ancor più spesso difettosi, non impiantabili se non con coercizioni incostituzionali per principio e inattuabili di fatto: le linee guida vi accennano, ma vanno rafforzate. Nel caso di embrioni sani in soprannumero, se ne faciliti l´adozione a coppie desiderose di genitorialità biologica: quelle che lo fanno, in più salvano un embrione. Sono migliaia e paiono felici non meno di chi opta per l´adozione di bambini, pure da incoraggiare ma in un contesto diverso: qui lo scopo è assistere la riproduzione e evitare accanimenti riproduttivi. Trascorsi 5-10 anni, gli embrioni diventano terminali e possono venire donati alla ricerca. È chiaro che non si creano apposta e che si donano solo i terminali, non impiantabili all´inizio o diventati tali col tempo e comunque destinati ad una morte precoce. È immorale che finiscano in un congelatore, per irresponsabilità o interessi professionali. Ancor di più in un utero, per una forma assurda di accanimento riproduttivo.
Le analisi preimpianto richiedono il prelievo di 1-2 cellule da embrioni precoci e comportano pericoli non superiori alle prenatali: sono quindi accettabili forme d´assistenza a procreazioni difficili, comprese quelle a rischio genetico. In questo modo si possono evitare aborti che la 194 regola ma certo non allevia. In più, anche se oggi si può far poco per curare embrioni "malati", si apre la strada a future terapie, mediate da staminali o altro, comunque più probabili a favore di terzi che dell´embrione.
L´embriologia umana va studiata su embrioni umani: è indispensabile per una maggiore comprensione di fecondazione, differenziamento, sviluppo e quindi per una migliore protezione della salute di tutti, dalle fasi più precoci a quelle più avanzate della vita. Non si può non concordare con quanto scritto in queste pagine dal Nobel D. Baltimore: il paese che li bandisce rischia la retrocessione scientifica e sanitaria. Non possiamo competere con Inghilterra e Corea in settori ad elevato rischio scientifico e a dubbia accettabilità etica, come la clonazione, ma dobbiamo metterci in grado di valutarli criticamente e decidere responsabilmente il nostro impegno.