martedì 21 giugno 2005

segnalato in "spazi"
una recensione di "Silenzio tra due pensieri"

ricevuta da Marco Pizzarelli

Silenzio tra due pensieri

Giunge nelle sale italiane, dopo una travagliatissima vicenda, l'ultimo film di Babak Payami. Dopo aver subito la confisca dei negativi del suo ultimo lavoro, Payami ha dovuto rimontare il film usando il materiale di prova che aveva a disposizione. In questo modo è riuscito a ricostruire quello che aveva preparato in origine, ma il risultato finale (non per sua colpa evidentemente) è estremamente scadente dal punto di vista tecnico. E senza dubbio parte del fascino del film deriva proprio da questa vicenda, ricordando che se non fosse stato per l'aiuto ed il sostegno dell'Istituto Luce, che ha creduto sempre molto in questo progetto, Silenzio tra due pensieri non sarebbe mai esistito. Ora invece, in uno sforzo produttivo davvero coraggioso ed ammirevole, questa pellicola esce in 10-15 copie in tutta Italia. È ovvio che un prodotto di questo tipo non è destinato ad un grande pubblico, anche perché Payami non vuole dare risposte facili sulla situazione politica o culturale in Iran. Sembra anzi, che questi voglia stimolare lo spettatore a trovare da sé le risposte alle questioni poste sullo schermo.

In un villaggio sperduto, un boia viene costretto a sposare una donna condannata a morte, perché qualora morisse vergine sarebbe destinata al paradiso, cosa inaccettabile per le autorità religiose locali. Ma la situazione paradossale porta il boia a ripensare a sé stesso e al proprio ruolo nella comunità. Il silenzio tra due pensieri, secondo Payami, è proprio questo: "Il momento in cui un individuo, o un'intera società, si risveglia da un incubo o da una convinzione cieca". Anche se il regista nega di aver fatto un film politico, il risultato è evidente: un film non contro la religione, forse, ma sicuramente contro il dogmatismo e la tentazione di dominare l'uomo (ma soprattutto la donna) attraverso di esso.

Per rafforzare il significato del titolo, Silenzio tra due pensieri si svolge in maniera meditativa e solenne, in un ritmo rallentato ed atemporale che sottolinea la stagnazione di una società sospesa tra dogmi, proibizioni ed una siccità interpretata come punizione divina senza possibilità di perdono. Queste condizioni, assieme alle già citate imperfezioni tecniche, rendono quest'opera davvero impegnativa da visionare. Ma alcuni potrebbero non considerarla una perdita di tempo.

La frase: Una volta un soldato mi ha puntato il mitra e non ho avuto paura. Tu non sei un soldato e non hai nemmeno il mitra!