martedì 21 giugno 2005

una nuova lettura di Mozart

Repubblica 21.6.05
Un genio rivoluzionario travolto dai pettegolezzi
una nuova biografia
CURZIO MALTESE

Lidia Bramani ha ricostruito la vera storia del grande compositore che appare ben diverso dal cliché confezionato da certa tradizione e portato sullo schermo con grande successo vent´anni fa da Milos Forman
La massoneria , cui è introdotto dal padre Leopold, è la culla del pensiero radicale del ‘700
Cosmopolita, padrone di cinque lingue , è un profondo conoscitore di Shakespeare


Che idea abbiamo di Mozart? A duecento cinquant´anni dalla nascita, il più grande musicista e forse artista d´ogni tempo rimane un mistero. Nonostante le infinite indagini letterarie e la sterminata saggistica, non sappiamo ancora come è morto né come è davvero vissuto. L´immagine più popolare di Mozart è quella di un piccolo uomo che ospita un grande genio. E´ l´Amadeus che ha trionfato nei teatri e nelle sale cinematografiche degli anni Ottanta, il protagonista della commedia di Peter Shaffer poi tradotta in film da Milos Forman nel 1984. Un successo travolgente che si è fondato su due espedienti narrativi. Anzitutto il delitto «giallo»: l´avvelenamento di Mozart da parte del collega e amico Antonio Salieri, ossessionato dalla gelosia. Una versione di fantasia che aveva cominciato a circolare già nella Vienna del primo Ottocento, incoraggiata dalla vedova di Mozart (assai ingiusta col povero Salieri), e che Puskin già nel 1830 aveva ripreso in Mozart e Salieri. L´ipotesi del giovane genio braccato e ucciso dalla mediocrità era tanto piaciuta al romanticismo da resistere fino ai nostri giorni, al trionfo hollywoodiano di Amadeus rock star.
L´altro elemento, psicologicamente più sottile, del successo di Amadeus è la raffigurazione di Mozart come genio inconsapevole, ignorante e volgare nella vita quanto sommo nell´arte. Un eterno fanciullo che gioca a capriole con Costanze prima di esibirsi davanti all´imperatore, verga di continuo oscenità alla cuginetta carina, si ubriaca nelle bettole austriache e soltanto negli intervalli fra un´idiozia e l´altra trova miracolosamente il modo di comporre capolavori immortali, sia pure in stato semi ipnotico, come posseduto da un dàimon, toccato da un dono sovrannaturale. Una versione a tratti caricaturale che nella commedia e nel film serve a dar forza al paradossale conflitto fra l´ometto «amato da Dio» (Amadeus) e il suo Caino, Salieri, intelligentissimo ma senza talento. Ma a parte le forzature da kolossal, l´immagine corrisponde a un´idea di Mozart accreditata perfino da grandi scrittori come Stendhal e musicologi di altissimo livello come il nostro Massimo Mila.
Ora un libro di una studiosa italiana rovescia il cliché. Fin dal titolo (Mozart massone e rivoluzionario) e per cinquecento dense pagine la musicologa Lidia Bramani ci porta alla scoperta di un altro Amadeus (Bruno Mondadori, euro 28). Era del resto mai possibile che il trentenne pargolo di Shaffer fosse davvero l´autore di Don Giovanni e del Requiem? Il Mozart rivelato dalla ricerca è un genio tutt´altro che inconsapevole, un uomo immerso nel secolo dei Lumi, una mente potente che nella sua arte infonde, come Leonardo o Shakespeare, una profonda e meravigliosa filosofia.
Il modo di procedere dell´autrice è acuto e inesorabile. Non si tratta di rivelare chissà quali fonti o epistolari segreti. Quello che Lidia Bramani ha fatto, in un decennio di lavoro, è di leggere con altro sguardo i segnali che erano sotto gli occhi di tutti e che Mozart ha sparso per tutta la sua opera, fra le centinaia di lettere a parenti e amici.
Infantile, egotico, isolato? Il genio che compone rinchiuso nella sua stanza viennese, indifferente al mondo, mentre Costanze cinguetta in salotto, cede il passo a un personaggio molto più complesso e ricco. Cosmopolita (parla cinque lingue), vorace lettore, profondo conoscitore di Shakespeare, curioso d´ogni campo del sapere, dalla legge alla medicina, dalla politica alla filosofia.
Massone e rivoluzionario, oppure massone perché rivoluzionario. La massoneria del Settecento, alla quale Mozart è introdotto dal padre Leopold, non è uno strumento di potere ma di conoscenza. Una vera culla del pensiero rivoluzionario, dove maturano le figure di Franklin e Washington, fino al generale Lafayette. Sono massoni i primi comunisti, gli Illuminati di Baviera, con i quali Mozart rimane in contatto fino alla morte, nonostante la messa al bando imperiale e le persecuzioni poliziesche. Il credo massonico è per Mozart una fonte d´ispirazione artistica e veicolo di una cerchia di relazioni intellettuali e amicali con le migliori menti dell´Austria giuseppina. Per esempio il filosofo Oetinger, il socialista Ziegenhagen e i poeti e radicali Wieland e Blumauer.
Spicca fra i fratelli di culto il grande medico viennese Anton Mesmer, cui Mozart è talmente amico e devoto da farne un personaggio risolutivo in Così fan tutte. Mesmer è famoso come inventore del «magnetismo animale» ed è stato a lungo considerato una specie di moderno per quanto geniale stregone. Ma è stato in realtà un pioniere della medicina moderna, ha rovesciato il rapporto medico-paziente, inaugurando un pensiero critico che avrebbe portato agli sviluppi della psicanalisi di Freud e Jung.
Altrettanto intenso e significativo è il rapporto di Mozart con il maestro massone Joseph von Sonnenfels, insigne giurista, vero autore della riforma che abolì per prima in Europa la tortura, teorico ancor prima di Beccaria dell´inutilità e della barbarie della pena di morte.
Oltre alla ricerca biografica e allo squarcio storico di vita intellettuale nell´epoca rivoluzionaria, Mozart massone e rivoluzionario offre una migliore lettura dell´opera ed è questo naturalmente il merito maggiore. Nella leggenda mozartiana era compresa l´idea che il compositore fosse troppo preso dalla musica e troppo poco letterato per considerare i testi. Al contrario, dedicava uno scrupolo infinito alla scelta dei libretti, fino a scartarne centinaia prima di giungere al testo definitivo. Ed è un limite della critica l´aver costantemente sottovalutato quello che il genio di Mozart voleva esprimere anche con le trame e le parole.
La seconda parte del saggio è una confutazione dei molti e a volte geniali fraintendimenti delle grandi opere mozartiane, da Le Nozze di Figaro a Zauberflote. A cominciare dall´ipotesi, mitizzata dal celebre saggio di Soeren Kierkagaard, che con Don Giovanni l´autore avesse voluto dipingere un eroe della trasgressione. Quando la condanna morale è inequivocabile, nel testo quanto nell´uso drammaturgico della musica. Ben lontano dall´essere il Prometeo dell´erotismo della lettura romantica, il Don Giovanni incarna una «spaventevole negazione della vitalità». E´ un parassita aristocratico dedito all´inganno e al narcisismo, un finto trasgressore che si diverte a infrangere le regole senza tuttavia mai metterle in discussione. In questo, secondo una brillante lettura critica, fratello del più nero dei personaggi di Molière, Tartufo.
Un equivoco ancora più inspiegabile ha circondato a lungo Così fan tutte, considerata l´opera meno felice della trilogia di Lorenzo Da Ponte, la più leggera e incongrua. Lidia Bramani, che ne ha curato una memorabile edizione diretta da Claudio Abbado, la considera una specie di manifesto di una nuova morale sessuale che prefigura Le affinità elettive di Goethe. Il bellissimo gioco dell´autrice si applica pure alla lettura della Clemenza di Tito come «inno alla tolleranza» e al Flauto Magico come testamento di una profonda e allegra filosofia dei rapporti umani. Dove i simboli e i principi massonici, le suggestioni alchemiche, l´orientalismo, confluiscono per vie originali in una visione rivoluzionaria, nello spirito dell´epoca. Ma con una capacità quasi profetica di trascendere le ideologie del tempo per arrivare a un pensiero libertario di molto successivo, in un certo senso già postmoderno. Tanto da suggerire all´autrice una brillante digressione sulla contemporaneità dei personaggi mozartiani, un divertente paralellismo fra la massoneria settecentesca e la New Age, volendo stare al gioco: un viaggio da Papageno dritto fino a Harry Potter.
Alla fine del libro il mistero di Mozart non è del tutto rivelato e non sarebbe possibile. Ma, svaporato il facile fascino del piccolo Amadeus, rimane l´interrogativo su come si sia potuto ignorare nei secoli tanto materiale sulla vita e le idee del vero Mozart. Certo era il suo stesso sublime modo d´alternare tragedia e buffonerie a spiazzare i biografi. Nei giorni in cui, già molto malato, sta componendo in contemporanea il Requiem, la Clemenza di Tito e le arie comiche del Flauto Magico, scrive una lettera straziante a Da Ponte, nella perfetta coscienza della morte precoce: «Lo sento a quel che provo che l´ora suona; sono in procinto di morire e ho finito prima di aver goduto del mio talento». E subito dopo scrive alla moglie Costanze un messaggio esilarante, in cui la incita a torturare l´allievo Sussmayr: «Meglio dargli troppi che troppo pochi colpi».
Oppure chissà, forse l´artista era già troppo grande perché si potesse accettare che lo fosse anche l´uomo. Uno che aveva capito tutto del suo tempo e della vita, prima di lasciarla a soli 35 anni. Nella società dell´invidia partorita proprio dalle rivoluzioni settecentesche, alla fine si capisce che il vero, inconfessabile eroe sia diventato il musicista di corte Antonio Salieri.