venerdì 8 luglio 2005

locura y lectura: follia e lettura
il "Don Chisciotte" e la nascita del romanzo moderno

Corriere della Sera 8.7.05
RILETTURE
Il capolavoro che ha cambiato la storia del romanzo
di CARLOS FUENTES

Il nostro concetto di «storico» comprende attualmente una varietà di epoche che sfuggono alle cronologie lineari dell’Occidente. Il «tempo» non è lo stesso per un abitante di Manhattan e per un abitante delle riserve navajo del Nuovo Messico e la regola sublunare del tempo newtoniano non tiene conto delle concezioni circolari, cicliche o dell’eterno ritorno proprie delle civiltà extraoccidentali e neppure dell’immaginazione temporale all’interno della stessa cultura dell’Occidente, che rivendica tempi dentro il tempo, così come lo esprime magistralmente William Faulkner nel suo L’urlo e il furore: «Tutto è presente, capisci? Ieri non finirà fino a domani e domani è cominciato diecimila anni fa». Faulkner ci ricorda che le ere storiche non obbediscono a calendari precisi, dal momento che nel presente manteniamo vivo il passato e attraverso il desiderio diamo realtà al futuro. La data della cosiddetta scoperta dell’America - 1492 - mi induce alla seguente considerazione. La fondazione della nostra America, l’America meticcia, l’America di ascendenza indigena, europea e africana, è inspiegabile senza tre scoperte. La scoperta della terra da parte di Colombo. La scoperta dei cieli da parte di Copernico. E la scoperta della stampa da parte di Gutenberg.
L’America, sosteneva lo storico messicano Edmundo O’Gorman, non fu realmente «scoperta». Fu inventata per la necessità europea di contare su un’utopia che rinnovasse gli ideali umanisti del Rinascimento, minacciati, nel Vecchio Mondo, dalle guerre dinastiche, le rivalità commerciali e i conflitti religiosi.
L’America, per Campanella, Tommaso Moro e Montaigne, sarebbe il luogo della rinascita europea. Sarebbe la nuova Età dell’oro. Ma non solo l’America fu scoperta o immaginata dall’Europa: l’Europa, a sua volta, fu scoperta e immaginata dalle civiltà indigene americane. Sulle macerie dei villaggi dei nahua, dei quechua e dei popoli caraibici si fondò anche il sogno europeo di una Età dell’oro nel Nuovo Mondo americano.
C’è un libro che racchiude l’illusione europea dell’America: il Mondus Novus del navigatore italiano da cui noi abbiamo preso il nome, Amerigo Vespucci. Un altro libro dà invece voce alla delusione: La distruzione delle Indie di frate Bartolomé de Las Casas. Ma ce n’è un terzo, che svela il fascino degli opposti e la tristezza di un uomo costretto a distruggere ciò che aveva imparato ad amare: La vera storia della conquista del Messico, di Bernal Diaz del Castello.
Le tre scoperte - della terra, dei cieli e della stampa - danno forma a quella che si è chiamata modernità e che oggi, ci dicono, volge al termine per cedere il posto a qualcosa che si chiama postmodernità.
La scoperta della terra. La scoperta dei cieli. La scoperta della stampa.
Non bastano questi avvenimenti quasi simultanei per farsi un’idea della modernità: occorre un elemento essenziale che è l’immaginazione della modernità, poiché - come ci dice il grande scrittore cubano José Lezama Lima - se una cultura non riesce a dar vita a un’immaginazione del mondo, risulterà storicamente indecifrabile.
Come scrittore latinoamericano, non posso concepire la scoperta dell’America senza l’immaginazione dell’America. Ma come scrittore puro e semplice non posso concepire la modernità senza l’immaginazione della modernità. E subito dopo, come narratore contemporaneo, l’immaginazione del moderno nasce, per me, da un apparente anacronismo: la figura di carta e inchiostro di un instancabile lettore di romanzi di cavalleria che vorrebbe resuscitare il mondo ideale del medioevo e si imbatte nel mondo tutt’altro che ideale dell’età moderna.
Don Chisciotte primo romanzo moderno?
Ricordo di aver discusso l’argomento durante un pranzo a Parigi con André Malraux, che attribuiva questo primato a La principessa di Clèves di Madame de Lafayette, perché era il primo romanzo interiore, psicologico, costruito intorno alle ragioni del cuore.
Di contro, il critico inglese Ian Watt definisce «la nascita del romanzo» un fatto sociale e storico associato alla comparsa della classe media inglese, la quale considera il comprare e leggere libri come parte integrante della propria istruzione, come forma di intrattenimento e anche come status symbol, rispetto alla massa analfabeta. La borghesia inglese, raggiunta l’emancipazione politica ed economica, pretende novità di temi e di personaggi. La risposta si chiama Richardson, Fielding, Smollett.
Tuttavia, non intendo muovermi solo lungo la rotta della novità del Chisciotte. Ma chi, se non Cervantes, inaugura il tema della finzione così come noi la concepiamo da quattro secoli?
Realtà e apparenza. Delusione. Racconto cosciente di sé.
La scoperta della dimensione immaginaria all’interno dell’individuo, secondo Alejo Carpentier. La visione di un mondo moderno diviso tra realtà e illusione, ragione e follia, l’erotico e il ridicolo, il visionario e l’escatologico, secondo le parole di Robert Coover. La celebre interpretazione di Michel Foucault ne Le parole e le cose: Don Chisciotte è un’avventura dell’analogia e della differenza. E la splendida interpretazione di Marthe Robert del Don Chisciotte come un romanzo à la recherche de soi même, allo stesso modo in cui Don Chisciotte è un eroe in cerca della sua identità. L’eroe che più ha dovuto lottare per rendere credibile la propria realtà e che lo ha fatto - aggiunge Marthe Robert - condannato a essere finzione.
Don Chisciotte è l’ambasciatore della lettura. Da essa proviene e a essa torna. E per lui non è la realtà a ostacolare le sue imprese e la verità. Sono gli incantatori che conosce attraverso le sue letture. Nato dalla lettura, Don Chisciotte si rifugia nella lettura ogni qualvolta fallisce. E protetto dalla lettura continuerà a vedere eserciti dove ci sono solo pecore, senza smarrire il senso della sua lettura. Le sarà fedele, perché per lui non c’è altra lettura possibile.
Don Chisciotte rappresenta la follia della lettura. Follia e lettura sono in lui sinonimi e possiedono in spagnolo (locura y lectura) un’assonanza che è impossibile riprodurre in italiano, in francese (lecture et folie) o in inglese (madness and reading). Posseduto dalla follia della lettura, Don Chisciotte vorrebbe trasformare in realtà ciò che ha letto: i libri di cavalleria.
Il mondo reale - mondo di pastori e furfanti, servette picare e avanzi di galera - rifiuta l’illusione di Don Chisciotte e maltratta quel gentiluomo, lo bistratta, lo strapazza. Malgrado tutte le bastonate della realtà, Don Chisciotte insiste nel vedere giganti dove ci sono soltanto mulini. Li vede perché è ciò che i suoi libri gli dicono di vedere. Ma c’è un momento straordinario, in cui Don Chisciotte, il lettore vorace, scopre che lui, il lettore, viene letto a sua volta.
È il momento in cui un personaggio letterario, Don Chisciotte, per la prima volta nella storia della letteratura, entra in una stamperia, where else, a Barcellona. È arrivato fin lì per denunciare la versione apocrifa delle sue avventure pubblicate da un tale Avellaneda e per dire al mondo che lui, l’autentico Don Chisciotte, non è il falso Don Chisciotte della versione di Avellaneda.
A Barcellona, passeggiando, Don Chisciotte vede un cartello che dice «Qui si stampano libri», entra e osserva il lavoro di stampa, «vedendo imprimere da una parte, correggere dall’altra, comporre di qua, sistemare di là», finisce col realizzare che quel che lì va in stampa è il suo stesso romanzo, L’ingegnoso hidalgo Don Chisciotte della Mancia, libro in cui, con meraviglia di Sancio, si narrano cose che solo lui e il suo padrone si sono detti, segreti che ora la stampa e la lettura rendono pubblici, sottoponendo i protagonisti della storia alla conoscenza e al giudizio critico, democratico. È morta la scolastica. È nato il libero giudizio.
Non c’è momento che riveli meglio di questo il carattere liberatorio dell’edizione, della pubblicazione e della lettura di un libro. Da allora la letteratura, e per estensione il libro, sono diventati i depositari di una verità rivelata dall’immaginazione, vale a dire dalla facoltà umana di mediare tra la sensazione e la percezione e fondare, su tale mediazione, una nuova realtà che non esisterebbe senza l’esperienza verbale del Don Chisciotte di Cervantes o senza l’esperienza visiva de Las Meninas di Velásquez o senza l’esperienza uditiva delle Cantate di Bach.
Tuttavia, parte della novità del Don Chisciotte sta nella sua relazione molto stretta con la tradizione. Questo vale per tutte le opere innovatrici: non c’è nuova creazione che non si basi su una tradizione precedente e non c’è tradizione che sopravviva senza la linfa di una nuova creazione.
Il dialogo tra il mondo chiuso e astratto di Don Chisciotte e il mondo esistenziale e connotativo di Sancio Panza annuncia il mondo che verrà, vale a dire quello del romanzo come genere dei generi, il romanzo come liberazione dell’immaginazione, come spazio di una nuova lettura e tempo di un nuovo lettore.