mercoledì 10 settembre 2003

Maria Fida Moro, Falco Accame, Ferdinando Imposimato, Walter Veltroni

Il Gazzettino 10.9.03 Mercoledì, 10 Settembre 2003
«Tanto più sono forti i legami ...


«Tanto più sono forti i legami di affetto che ci legano a qualcosa che amiamo, tanto più risulta intollerabile l'indebita intrusione nella sfera intima, quella privata appunto che appartiene a chi l'ha vissuta. Arrogarsi a qualsiasi titolo il diritto di irrompere nella vite altrui e di farne scempio non è il massimo esempio di umanità. Farne scempio è per esempio far veder cose che sono "false" come se fossero vere». Parole come pietre. Sono quelle che Maria Fida Moro scrive nella lettera aperta a Marco Bellocchio, regista di "Buongiorno, notte", il film che ha riaperto il caso Moro dopo il passaggio sugli schermi "ingrati" del Lido di Venezia. «Lei lo sa - scrive la figlia dello statista democristiano - di che colore era la vestaglia di papà? Ci ha mai mangiato insieme? E' andato al cinema con lui? Ha viaggiato con lui? Gli ha mai visto mimare gli articoli di Fortebraccio o sedare le dispute o far ridere a crepapelle tutti i presenti? È questa approssimazione che mi ferisce e mi dà dolore, un dolore davvero insopportabile».A raccogliere il grido di dolore di Maria Fida Moro è stato ieri Falco Accame, presidente dell'Anavafaf (Associazione nazionale assistenza vittime arruolati nelle forze armate e famiglie dei caduti). «Marco Bellocchio - dichiara Accame - chieda scusa ai familiari delle vittime dell'eccidio di via Fani che non ha ascoltato. Il giudizio senza appello della figlia di Moro sul film deve far riflettere. La tragica vicenda non può essere trattata come una fiction tratta da un copione scritto da una brigatista più o meno pentita che sembra si preoccupi più della fuga di un cardellino dalla gabbia che dalla spietata uccisione dei cinque agenti della scorta».

Ma non mancano i consensi politici. «So per certo che Moro poteva essere salvato e che si è fatto di tutto per farlo morire», dice per esempio Ferdinando Imposimato, giudice istruttore dei processo Moro uno, bis e ter, che si compiace con Marco Bellocchio «perché il suo film "Buongiorno, notte" affronta con serietà questo tema. Andrò a vederlo sicuramente».
«Sono 25 anni che mi occupo del caso Moro - ha spiegato Imposimato -, esattamente dal 17 maggio del 1978: fui chiamato come giudice istruttore dopo il sequestro, quando Moro era già morto. E già questa è un'anomalia. E sono stato io il primo ad aver scoperto la prigione di via Montalcino (dove è ambientato il film di Bellocchio, ndr)».

A favore della "verità" del film di Bellocchio si schiera il sindaco di Roma Walter Veltroni: «È un'opera bellissima e coraggiosa, che fa parlare Moro con grande coraggio linguistico e dice anche grandi verità ad esempio sulle lettere dello statista, che erano vere, sul suo martirio e sulla responsabilità ideologica che c'era dietro al terrorismo».
«Il terrorismo - ha concluso Veltroni - è stato il nostro Vietnam, ma la cultura ha finora avuto poco coraggio di guardare all'interno di questo buco nero. Sull'argomento ci sono stati pochi film ed altrettanto poche opere letterarie. Bellocchio ha avuto il coraggio di entrare in quel buco nero, con un grande film ed una grande testimonianza civile».