mercoledì 10 settembre 2003

Libertà: il lavoro di Marco Bellocchio a Bobbio, e ancora sul film

Libertà 10.9.03
BOBBIO. Il regista piacentino ha aperto i corsi di “Farecinema”, scelta caduta sulla “Cavallina storna”
Bellocchio: ora un “corto” su Pascoli
«Venezia? Mi conforta il successo di “Buongiorno, notte”»
di Oliviero Marchesi

«Nella torre il silenzio era già alto/sussurravano i pioppi del Rio Salto...». I versi familiari di La cavallina storna di Giovanni Pascoli sono stati il sorprendente “compito” (con tanto di testo in fotocopia) assegnato da Marco Bellocchio ai 20 allievi dell'edizione 2003 di FareCinema come soggetto di partenza per il cortometraggio a realizzazione collettiva su cui ogni anno si impernia il laboratorio che il grande cineasta piacentino tiene nella sua amata Bobbio. Una scelta che ieri, al primo giorno di laboratorio, ha seminato stupore tra gli studenti di FareCinema, anche se qualcuno ha osservato che la poesia pascoliana, come il recentissimo Buongiorno, notte di Bellocchio, parla pur sempre dell'assassinio di una figura paterna... ). I giovani allievi ieri si sono divisi in tre gruppi per elaborare ipotesi di sceneggiatura di cui nel pomeriggio hanno discusso con Bellocchio e un'altra docente del corso, la sceneggiatrice Daniela Ceselli. Dopo il brainstorming, il regista ha avuto con noi una breve conversazione. Come mai la scelta di una poesia “da scuola elementare” per il soggetto del “corto” di quest'anno? «Sono memorie radicate nel mondo dell'infanzia, un mondo mentale che è sempre stato una grande ispirazione per me. Volevo una poesia che, per ricordi scolastici, fosse familiare a tutti. Avevo pensato anche a un'ode di Manzoni che amo molto, Il cinque maggio, la cui trasposizione filmica presentava però grandi difficoltà. Alla fine la scelta è caduta su La cavallina storna perché questa lirica - come Pascoli in generale - è molto cinematografica. Evoca, visivamente, scene e locations: la stalla, il luogo del delitto...». Parliamo di «Buongiorno, notte», il suo bellissimo film sul caso Moro presentato a Venezia: una delle cose che più colpiscono è l'assenza dei luoghi “storici” di quella tragedia: al loro posto c'è il buio di un “dramma da camera” essenzialmente ambientato in una stanza. «In effetti non ho voluto ricostruire la storia di quell' affaire: da un punto di vista squisitamente storico il mio può essere senz'altro considerato un film discutibile. Al di là degli stimoli esterni - la commissione da parte della Rai, la lettura del libro della brigatista Braghetti - ho voluto ricercare la verità umana, interiore di una situazione tragica come fu quella». La mancata vittoria a Venezia è stata aspramente contestata dai critici italiani e dalla Rai. Il successo che il film sta riscuotendo nelle sale le ha un po' addolcito questa amarezza? «Beh, amarezza... - Bellocchio sorride - Di certo questo successo mi fa un grande piacere: un regista lavora perché la sua opera sia vista. E magari i numeri delle sale faranno sì che un autore commercialmente “fragile” come sono sempre stato io potrà presentarsi la prossima volta ai produttori da una posizione di maggior forza». Dopo l'incontro con Bellocchio, per gli allievi c'è la “lezione” di un altro ospite importante: il produttore Marco Müller, già direttore di memorabili edizioni del Festival di Locarno, già mente di Fabrica Cinema(...)