venerdì 19 settembre 2003

materialismo, un libro di un ex militante di Potere Operaio

Galileo 18.9.03
LIBRI
La riconciliazione di storia e biologia
di Beatrice Busi


Paolo Virno
Scienze sociali e "natura umana"
Rubbettino, 2003
pp. 95, euro 6,00


1971, Eindhoven: in un insolito agone televisivo, Noam Chomsky e Michel Foucault discutono di "natura umana". L'americano sostiene l'esistenza di competenze innate e specifiche nell'animale umano e postula l'esistenza di una "grammatica universale" in dotazione alla mente individuale; il francese rifiuta la nozione di "natura umana" e rivendica l'origine storico-sociale e non psicologica della facoltà di linguaggio. Il testo di Paolo Virno parte da quello scontro per andare alla ricerca di una "terza via" capace di riconciliare biologia e storia attraverso la "naturalizzazione delle scienze sociali". "Certo, la facoltà di linguaggio è una dotazione biologica innata. Ma non tutto ciò che è innato ha le prerogative di un istinto univoco e dettagliato. La capacità di parlare, pur essendo congenita, è soltanto potenza. […] Ma l'animale potenziale è un animale non specializzato".

Per sostenere la propria posizione Virno si rivolge alla "tradizione della modestia" inaugurata alla fine del XVIII secolo dalle tesi sulla carenza istintuale dell'animale umano di Johann Gottfried Herder e ripresa nel Novecento dal filosofo Arnold Gehlen. Secondo questa tradizione, l'essere umano è sprovvisto di un contesto vitale specifico, che in zoologia viene definito "ambiente", e anzi si trova a svolgere la propria esistenza in un contesto vitale generico, indeterminato, che in filosofia viene chiamato "mondo". L'essere umano nasce sprovvisto di istinti specializzati e può compensare questa mancanza "originaria" solo attraverso delle "protesi culturali", come la tecnica, il lavoro, le organizzazioni sociali, la comunicazione. In questo senso l'organizzazione delle società tradizionali riflette la tendenza "naturale" dell'animale umano alla costruzione di nicchie pseudoambientali, "in cui predomina la ripetitività, la stanzialità, una rigida divisione delle mansioni (dunque una specializzazione socialmente indotta dell'animale umano, di per sé non-specializzato)".

Virno, che fino qui sembra fornirci una spiegazione naturalistica della frattura tra biologia e storia, subito ci dimostra abilmente che è lo stesso presupposto biologico della non-specializzazione a rendere la dimensione storica necessaria e insopprimibile nell'animale umano. Così come ha una spiegazione storica il ritorno alla ribalta della questione della natura umana negli ultimi vent'anni: "la natura umana torna al centro dell'attenzione, non già perché ci si occupi finalmente di biologia anziché di storia, ma perché i tratti biologici invarianti dell'animale umano hanno assunto un inedito rilievo storico nell'attuale processo produttivo". La fase attuale del capitalismo, comunemente chiamata postfordismo, caratterizzata da enormi fenomeni di migrazione, dalla precarizzazione materiale ed esistenziale della forza-lavoro e dalla continua richiesta di innovazione, ha mandato in pezzi la relativa regolarità degli pseudoambienti tradizionali, facendo riemergere il disambientamento e la sprovvedutezza istintuale dell'essere umano. Lo stesso invariante biologico, ovvero la facoltà di linguaggio come potenza indeterminata e creativa, viene messo al lavoro nell'economia della conoscenza: è come se con il postfordismo fosse ritornata la preistoria. Quindi, per essere all'altezza dei tempi, le scienze sociali devono fare i conti con la stessa "natura umana" oltre che con le sue manifestazioni storiche, politiche e culturali. Il testo di Virno è quindi un originale contributo al rinnovamento della tradizione del materialismo storico e il carattere sperimentale ne rende la lettura piena di suggestioni feconde per la ricerca sociale.