venerdì 19 settembre 2003

Remo Bodei, immaginazione e realtà

Repubblica 19.9.03

Si apre oggi a modena il festival di filosofia
LE NOSTRE VITE MESSE IN PARALLELO
Il cinema, la tv, internet inoculano passioni e idee
di REMO BODEI


Ciascuno di noi vive nell´immaginazione altre vite, alimentate dai testi letterari e dai media. Per loro tramite tentiamo, da una parte, di porre rimedio alla limitatezza dell´esistenza individuale (segnata dal luogo e dalla data di nascita, dal corpo e dalla famiglia, dalla lingua e dalla società), dall´altra, di contrastare il progressivo restringersi del cono dei possibili nel corso degli anni. Siamo, infatti, costretti a conquistare la nostra identità attraverso scelte dolorose, potando una dopo l´altra le successive ramificazioni del nostro essere e cancellando abbozzi di io che avrebbero potuto consolidarsi.
Per sfuggire agli orizzonti ristretti entro cui sarebbe confinata la nostra vita, per renderla più complessa e robusta, dobbiamo intrecciarla e ricombinarla con quella di altri, servirci dell´immaginazione quale antidoto alla povertà di ogni esperienza singola. Le fiabe, i romanzi, le poesie, i libri di storia, i racconti di viaggio, il teatro, il cinema, la televisione o internet ci stanano dalla chiusura in noi stessi, attivano germi che sono in noi in forma latente, spalancano nuovi mondi, inoculano idee, passioni, sensazioni che altrimenti ci resterebbero precluse.
Spezzoni di vite virtuali emergono certo nei sogni o nelle rêveries, dove spesso riempiamo i vuoti reali con i pieni dettati dalla logica del desiderio. Oppure affiorano nelle leggende che - protetti dall´anonimato - molti si creano nei treni o nei bar delle grandi metropoli, inventandosi biografie alternative. Di norma, tale tipo di fantasticherie deprime e immalinconisce, così come infiacchisce il chiedersi spesso cosa sarebbe accaduto se ci fossimo trovati in circostanze diverse, se avessimo agito in maniera differente o incontrato altre persone: siamo ciò che siamo appunto perché ci siamo imbattuti in quelle circostanze, ci siamo comportati in quel modo e abbiamo incrociato quelle persone.
La grande letteratura plasma invece figure che non rappresentano il mero rovescio egoistico delle nostre carenze (come accade nelle banali rêveries) e neppure i pallidi fantasmi di altre vite desiderabili, evocati dalla vanità ferita o dal rimpianto di ciò che poteva essere e non è stato (come spesso succede tra viaggiatori o avventori dei bar). Esse hanno una consistenza difficilmente usurabile, una presenza che continua a fermentare in noi. Grazie a queste opere, vivo per procura altre vite parallele, mi immedesimo in più biografie: sono Odisseo, Antigone, Socrate, Cesare, Amleto, l´Innominato, Madame Bovary, Anna Karenina, Hans Castorp.
Nel passato erano soprattutto i modelli imposti dalla politica, dalla religione, dalla filosofia, dalla società o dalla famiglia a forgiare sia l´immaginario che la condotta effettiva degli uomini. Sul piano dell´educazione delle élite, intere generazioni sono cresciute nel culto degli eroi di Plutarco, avendo come vite esemplari da imitare quelle di Alessandro Magno, Caio Gracco, Cesare o Bruto e, come ideali, la gloria, il potere e la virtù. Oppure hanno sviluppato la propensione, così viva nel Medioevo, all´imitatio Christi e alla santità. Tutta la filosofia classica, poi, mirava a convertire la vita, a indicare il cammino dell´individuo verso la felicità e l´autonomia. Solo in seguito - quando nella prima età moderna la conoscenza cominciò ad essere perseguita per se stessa - la vita del singolo fu spesso abbandonata a se stessa. Più il pensiero si affinava e più la vita diventava selvaggia, brada, lasciata alla sua crescita spontanea e non esaminata. Per questo i filosofi moderni poterono separare la loro esistenza dalla loro dottrina: Rousseau, autore dell´Emilio, il più bel trattato di pedagogia, mandò i figli in orfanotrofio e Max Scheler, incontrato in un bordello dal rettore della sua università, stupito che un professore di filosofia morale frequentasse simili luoghi, rispose che i filosofi sono come i cartelli stradali, indicano il cammino, ma non è detto che debbano seguirlo.
In cosa differisce l´immaginario del passato da quello del presente? Oggi è enormemente aumentato il peso della letteratura, dei media e delle arti visive, con l´offerta di un repertorio più vasto e articolato di vite e di esperienze. Del resto, già Madame de Staël aveva affermato che ormai non proviamo nulla che non ci sembri di aver già letto da qualche parte. Con il diffondersi dell´alfabetizzazione e dei mezzi audiovisivi (accessibili anche agli analfabeti) il catalogo delle vite parallele accessibili all´immaginazione coinvolge attualmente miliardi di persone.
L´immaginario si è impastato maggiormente con il quotidiano? Certo il transito dai desideri alla realtà appare ora più praticabile e le vite immaginate più a portata di mano. Questo vale soprattutto per l´Occidente, dove i nuovi eroi sono, in particolare, quanti hanno avuto successo o visibilità nei media. Con l´avvento della democrazia, tutti maturano infatti aspettative adeguate all´ideale eguaglianza, che legittima l´ambizione di ciascuno a superare la propria condizione di partenza per scalare i vertici della piramide sociale. Di fronte al presagibile naufragio di quanti non riusciranno mai a far collimare le vite sognate con la realtà, sono state elaborate molteplici strategie di gestione delle frustrazioni, tra cui l´inflazione di vite parallele.
L´immaginazione agisce quindi solo come un servo-meccanismo di compensazione degli smacchi della sorte? In realtà essa non è sempre consolatoria e viene anzi sempre più coltivata fuori del giardino segreto dell´interiorità. Le fantasie di benessere di certi paesi, veicolate dai film o dalla televisione, spingono, ad esempio, milioni di individui a emigrare, in cerca di una vita migliore e il tasso di immaginazione aumenta da quando, grazie ai mezzi di comunicazione di massa, gli scambi tra le culture si sono intensificati e si è formato un folklore mondiale, che sostituisce, sin dall´infanzia, Topolino o i cartoni animati giapponesi alle favole e ai racconti locali. Quante ore al giorno bambini e adulti passano alla televisione, introiettando centinaia di personaggi e migliaia di trame, che sagomano la loro percezione del mondo?
È possibile salvare il senso della realtà dal rischio della sua dissoluzione nella fantasia? O bisogna invece considerare il principio di irrealtà, la saturazione immaginaria dei possibili come un´esigenza insopprimibile e dai lati positivi? Che il romanzo - e l´immaginazione in genere - possa sviare la mente lo sappiamo già da Cervantes, che attribuisce la follia di Don Chisciotte all´assidua lettura dei romanzi cavallereschi. La salvezza non consiste però nel rifiutare l´esperienza dell´irrealtà, nel cercare l´immunità dalla fantasia e dal desiderio. L´ideale sarebbe piuttosto - come in un pianoforte - suonare con la destra, in chiave di violino, la tastiera della realtà, più melodica e continua, e, con la sinistra, in chiave di basso, quella dell´immaginazione, che rappresenta l´accompagnamento necessario, l´integrazione complementare alla realtà.