venerdì 20 febbraio 2004

il nuovo film di Michelangelo Antonioni andrà a Cannes

Corriere della Sera 20.2.04
Sarà presentato al Festival di Cannes il film-documento del maestro italiano sul restauro della statua
Antonioni attore e regista per Michelangelo
La moglie: in un anno e mezzo di lavoro tra lui e il Mosè è nato un legame di luci ed emozioni


E adesso, a 91 anni, Antonioni debutta come attore. Protagonista, in coppia con una statua, di un film-documento di 15 minuti di cui firma anche la regia. Il titolo, Lo sguardo di Michelangelo , gioca sulla coincidenza del nome, quello del regista e quello del Buonarroti, artefice del Mosè, una delle statue più celebri del mondo, custodita nella chiesa di San Pietro in Vincoli a Roma. Statua che tra breve, fresca del lungo restauro sponsorizzato da Lottomatica, verrà riproposta in tutto il suo splendore, insieme con tre omaggi di tre grandi artisti dei nostri giorni: una serie di ritratti fotografici di Mosè firmati Helmut Newton, una Suite for Moses composta da Michael Nyman, e il documento di Antonioni. Che, prodotto dall’Istituto Luce, dopo l’evento romano, dovrebbe approdare a maggio sulla ribalta del Festival di Cannes, presentato insieme con Eros , il nuovo, attesissimo, film del maestro ferrarese. Racconta Enrica Fico, sua moglie, sua collaboratrice e sua voce: «Convincere Michelangelo a dire sì a questa nuova avventura non è stato facile - racconta -. No grazie, è stata la sua prima risposta. Ma io sono testarda e ho insistito: prima di decidere, andiamo a rivederlo».
E davanti a quel capolavoro, la cui perfezione aveva strappato al suo creatore il grido: perché non parli, il regista, anche lui senza più parola, ha deciso di dedicargli tutto il suo lucidissimo sguardo. «Queste immagini sono costate a Michelangelo un anno e mezzo di lavoro - prosegue la moglie -. Abbacinato dalla bellezza della statua, impressionato dai mille significati religiosi, politici, psicoanalitici del personaggio Mosè, Antonioni ha stabilito con quello straordinario monumento un legame speciale, fatto di attenzione ed emozione. Una partecipazione così intensa che, man mano che lui girava, a sua insaputa, abbiamo cominciato a rubargli qualche immagine. Le sue mani, che sfioravano con leggerezza pensosa i drappeggi della veste di Mosè, ci colpirono. Le sue mani antiche posate su quel marmo erano bellissime».
Un’immagine dopo l’altra e Antonioni è entrato in scena, anche come attore. «Naturalmente ha voluto rigirare quelle scene lui stesso, secondo le regole del suo cinema, come avrebbe fatto per un altro attore - precisa Enrica Fico -. Un ruolo muto in un film che parla solo con immagini e musica. Un brano di Nyman all’inizio, poi il Magnificat di Palestrina, e in chiusura, probabilmente, un brano dodecafonico».
Una presenza carismatica quella del regista che, unita allo splendore della statua e al gioco degli sguardi - quello della statua rivolto verso la luce, quello di Antonioni che la guarda, quello di Mosè diretto a Dio - crea una serie di corti circuiti, estetici ed emotivi. Un grande vecchio di oggi davanti a un grande vecchio simbolo delle tre grandi religioni monoteiste.
«Un intreccio coinvolgente: è come se il Buonarroti andasse a ritrovarsi attraverso un artista d’oggi», commenta la moglie. Ma anche qualcosa di più privato: davanti a quel monumento, che fa parte del complesso della tomba di Giulio II, il messaggio di Antonioni travalica la bellezza per assurgere a meditazione sulla vita e sulla morte, sull’umano e sul divino, così ineguagliabilmente racchiusi in quella pietra piena di luce.