domenica 18 aprile 2004

il prof. Stefano Pallanti, il "cassaniano di ferro" dell'Università di Firenze, risponde sul trauma psichico

Kataweb Salute 16.4.04
Stress da trauma, come intervenire
di Stefano Pallanti


"Egregio Professore, non so se sia il mio pessimismo oppure se davvero il mondo stia attraversando un brutto momento, ma ogni giorno mi sembra che notizie sempre più drammatiche ci vengano diffuse dai media. Immagini sempre più crude, e fatti sempre più drammatici. Io non temo per me, che oramai ho più di settanta anni, ma ho paura per il mio nipotino. E’ possibile che tutta questa cruda informazione lo possa traumatizzare? Ho sentito dire di una cura per evitare che i ricordi diventino traumatici: cosa c’è di vero? Funziona?"

DOPO IL TRAUMA COSA AIUTA E COSA NON AIUTA


Cogliamo l’occasione per parlare di trauma psichico; un argomento, oggi, di estrema attualità: purtroppo.
Il modello che oggi viene generalmente accettato è quello della vulnerabilità soggettiva.
In pratica gli eventi possono essere più o meno traumatici a seconda del soggetto che li subisce.
In psichiatria poi c’è una specifica condizione definita come Disturbo Post traumatico da Stress in cui l’elemento essenziale per fare la diagnosi è rappresentato proprio dall’aver subito passivamente o essere stato spettatore di un evento che abbia messo a rischio la propria vita o quella di uno stretto congiunto.
Mentre oggi si è molto sviluppata la cultura dell’emergenza medica per il trauma fisico, siamo assai meno attrezzati per il trauma psicologico, e particolarmente per la protezione dal disturbo post traumatico da stress.
Eppure le ricerche ci sono e qualcosa di utile si potrebbe certamente già approntare.
Cosa non sembra essere utile:
Alcuni studi suggeriscono che uno dei più popolari approcci, far sfogare, parlando dell’accaduto, le persone del trauma successivamente all’evento sia inefficace o addirittura influenzi negativamente la prognosi.
Tecnicamente si definisce Debriefing l’interrogazione di un militare di ritorno da una missione. Negli interrogatori successivi agli “stress incident” in genere si incoraggiavano le vittime del trauma a raccontare la storia della loro esperienza ed i loro sentimenti.
Questa tecnica originariamente sviluppata per i pompieri e impiegata come una procedura militare, è stata in molti casi adottata nei piani standard di emergenza.
Spesso come solo aiuto offerto dopo il trauma.
Il suo scopo è quello di ridurre lo stress immediato, prevenire i sintomi post-traumatici e identificare le persone che possono aver bisogno di ulteriori trattamenti.
Si ipotizzava che potesse ridurre i successivi sintomi dell’ansia, i “flashbacks”, ovvero quel ripetersi mentale delle immagini traumatiche, durante la veglia o nel sonno, i sintomi di annullamento che caratterizzano il disturbo post-traumatico da stress (PTSD).
Una meta-analisi di studi controllati ha messo in evidenza ciò che era stato lungamente sospettato, e cioè che non funziona.
Emerge che molte persone traggano maggiore vantaggio, anziché riesponendo, prendendo le distanze dall’accaduto.
Come aiutare i bambini, anche con le medicine, e quali hanno maggiormente bisogno di aiuto?
Per quanto riguarda i bambini, in particolare un questionario, molto semplice, sembra essere utile per aiutare a predire il rischio dei sintomi post-traumatici .

PTSD questionario:
Domande per i bambini:
- Ti sembra che sia morto o è stato colpito qualcuno?
- Hai temuto di non ritrovare i tuoi genitori?
- Avevi veramente paura? Hai pensato che avresti potuto morire?
Quando un bambino, in seguito ad un evento traumatico, sperimenta tutte queste paure, il rischio che possa sviluppare un PTSD è elevato.
Cosa fare una volta identificati i soggetti a maggiore rischio: molto di recente due farmaci, comunemente impiegati per la cura della ipertensione arteriosa sono state indicate come utile per prevenire che i ricordi del trauma possano divenire davvero patologici e ripetitivi.
Si tratta del propanolo (Inderal) un beta-bloccante, ovvero uno di quei farmaci che sopprimono i sintomi fisici dell’ansia occupando i recettori per l’adrenalina. I beta-bloccanti sono stati trovati a diminuire la formazione di disturbi della memoria emozionale. In due preliminari, studi pubblicati nel 2003, trattamento immediato con propanolo (entro ore o giorni dopo il trauma) riduce i sintomi post-traumatici e diminuisce il rischio di PTSD. Una singola sessione può mostrare risultati scarsi perché l’assunzione difettosa che ciascuno ha un uso per esso.
Un altro studio recente ha candidato la Clonidina, altro farmaco per l’ipertensione che agisce bloccando un'altra categoria di recettori adrenergici i cosiddetti alfa-2.
Certamente la questione non è risolta, e comunque in ogni caso rimane importante che la cornice dell’intervento medico psicologico sia adeguata.
Dobbiamo ancora fare molti passi perché si sviluppi una cultura dell’emergenza psicologica.
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Il professor Stefano Pallanti, docente di Psichiatria all'Università di Firenze, direttore dell’Istituto di Neuroscienze di Firenze, e visiting associate professor alla Mount Sinai Hospital School of Medicine di New York, ti risponderà direttamente sul sito.
Scrivigli all'indirizzo s.pallanti@agora.stm.it
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