sabato 11 settembre 2004

gli insegnanti sono la categoria più esposta alle patologie psichiatriche

saluteeuropa.it
Sono gli insegnanti i più a rischio di patologia psichiatrica

Tra i dipendenti pubblici la categoria professionale più esposta a sviluppare patologie psichiatriche risulta essere quella degli insegnanti. A sostenerlo è uno studio pubblicato dall'autorevole rivista bimestrale La Medicina del Lavoro e ripreso oltralpe dalla redazione della testata Le Monde. Neanche a farlo apposta, la notizia giunge - al milione di docenti e agli otto milioni di studenti con relative famiglie - proprio alla ripresa del nuovo anno scolastico.
E' la prima volta in assoluto che una rivista medico-scientifica prospetta un simile rischio professionale per la categoria che, secondo l'opinione corrente, è sempre stata ritenuta la più "riposata". Stando a 3.447 accertamenti d'inabilità al lavoro per motivi di salute - sostiene il dr Lodolo D'Oria, responsabile dell'Area Scuola e Sanità della Fondazione IARD - il disagio mentale colpisce i docenti con una frequenza pari a due volte quella degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operai.
A differenza delle altre categorie - prosegue il primo firmatario della ricerca, che sarà reperibile da metà settembre all'indirizzo www.fondazioneiard.org, - la prevalenza di tali affezioni tra i docenti è altresì in costante aumento (dal 44.5% del triennio 92-94 al 56.9% del 2001-03) da quando furono abolite le baby-pensioni con la riforma Amato del 1992.
La severità della prognosi ha indotto i Collegi medici - aggiunge l'autore della ricerca - a sancire l'inabilità all'insegnamento nel 90% dei casi (27% temporanea e 63% definitiva), a riprova della gavità delle condizioni psicofisiche dei docenti esaminati. A differenza dei dati riferiti alla popolazione normale dove, secondo il recente studio dell'OMS, le donne fanno registrare un'incidenza doppia di patologie ansioso-depressive rispetto agli uomini, - riprende Lodolo D'Oria - docenti maschi e femmine si ammalano nella stessa misura, a significare che la professione arriva addirittura ad annullare la cospicua differenza tra i sessi. Mentre non si evidenziano differenze significative di disagio mentale tra docenti di scuola materna, elementare, media e superiore - continua Lodolo D'Oria - a discapito dei docenti c'è anche il rischio di sviluppare tumori, superiore di 1.5-2 volte rispetto ad operai e impiegati, e non è da escludere che ciò sia, almeno in parte, dovuto all'esaurimento psicofisico.
Un quadro a tinte fosche - aggiunge l'autore dello studio - imputabile, almeno in parte, all'inerzia che accompagnò i risultati della ricerca - per alcuni versi profetica - svolta nel lontano 1979 dalla CISL assieme all'Università di Pavia. Già allora emerse che il 30% di 2.000 insegnanti del milanese faceva ricorso agli psicofarmaci al fine di far fronte all'usura psicofisica della professione. Per queste ragioni la Fondazione IARD ha attivato l'Area Scuola e Sanità col proposito - conclude Lodolo D'Oria - di offrire servizi di supporto ad istituti scolastici, singoli insegnanti e dirigenti che volessero prevenire e gestire il disagio approfondendo cause, dinamiche, sintomi e soluzioni. Tutto ciò - conclude il medico - nella speranza che le evidenze emerse in questo studio non siano, ancora una volta, sottovalutate da governo, istituzioni e sindacati soprattutto nell'attuale fase di riforma scolastica e previdenziale, in quanto il disagio mentale appare direttamente correlato all'anzianità di servizio.
Ora che l'autorevole rivista La Medicina del Lavoro ha scoperchiato il vaso di Pandora sulle reali condizioni di usura psicofisica degli insegnanti, oltre ad affrontare il disagio dei giovani, si dovrà finalmente pensare a quello dei docenti. Trattando l'argomento correttamente come fanno i sociologi inglesi che, da almeno dieci anni, pubblicano interi libri sul fenomeno del drop-out da burnout (cioè l'abbandono scolastico degli studenti causato da insegnanti esauriti).
Va piuttosto di moda parlare di mobbing, in quanto la colpa è sempre addossata al datore di lavoro - afferma l'autore dello studio pubblicato dalla Medicina del Lavoro - rifuggendo dal pensare che 9 volte su 10 si tratta di manie di persecuzione, un tipico segno di esaurimento psicofisico dell'individuo. Non esiste altresì - prosegue il medico - alcun tipo di supporto o assistenza psichiatrica (da intendersi come prevenzione, diagnosi, orientamento alla cura e reinserimento al lavoro) per i docenti vittima dell'usura mentale.
Attualmente i dirigenti scolastici non sanno a che santo votarsi - sostiene Lodolo D'Oria - perciò esercitano la loro creatività, talvolta improvvisandosi psichiatri e formulando azzardate ipotesi diagnostiche, talaltra "invitando" il malcapitato a trasferirsi per incompatibilità ambientale. Altri manager della scuola preferiscono confinare il "diverso" in una biblioteca o comminargli sanzioni disciplinari. Più raramente lo affidano al giudizio del Collegio Medico della ASL competente, sperando in un improbabile pre-pensionamento.
Nel frattempo la patologia del soggetto si aggrava - continua il ricercatore - fino a rendere invivibile il clima di lavoro, deteriorato da inevitabili conflitti, minacce e denunce nei confronti di tutto e tutti. Senza un supporto medico diviene inoltre impossibile "agganciare" i casi più delicati che, bisognosi di cure, si trincerano dietro un'ostinata quanto scontata negazione della patologia. Il disagio mentale, in costante aumento dalla riforma previdenziale del 1992, è direttamente proporzionale all'anzianità di servizio. Non si capisce pertanto - secondo lo studioso - perché istituzioni e sindacati, non inseriscano l'argomento all'O.d.G. in fase di riforma. Le parti sociali - conclude Lodolo D'Oria - avrebbero altresì l'obbligo statutario di approfondire il tema, considerando l'ipotesi della causa di servizio almeno per alcune delle affezioni psichiatriche riportate dagli iscritti.
Anche il settore medico-scientifico dovrebbe dare il suo contributo - riprende l'autore - indagando sulla reale entità del problema, allo scopo di allertare medici del lavoro (ai sensi della 626/96) e/o di famiglia, in merito al rischio professionale dei docenti. Non è certo un caso - afferma preoccupato Lodolo D'Oria - se abbiamo dovuto attendere il 2004 per vedere ipotizzata la correlazione tra psicopatie e professione docente, ma in fondo fu proprio grazie ad un'osservazione occasionale che la silicosi venne riconosciuta quale patologia professionale dei minatori.
Naturalmente a nulla servirebbe intervenire su chi soffre se non si pensasse anche a fare prevenzione su chi abbraccia la professione ex-novo e su coloro che si trovano in una fase di stress relativo - noto ai più con il nome di burnout. Pertanto, in attesa che le istituzioni si adoperino - solo Lombardia e Veneto, al momento, sembrano porre una timida attenzione all'argomento - la Fondazione IARD ha attivato appositamente l'Area Scuola e Sanità che propone un intervento a tre livelli: prevenzione, supporto e orientamento alla cura. A tal fine sono stati allestiti servizi di prevenzione, counselling, formazione, orientamento alla cura per medici e insegnanti nonché corsi per dirigenti scolastici che prevedono la gestione medico-legale ed il reinserimento lavorativo.