venerdì 17 settembre 2004

un racconto di Paolo Izzo

Variazioni sul tema
di Paolo Izzo

Nonostante gli ostacoli che presunti moralizzatori e conservatori di ogni tipo mettono sulla sua strada, la medicina avanza perentoria. E malattie che fino a qualche tempo fa erano giudicate incurabili, trovano una soluzione definitiva, come nel caso del bambino talassemico

Certezze

Il laboratorio pullulava di infermieri; un andirivieni caotico e mirato allo stesso tempo. Le diverse lingue si mischiavano, talvolta senza comprendersi. Ma gli sguardi dicevano le stesse cose e viaggiavano alla velocità della luce.
Quando arrivò il medico le voci si attenuarono fino ad ammutolire e persino i rumori sembrarono ovattarsi. Dalle mani dell'uomo, rivolte all'insù, gocciolava acqua pulita; la sua fronte era piana, come se i pensieri riconoscessero la strada senza bisogno di solcare la pelle. Qualcuno pensò che il ragazzo addormentato sul tavolo operatorio aveva la stessa espressione dell'uomo che stava per operarlo; come se una speranza-certezza li accomunasse.
Interrogato dagli occhi calmi del chirurgo, l'anestesista fece un deciso cenno di assenso; tutte le luci furono spente eccetto il riflettore puntato sul torso scoperto del giovane; il ronzio delle telecamere che collegavano il mondo con la sala operatoria fu interrotto da un'unica parola: bisturi. E una linea rossa precisissima unì l'ombelico al centro del petto. Il primo intervento di quel genere nella storia della medicina era appena cominciato.
Quattro ore dopo, una folla di giornalisti ammirati accolse il dottore, che si fermò in mezzo a loro emettendo un breve sospiro. Era come se nessuno sapesse cosa chiedergli, come se ne avessero soggezione; poi uno di loro trovò il coraggio e domandò la prima cosa che gli venne in mente: Professore, perché ha cominciato dall'ombelico?. Perché è il nucleo della nascita, fu la risposta che nessuno lì per lì comprese.
Soltanto il ragazzo, che piano piano riemergeva dal sonno, avrebbe capito il senso di quelle parole. Quando fu uscito completamente dall'anestesia, nonostante cominciasse ad avvertire il bruciore dell'incisione, fece un largo sorriso ai parenti che gli stringevano le mani e che lo scrutavano dai lati del letto: sapeva di essere guarito per sempre da una malattia che tutti, fino a quel giorno, avevano ritenuto cronica, incurabile. Dentro di sé, calda come magma di vulcano, custodiva l'evidenza della guarigione ed egli sentiva di aver ritrovato quella nascita che un giorno, chissà come, aveva perduto.