giovedì 2 dicembre 2004

Bertinotti intervistato da Le Monde
e criticato (lividamente) dal professor Giorello

Liberazione 2.12.2004
Bertinotti al quotidiano "Le Monde"
"NON SOLO CONTRO BERLUSCONI MA PER CAMBIARE POLITICA"
di Jean-Jacques Bozonnet

Lei ha contribuito alla caduta del governo Prodi nel 1998. Oggi, in vista del ritorno di Prodi siete di nuovo alleati. Che cosa è cambiato?
La situazione politica del paese si è radicalmente modificata. È per questo che non parlo di ritorno, ma di arrivo di Prodi in un nuovo contesto. In Italia si è sviluppata una grande corrente di critica alla globalizzazione e abbiamo visto crescere il movimento pacifista più importante d'Europa. C'è anche stata la rinascita delle grandi rivendicazioni sociali, testimoniata dallo sciopero generale del 30 novembre. Se il centrosinistra del primo governo Prodi era relativamente omogeneo, oggi si è dissolto in una grande alleanza che esprime un'ampia diversità. A sinistra l'alternativa non si limita più a Rifondazione comunista. C'è anche il Correntone, i Verdi e altre organizzazioni.
L'unico programma dell'opposizione sembra essere l'antiberlusconismo. Arriverete a un programma comune di governo?
Non sono d'accordo. Le proposte dei sindacati e dei movimenti sociali possono servire da base del programma. Così possiamo raggiungere una posizione comune sulla pace e sul ritiro delle truppe italiane dall'Iraq. L'opposizione ha presentato degli emendamenti alla finanziaria che, pur non costituendo un programma di politica economica, danno degli orientamenti chiari, ad esempio in materia fiscale. Anche sull'ambiente, la giustizia e le riforme la nostra è un'opposizione qualitativa. Non ci battiamo solo per cacciare Berlusconi ma per cambiare politica.
Come conciliare le aspirazioni moderate e riformiste del centrosinistra con le vostre posizioni più radicali?
Per vincere un'elezione non è sufficiente avere un programma articolato: bisogna proporre alle persone di aderire a un'idea, a un'ideologia. Se Bush ha vinto è perché esprime una realtà popolare profonda. Uno stato come l'Ohio, con il 30% di disoccupati non avrebbe votato per lui senza una grande operazione ideologica. In Italia per battere le politiche liberal-populiste di Berlusconi bisogna contrapporgli una grande idea che rappresenti un progetto alternativo di società.


Magazine (Corriere della Sera) 2.12.2004
BERTINOTTI, CHE FAI: SCAMBI MARX PER POPPER?
di Giulio Giorello

Genova nei giorni «terribili» del G8: alla repressione «il movimento - dalla suora in preghiera alle tute bianche che forzavano la zona rossa - ha risposto con un comportamento di massa non violento». Così Fausto Bertinotti nel suo intervento in Non violenza (Le ragioni del pacifismo. Fazi Editore). Questo multicolore affresco dimentica le divise nere dei Black Bloc (quando qualcuno è «più a sinistra di te» bollalo come provocatore!). Questi tuttavia sono dettagli: Fausto è tutto preso nel compito di «cambiare il mondo rinunciando per sempre a ogni violenza». Non rinuncia però al «comunismo», riletto come l'aspirazione «a una società aperta». Che voglia operare una sostituzione del mitico Karl: non più Marx, ma Popper? I compagni non tremino: il comunismo resta il Movimento Reale che «dovrebbe abbattere lo stato di cose esistente». Ovviamente, in modi non violenti - con buona pace (è proprio il caso di dirlo) di Lenin e di Trotzkij. La giaculatoria bertinottiana mira comunque alla «rifondazione» del movimento, non a una specifica linea di condotta: non entra mai nei particolari di come attuare il suo «progetto», ma è generosa nel criticare il passato e stigmatizzare il «terrorismo»
Non è chiaro, però, in che misura «terrorismo» e «violenza» coincidano: il Nostro usa il secondo termine in una accezione piuttosto ampia. Nella «modernizzazione violenta, squilibrante e distruttiva» imposta dal capitalismo attuale rientra infatti un «assoluto dominio della scienza e della tecnica» e a tal dominio «tutti sono sottoposti in una catena e in una consequenzialità che si spinge fino alla manipolazione del gene». Al pacifismo impotente Fausto sposa così la demonizzazione dell'impresa scientifica in particolare delle biotecnologie - senza pensare che il lasciar fare alla Natura è solo una fuga dalla responsabilità di interventi che potrebbero efficacemente combattere fame e sofferenza. Altro che Goodbye Lenin!: l'eroe della Rivoluzione d'Ottobre, almeno, confidava nelle possibilità offerte dalla scienza. La pace di Bertinotti, invece, mi pare quella del camposanto.