venerdì 4 febbraio 2005

crimini cattolici
i gesuiti - pragmaticamente - ammettono

Corriere della Sera 4.2.05
«La Civiltà Cattolica»: per i bimbi ebrei battezzati il Sant’Uffizio ribadì la dottrina tradizionale
«Ci fu antisionismo nella Chiesa»
Antonio Carioti


Sicuramente Pio XII non era antisemita, ed anzi operò attivamente in favore degli ebrei perseguitati dai nazisti, ma sotto il suo pontificato si riscontrava ancora nella Chiesa «un certo sentimento antisionista, presente sia nel popolo sia nella gerarchia cattolica». Così, sull’autorevole rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica , padre Giovanni Sale spiega il contenuto della nota della nunziatura apostolica a Parigi, pubblicata dal Corriere della Sera lo scorso 28 dicembre, che nell’ottobre 1946 riportava le disposizioni del Sant’Uffizio con cui si ordinava di non consegnare alle organizzazioni israelitiche gli orfani ebrei non battezzati accolti durante la guerra da istituzioni e famiglie cattoliche. Quanto al problema dei bambini sfuggiti alla Shoah cui era stato impartito il battesimo, lo storico gesuita, autore del volume Hitler, la Santa Sede e gli ebrei (Jaca Book), osserva che in materia la decisione del Sant’Uffizio, approvata da Pio XII, non faceva altro che riaffermare la dottrina tradizionale professata dalla Chiesa, che assegna al sacramento battesimale un «carattere indelebile». Essa implica, aggiunge padre Sale, che ad ogni bambino battezzato deve essere assicurata un’educazione cattolica, «ciò che può avvenire soltanto se le persone che ne hanno cura sono cristiane». Di conseguenza il Sant’Uffizio non poteva ammettere che i piccoli ebrei battezzati fossero restituiti al loro ambiente d’origine.
In campo dogmatico, sottolinea il gesuita, non vi furono differenze di vedute tra il Vaticano e i vescovi. La delicatezza della materia indusse però l’episcopato francese a ipotizzare l’adozione di un atteggiamento pratico flessibile. In particolare, ricorda padre Sale, venne prospettata l’eventualità di chiedere alla Santa Sede una «dispensa dalla legge ecclesiastica» per i bambini ebrei battezzati. Ma evidentemente l’ipotesi non ebbe seguito, poiché prevalse la «convinzione, molto radicata nella Chiesa, che le realtà spirituali per il credente sono le più importanti e quindi devono essere sempre tutelate e difese».
L’articolo della Civiltà Cattolica riconosce che il dibattito aperto dal Corriere si è sviluppato sulla base di una documentazione autentica. Padre Sale entra anche nella questione della restituzione dei bambini ai parenti: a suo avviso, essa è esplicitamente ammessa solo nel caso di piccoli ebrei non battezzati, mentre per i minori che avessero ricevuto il battesimo, «l’ipotesi più plausibile», è che la nunziatura apostolica a Parigi abbia tradotto le istruzioni del Sant’Uffizio con una formula ambigua, «perché intendeva lasciare ai vescovi, in tale controversa materia, una certa libertà di scelta». Nessuna divergenza sostanziale viene comunque individuata dalla Civiltà Cattolica tra la nota uscita sul Corriere e il coevo dispaccio della Segreteria di Stato, pubblicato dal Giornale , che si trova, oltre che negli archivi vaticani, nello stesso incartamento da cui proviene il documento riprodotto sul Corriere .
Si può peraltro aggiungere che nel 1953 il Sant’Uffizio esortò la Chiesa francese a «resistere nella misura del possibile» di fronte a una sentenza che disponeva la consegna alla zia israeliana dei due fratellini ebrei Finaly, battezzati dalla direttrice di un asilo di Grenoble che si era presa cura di loro per sottrarli alla Shoah.
A tal proposito Padre Sale sottolinea che la vicenda Finaly, poi risolta con il ritorno dei due orfani alla famiglia, fu un episodio pressoché isolato, perché in generale la Chiesa «non sfruttò la situazione a lei favorevole per imporre il cristianesimo a bambini ebrei ospitati presso istituti cattolici». E cita in questo senso l’omaggio rivolto nel 1958 a Pio XII, in occasione della sua scomparsa, dal rabbino capo di Israele, Isaac Herzog.
Lo studioso respinge ogni indebita ingerenza di «ambienti anticattolici» nel processo di beatificazione di Pio XII, mentre giudica di buon livello il dibattito suscitato dal Corriere , «a parte qualche deprecabile caduta di tono, che fortunatamente non ha avuto seguito e non ha abbassato il livello del confronto».
Quanto infine ai rapporti tra Chiesa cattolica ed ebraismo, padre Sale afferma che Eugenio Pacelli, nelle vesti prima di segretario di Stato e poi di Pontefice, si oppose sempre con fermezza al razzismo hitleriano. Altro, conclude, è il discorso sulle relazioni tra le due fedi in campo religioso, poiché «sarebbe anacronistico attendersi da Pio XII come Papa dichiarazioni dottrinali o anche gesti e atteggiamenti pratici concepibili soltanto dopo gli sviluppi del Vaticano II».