venerdì 4 febbraio 2005

oltraggio alla religione
Milano vigila...

Corriere della Sera 4.2.05
CENACOLO AL FEMMINILE
Stop ai manifesti «Sono un’offesa alla religione»


Milano. Stop ai cartelloni con il Cenacolo «al femminile» che avrebbero dovuto lanciare la collezione estate 2005 della casa di moda Marithé e François Girbaud. Lo ha stabilito il Comune in base al parere dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria: «Richiama le fondamenta del credo cristiano. Non può essere oggetto di parodia». Sotto accusa, la gigantografia in cui il Cristo e 11 apostoli sono donne. Un solo uomo: a torso nudo, abbracciato a un’«apostola».

Bocciata l’«Ultima Cena» al femminile
«Foto provocatoria»: il Comune vieta l’affissione dei cartelloni della casa di moda Girbaud Il Giurì: un giovane a torso nudo tra i simboli sacri? Così si offende il sentimento religioso
Annachiara Sacchi


Milano. La scena ritratta è quella dell’Ultima Cena, Gesù circondato dai dodici apostoli. Le pose - almeno nella parte superiore del tavolo - sono quasi identiche a quelle dipinte da Leonardo da Vinci nell’affresco che ancora oggi viene ammirato da migliaia di visitatori in Santa Maria delle Grazie. Solo che il Cristo - nella fotografia di Brigitte Neidermair per la campagna pubblicitaria della casa di moda Marithé e François Girbaud (agenzia Air) - questa volta è una donna. Sono donne anche le modelle che interpretano gli undici discepoli. C’è solo un uomo, di spalle, a torso nudo. Nella posizione che, nel Cenacolo, è occupata da san Giovanni. Una fotografia provocatoria, che doveva campeggiare nelle vie di Milano (in particolare su un ponteggio di corso Venezia) per lanciare la collezione primavera estate 2005 della griffe francese. Niente da fare: il Comune ha vietato l’affissione dopo aver sentito il parere, preventivo, dell’Istituto di autodisciplina pubblicitaria (Iap).
Secondo l’authority, che ha sede in via Larga ed è nata quasi 40 anni fa, la campagna «richiama inevitabilmente le fondamenta stesse del credo cristiano, ovvero l’istituzione dell’Eucarestia, il simbolismo della messa, il suo perpetuarsi nel culto. Una siffatta rappresentazione (di elevata concentrazione di simboli teologici) non può essere ripresa e, per di più, fatta oggetto di parodia a fini commerciali senza che le convinzioni religiose di almeno una parte della popolazione (grande o piccola che sia non importa perché il principio varrebbe anche nel caso di un credo religioso del tutto minoritario in Italia) ne risultino offese».
Nella campagna Girbaud, è scritto nel rapporto dell’istituto, il fatto che un apostolo-donna abbracci il busto nudo di un uomo «non fa altro che accrescere in chiave offensiva l’imitazione, così come l’utilizzo del tutto gratuito di simboli cristiani come la colomba, il calice, l’atteggiamento delle dita del Cristo-Donna».
Ma i pubblicitari del marchio si difendono: «In un mondo governato dagli uomini la nostra campagna propone una visione alternativa e rappresenta una risposta a un mondo macho». Lo stesso Francois Girbaud si domanda: «Se gli apostoli fossero stati donne il mondo come sarebbe stato?». Affascinato dalla lettura de «Il Codice da Vinci» di Dan Brown - secondo cui anche Maria Maddalena avrebbe partecipato all’ultima cena, nascosta sotto le sembianze femminili di Giovanni - lo stilista avrebbe pensato a un Cenacolo ribaltato, con donne al posto degli uomini e viceversa.
Il parere dell’Istituto, comunque, «era preventivo e non vincolante», precisa il suo segretario generale, Vincenzo Guggino. «Si trattava di una consulenza privata e riservata. Noi possiamo intervenire in forma repressiva solo a posteriori». Come successe per la campagna Benetton di Oliviero Toscani: fu ritirato il famoso bacio tra un prete e una suora ideato da Oliviero Toscani, ma anche lo spot di una donna con le stimmate e di una Madonnina da cui scendevano lacrime di sangue. «Il problema - continua Guggino - non è il mostrare un simbolo, ma la manipolazione del simbolo stesso. Soprattutto quando c’è traccia di irrisione, di parodia. È questo che può dare fastidio».
Eppure la decisione del Comune fa discutere, soprattutto perché lo stop alla campagna è arrivato in anticipo, a spot non ancora uscito. «Ma noi applichiamo solo il regolamento - replica Maurilio Sartor, direttore del settore Pubblicità di Palazzo Marino -: ci siamo limitati a chiedere un parere alle agenzie competenti. La stessa cosa succede con la Sovrintendenza, con la polizia municipale, con il settore arredo urbano e beni ambientali. Insomma, dove non si sa, si chiede. E si seguono le regole».