martedì 8 marzo 2005

oggi, l'8 marzo

L'Unità 8 Marzo 2005
Quello che le donne dicono
Barbara Pollastrini

Per molte il ricordo di questo 8 marzo sarà l’abbraccio straziato e annichilito di due donne, Giuliana Sgrena e Rosa Maria Calipari. La gioia spezzata da un dolore immenso, ingiusto. Vogliamo la verità, senza sconto alcuno. Non è il cinico destino che lascia affranti Silvia e Filippo. «È l’assurdità di una guerra voluta» sussurravano in tanti in quel corteo interminabile e dolente che rendeva omaggio a un uomo perbene, un civil servant bravo, schivo. Una guerra illegale, terribile, contro cui si è levata una mobilitazione mondiale delle coscienze, in particolare femminili.
E il pensiero va alle sorelle del pianeta, a quei visi, quei nomi simbolo di coraggi femminili, dolci e fortissimi. Ingrid Betancourt è prigioniera in Colombia, Aung San Suu Kyi, la pasionaria dell’opposizione birmana è agli arresti, Florence Aubenas è nelle mani dei terroristi iracheni. Sono grandi le differenze tra donne: in più di 40 Paesi resistono leggi discriminatorie.
Per questo il colpo d'occhio della buona politica deve saper guardare all'essenziale, a ciò che unisce le donne, a quella portentosa energia morale e sociale che può produrre avanzamento.
A New York, a dieci anni dalla dichiarazione di Pechino, i potenti e le potenti della terra non hanno potuto nascondere la realtà: nessun passo in avanti sostanziale. Come hanno scritto, fra le altre, Hillary Clinton e i premi Nobel Shirin Ebadi e Wangari Maathari, i dati inchiodano: le donne sono le più violate, le più sterminate, come le sudanesi del Darfur, nelle oltre cinquanta guerre in corso. Schiacciate dal terrorismo, dai fondamentalismi. Le più sfruttate, coi bimbi, da tratte e schiavitù. Le più toccate da fame, disastri ambientali, malattie. In Africa, l'Aids ha mietuto più di quindici milioni di vittime, soprattutto tra donne e giovanissime. Le più povere, proprietarie del 2% di terra, producono il 50% del cibo.
Dal Summit è venuta la conferma di quanto sia aperta, nello stesso mondo occidentale, una contesa tra conservatori e progressisti sui diritti e la libertà delle donne.
Ne è esempio il tentativo dei Repubblicani di Bush di introdurre nella risoluzione la limitazione all'autodeterminazione femminile sulla maternità. Non una parola sul fatto che più di venti milioni di donne nel mondo ricorrano all'aborto in assenza di garanzie sanitarie e di campagne efficaci per la prevenzione. Si riafferma una volta di più la qualità della legge 194, che ha prodotto la significativa diminuzione degli aborti in Italia.
La prima passione per la politica, a sinistra, è dunque quella per un nuovo ordine mondiale: la costruzione di pace, non violenza, dialogo, redistribuzione delle risorse, dell'uguaglianza a partire dal riconoscimento pieno dei diritti umani delle donne, della loro dignità.
La forza che ci viene dalle donne nel mondo è straordinaria. Scalano montagne, riescono. Sono le alleate privilegiate, la leadership, coi giovani, di un nuovo riformismo concreto e trascinante, saggio e utopico. Un nuovo riformismo che sappia unire non solo storie autorevoli, ma appartenenze, culture, esperienze di liberazione, soggettività politiche, movimenti del presente per il futuro.
In Italia le donne possono fare la differenza dell'Ulivo, dell'Unione alle prossime elezioni amministrative e politiche. Le donne sono le più disincantate dal Governo e con quante ragioni: carovita, precarietà, svuotamento del welfare, calo dell'occupazione, insicurezza, aumento della differenza salariale. E la lista potrebbe continuare. Sta a noi offrire un New deal delle donne come New deal del Paese e manifestare coerenze con la presenza di donne fino ai punti più alti, dei governi, delle istituzioni e della politica. Abbiamo iniziato a praticare questa scelta con quel 40% simbolico, voluto anche dalle ragazze della Sinistra giovanile. Ora ci attendono nuovi traguardi.
Il secondo pensiero è dunque per le donne italiane.
Spira un'altra aria. Quella di una nuova consapevolezza femminile, ricca di fierezza e di memoria. Non permetteremo di riscrivere la Resistenza, storia di libertà, percorsa da donne eccezionali.
C'è un racconto. La lavoratrici, che al suono della sirena uscirono dalle fabbriche per scioperare nel '43 e nel '44, scelsero un fiore per distinguersi: la mimosa. Ho sempre voluto credere che quella leggenda tenerissima e viva nella mia città, fosse vera. Sarebbe bello che tra i senatori a vita venisse nominata una rappresentante di quella storia di riscatto civile, come hanno sostenuto numerose raccolte di firme. I nomi non mancano: sono quelli di Tina Anselmi, Marisa Rodano, Lidia menapace, Maria Eletta martini e altri ancora.
Una consapevolezza frutto della tenacia, dell'osare della generazione del femminismo, dei movimenti, delle conquiste legislative, della stagione delle differenze e delle pari opportunità.
Una consapevolezza fatta oggi dai talenti di giovani donne. Studiano e leggono più e meglio dei loro coetanei. Vogliono realizzarsi. Ambiscono a una società regolata, dell'inclusione e della valorizzazione dei meriti. Desiderano avere figli, ma si scontrano con la sordità dell'organizzazione sociale. Sognano un lavoro nei diritti. Città e Regioni accoglienti nei servizi pubblici, nella scuola, nei nidi, nell'appoggio ad anziani non autosufficienti ed ai disabili.
Sono la risorsa più fresca da spendere per la riscossa economica e civile del Paese.
Ora una missione accomuna generazioni di donne. Fare votare e votare sì ai referendum sulla fecondazione assistita. Sono sì di speranza, sì di amore, sì di vita. Sì a una laicità non indifferente. Sì per unire in una modernità umana.
Il terzo pensiero è per gli uomini lungimiranti. Con noi sta la parte migliore del mondo e, insieme, possiamo vincere. In una società dove le donne stanno bene, tutti - davvero tutti - stanno meglio.