lunedì 4 aprile 2005

Margherita Hack si è infuriata

ricevuto da Melina Sutton

Repubblica 4.4.05
"Non è più uno Stato laico"

Sindaco ds sospende spettacolo a Jesi, protesta la Hack
la polemica
La replica del comune: "È una questione di stile"
L'astrofisica: "Dov'è la divisione tra Chiesa e Stato?"
SILVIO BUZZANCA

ROMA - Siamo uno stato laico, non è giusto sospendere uno spettacolo perché è morto il Papa. E poi, pur importante, Wojtyla «non è stato certo della grandezza di Giovanni XXIII». Parole controcorrente, che in giorni come questi solo alcune personalità con il marchio di laico doc come Margherita Hack si possono permettere. «A chiacchiere siamo in uno stato laico!», dice infatti la scienziata triestina. Ma nei fatti non lo siamo per niente, se il sindaco ds di Jesi, Fabiano Belcecchi, blocca la messa in scena di "Variazioni sul cielo", un'opera teatrale tratta da un testo della stessa Hack. «In un paese laico quale l'Italia dichiara di essere - insiste la scienziata - non si dovrebbero sospendere gli spettacoli. La Chiesa fa i fatti suoi e lo Stato i fatti suoi».
Ma ora, visti gli eventi, il sipario a Jesi non si alza. «È una questione di stile: per la morte del Papa si è fermato il mondo intero, può fermarsi tranquillamente anche Margherita Hack», replica il sindaco. L'astrofisica spiega però che non si tratta però di una messinscena «dissacrante ed oscena». Anzi, metterla in scena era «il modo migliore per onorare» un Papa impegnato nel dialogo fra le religioni. Infatti l'opera, secondo l'Hack, «diffonde un messaggio di pace universale, vuole far capire che tutti noi abbiamo un'origine comune, siamo tutti figli dell'evoluzione dell'universo, e quindi siamo davvero tutti fratelli».
Alla fine il discorso si allarga ad un giudizio complessivo sul pontifcato di Wojtyla. E il giudizio non è certo positivo. «Questo Papa ha avuto importanza nel mondo per i suoi tentativi di riunire le grandi religioni monoteistiche, di farle parlare tra loro. Non è stato però certo della grandezza di Papa Giovanni XXIII, perché lui sì che ha cambiato il mondo in un momento in cui c'era ancora la guerra fredda», dichiara secca l'astrofisica.
In un clima di imperante "pensiero unico" sul Papa un'altra voce critica si alza dalle colonne del "Manifesto". Rossana Rossanda ieri ha scritto un fondo in cui lamenta: «In un crescendo alimentato dai soliti conduttori siamo stati informati che piangevano e pregavano tutti i cattolici, anzi tutte le chiese cristiane, tutto l'ebraismo, tutti i musulmani; ci mancavano solo i sentimenti dei buddisti. Il presidente della Repubblica della quale sono anch'io cittadina, ha partecipato alle messe di veglia e fatto dichiarazioni un tempo impensabili per uno stato laico e che non mi rappresentano».
Una presa di distanza dall'operato di Carlo Azeglio Ciampi accompagnata dalla condanna dei media. «Non so - continua la Rossanda - se questa spettacolarizzazione sia stata da lui desiderata o se sia frutto della curia e dei personaggi che lo circondavano. Certo Karol Wojtyla ha accettato e cercato tutti i media, per introdurre la Chiesa nel terzo millennio, ci dicono i vaticanisti, e alla fine è stato vittima delle loro smoderatezze, che nessuno ormai ignora». «Lo si è consumato - conclude la giornalista - come un rockstar quando lo si sarebbe dovuto proteggere. Morire è un duro lavoro, e più in una fibra come la sua che sfidava la montagna e le nevi, e ha a lungo resistito. Andava accompagnato con discrezione e pietà».